60 Pop Art Italia, il mondo fuori dalle finestre: la mostra a Palazzo Buontalenti di Pistoia

60 Pop Art Italia, il mondo fuori dalle finestre: la mostra a Palazzo Buontalenti di Pistoia

«Non il tramonto, bensì l’avvenuta fine dell’astrattismo (il che non esclude che, per forza d’inerzia, que e là permangano residui della grande e forse gloriosa burrasca); l’ammissione della famigerata pop art americana alla rassegna artistica più celebre e autorevole del mondo; la presenza di opere costituite da meccanismi semoventi (arte programmata) quali finora si esponevano soltanto nelle gallerie d’avanguardia e nelle mostre a carattere pionieristico e sperimentale; il mancato verificarsi di grandi rivelazioni». Come riporta Walter Guadagnini nel testo curatoriale della mostra 60 Pop Art Italiain programma a Palazzo Buontalenti di Pistoia dal 16 marzo al 14 luglio 2024–, così il cronista d’arte Dino Buzzati recensiva in questo modo la 32ma edizione della Biennale di Venezia per il Corriere d’Informazione (giugno, 1964).

Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio
Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

La manifestazione che in quegli anni catalizzava ancora l’attenzione della politica era stata definita «Scandalosa» per aver fatto spazio a espressioni artistiche che sancivano la fine dell’arte così come si era conosciuta fino ad allora. Si annoveravano, tra queste, le opere di Robert Rauschenberg (Port Arthur, Texas, 1925 – Captiva Island, Florida, 2008), Jasper Johns (Augusta, Georgia, 1930), Claes Oldenburg (Estocolmo, Suecia, 1929 – Nueva York, 2022) e Jim Dine (Cincinnati, 1935), artisti invitati a esporre come risultato dell’ormai innegabile influenza degli Stati Uniti, con i suoi centri propulsori a New York e Los Angeles, sulla creazione artistica contemporanea.

Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio
Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Ed è proprio con un accenno alla 32ma Mostra Internazionale d’Arte di Venezia che ha inizio l’itinerario espositivo proposto da 60 Pop Art Italia a Palazzo Buontalenti. La proposta curata da Guadagnini rintraccia infatti in quell’edizione della Biennale artisti precursori e rappresentanti del nuovo movimento Pop che, con le parole del curatore, rendeva «Il mondo fuori dalle finestre dello studio» il principale soggetto delle opere: cartelloni pubblicitari sfavillanti, macchine e motociclette, grattacieli di enormi dimensioni, star di Hollywood o Cinecittà, protagonisti di cartoni animati e fumetti. Nelle sue diverse declinazioni in Europa e negli Stati Uniti, la Pop art era infatti lo strumento nella mani di una nuova generazione di artisti che si prefiggeva di raccontare, non di rado con spirito critico, la società dei consumi e dei mezzi di comunicazione di massa.

Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio
Installation view della mostra ’60 Pop Art Italia, 2024, Pistoia. Courtesy Fondazione Pistoia Musei, © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Partendo da queste premesse, la mostra propone un approfondimento sulla declinazione in Italia del movimento nato in Inghilterra e poi diffusosi negli Stati Uniti alla fine degli anni Cinquanta. Così, il percorso espositivo si snoda attraverso differenti tappe geografiche, a sottolineare il policentrismo tutto italiano che vide attecchire la Pop Art a Roma, Milano, Torino, Venezia, Palermo e Pistoia. Quest’effervescenza culturale non era altro che lo specchio della grande accelerazione economica e sociale che anche l’Italia si ritrovava a vivere in quegli anni: dalla celebrazione delle Olimpiadi di Roma nel 1960, passando per la costruzione dell’Autostrada del Sole nel 1964 e dello stabilimento Fiat a Togliattigrad – solo alcuni degli eventi cardine citati anche in mostra–, l’Italia vantava una posizione di rilievo in Europa.

Antonio Fomez, Viva il consumo, 1964, olio su tela. Collezione privata
Antonio Fomez, Viva il consumo, 1964, olio su tela. Collezione privata

Nell’itinerario proposto da Guadagnini, un’ampia sezione è dedicata a Roma e alla Scuola di Piazza del Popolo, così chiamata in onore dei vicini Caffè Rosati e Galleria La Tartaruga, dove erano soliti trovarsi Mario Schifano (Homs, Libia, 1934 – Roma, 1998), Tano Festa (Roma, 1938-1988), Franco Angeli (Roma, 1935-1988), Mimmo Rotella (Catanzaro, 1918 – Milano, 2006), Mario Ceroli (Castel Frentano, 1938), Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968), Fabio Mauri (Roma, 1926-2009), Jannis Kounellis (Il Pireo, Grecia, 1936 – Roma, 2017), Titina Maselli (Roma, 1924-2005), Giosetta Fioroni (Roma, 1932), Laura Grisi (Rodi, 1939 – Roma, 2017) e altri.

Laura Grisi, Model Car Racing, 1967, plexiglas, neon, scatola di alluminio, cm 80 x 170 x 13. Courtesy Laura Grisi Estate, Roma, e P420, Bologna. Ph: Carlo Favero
Laura Grisi, Model Car Racing, 1967, plexiglas, neon, scatola di alluminio, cm 80 x 170 x 13. Courtesy Laura Grisi Estate, Roma, e P420, Bologna. Ph: Carlo Favero

Caratterizzata da linguaggi diversi che tengono insieme lirismo e critica politica, rappresentazioni astratte e proposte figurative, la Scuola di Piazza del Popolo raggruppa tra i più ferventi artisti del movimento in Italia. Tra le altre, in mostra si apprezzano opere che fanno di monumenti storici vere e proprie icone pop. È il caso, della Nascita di Venere (1965) di Giosetta Fioroni o di Zebra e Colosseo (1965) di Renato Mambor: il confronto con la tradizione classica risulta inevitabile anche in questo caso.

Giosetta Fioroni, particolare de La nascita di Venere, 1965, olio su tela, cm 100 x 200. Collezione Intesa Sanpaolo. © Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo / foto Paolo Vandrasch, Milano
Giosetta Fioroni, particolare de La nascita di Venere, 1965, olio su tela, cm 100 x 200. Collezione Intesa Sanpaolo. © Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo / foto Paolo Vandrasch, Milano

Il percorso espositivo prosegue con un focus sulla Scuola di Pistoia, caso unico di una piccola città di provincia nel panorama artistico degli anni Sessanta. Ne fanno parte Roberto Barni (Pistoia, 30 settembre 1939), Umberto Buscioni (Pistoia, 1931-2019), Adolfo Natalini (Pistoia, 1941 – Firenze, 2020), e Gianni Ruffi (Firenze, 1938) che, pur sviluppando un linguaggio proprio ed una interpretazione molto riconoscibile della Pop Art, mantengono un dialogo dinamico con i grandi centri artistici del resto della penisola. Tra le opere in mostre, merita una menzione il polittico in quattro parti Piccole storie domenicali (Rifornimento; Con i fiori; Sul prato; In bicicletta) (1965-1966) realizzato da Roberto Barni, una sorta di pala d’altare pagana che celebra, attraverso scene dai colori vividi, la moderna società del boom economico.

Fabio Mauri, Senza titolo, 1968, acrilico su tela emulsionata, cm 89 x 110. Courtesy: Collezione Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani, Bologna. Ph: Carlo Favero
Fabio Mauri, Senza titolo, 1968, acrilico su tela emulsionata, cm 89 x 110. Courtesy: Collezione Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani, Bologna. Ph: Carlo Favero

La mostra prosegue a Torino e Milano che, assieme a Roma, emergono come punti focali. A Torino, le gallerie Il Punto e Sperone, in collaborazione con la galleria Sonnanbend di New York e Parigi, introducono opere di artisti celebri come Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – Nueva York, 1987), Roy Lichtenstein (Nueva York, 1923-1997) e Robert Rauschenberg. In questo contesto, sono protagonisti artisti come Michelangelo Pistoletto con i suoi quadri specchianti e Piero Gilardi (Torino, 1942-2023) con i tappeti-natura –visibili anche in mostra–, assieme ad Aldo Mondino (Torino, 1938-2005) e Ugo Nespolo (Mosso, 1942) che offrono una visione ironica e giocosa del linguaggio pop. A Milano, città fortemente influenzata dal Nouveau Réalisme francese e successivamente dalla scena artistica londinese, artisti come Valerio Adami (Bologna, 1935), Lucio Del Pezzo (Napoli, 1933 – Milano, 2020) e Emilio Tadini (Milano, 1927 – Milano, 2002) emergono come figure di rilievo, insieme a Enrico Baj che unisce il kitsch a citazioni raffinate, collegando dadaismo, surrealismo e Pop Art.

Installation view della mostra. © Fondazione PIstoia Musei. Foto di Ela Bialkowska, OKNOstudio.
Installation view della mostra. © Fondazione PIstoia Musei. Foto di Ela Bialkowska, OKNOstudio.

A enfatizzare ancora di più il policentrismo nella creazione artistica italiana, l’ultima parte della mostra celebra anche realtà come Firenze, Bologna, Genova e Palermo, ognuna contribuendo alla diffusione della Pop Art con stili e linguaggi diversi. Infine, l’ultima sala dell’esposizione propone una chiusura scenografica con la riproduzione della carta da parati Cow Wallpaper, tra le prime stampe prodotte dal «Padre della Pop Art» Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – Nueva York, 1987), su cui è affissa l’altrettanto celebre serigrafia Flowers. Ai colori vibranti di queste due opere e delle Swingeing London III (1972) di Richard Hamilton (Londra, 1922 – Northend, 2011), fanno però da contraltare le due opere di Fabio Mauri (Roma, 1926-2009) che, con tinte bianche e nere ed uno stile che ricorda la stencil art raffigurano la morte di Che Guevara e una manifestazione di piazza sullo sfondo di monumenti che ricordano Roma. È la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra segnata da grandi contestazioni nell’ambito dei diritto civili in tutto il mondo.

Installation view della mostra. © Fondazione Pistoia Musei. Foto di Ela Bialkowska, OKNOstudio

Prodotta da Fondazione Pistoia Musei e Fondazione Caript con il sostegno di Intesa Sanpaolo, e il  patrocinio di Regione Toscana e il Comune di Pistoia, la mostra si potrà visitare fino al 14 luglio.

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