Benedetto Croce: “abbiamo bisogno di più gente onesta”

Benedetto Croce: “abbiamo bisogno di più gente onesta”
Benedetto Croce

Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini, abbiamo bisogno di più gente onesta.

Benedetto Croce

libroEsiste una linea di pensiero, profondamente filosofica, che sostiene che ogni affermazione quantitativa dell’uomo, inteso come maschio adulto, riguardante il sesso vada divisa per 6. Senza dilungarci in esempi che, come asseriva Ennio Flaiano, non ci farebbero capire più nulla e facilmente potrebbero valerci una censura, diciamo qui che a personale giudizio dello scrivente tale rapporto di 1/6 può agevolmente essere considerata una costante universale, una sorta di onda gravitazionale, e perciò va da sé che detta K possa applicarsi anche alla Letteratura, con la L maiuscola: a chi asserisca di aver letto l’opera omnia di Umberto Eco possiamo attribuire, arrotondando, l’impresa di essere giunto in fondo alla fine di uno dei romanzi e aver scorso qualcosa della mole dei saggi.

Oggi vogliamo omaggiare Benedetto Croce e qui ci permettiamo di dubitare anche di quel 1/6 di chi affermi a cuor leggero di essere avvezzo all’opera del filosofo, critico letterario, storico, politico e scrittore abruzzese-napoletano: autore di una produzione immensa in tutte le sopraddette incarnazioni, Croce è il paladino carolingio di una cultura sterminata rapportabile mutatis mutandis a Leonardo o Pico della Mirandola, laddove però il mutatis sta nel fatto che secondo una statistica storiografica all’epoca fosse teoricamente possibile essere a conoscenza dell’intero scibile umano.

Nato in Abruzzo, a Pescasseroli, il 25 febbraio del 1866, Benedetto Croce non aveva le chance leonardiana: nondimeno, ha scritto saggi filosofici (su Vico, Hegel, estetica, marxismo…), letterari (Goethe, Dante, Ariosto, Shakespeare, Rinascimento, barocco…), Filosofia dello Spirito, Filosofia della Pratica, Logica, Estetica: non ci risultano invece lavori sulla fantascienza, nonostante la citazione all’incipit possa far pensare ad un interesse crociano in tal senso. Nel contempo ebbe una collaborazione quarantennale con Il Resto del Carlino; estremamente schierato ed attivo politicamente, con una formazione di stampo marxista, inizialmente appoggia Mussolini ma se ne discosta immediatamente e definitivamente subito dopo il delitto Matteotti: in seguito a un tanto, scrive il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti in contrapposizione a quello degli Intellettuali Fascisti (un ossimoro, NdA) di Giovanni Gentile col quale si produrrà una frattura insanabile. Singolarmente tollerato dal regime mussoliniano, Croce fu libero di apostrofare le camicie nere come portatori di una “malattia morale”, di schierarsi apertamente contro le leggi razziali, di farsi definire da Norberto Bobbio coscienza morale dell’antifascismo italiano e paladino della libertà.

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Karl Popper

Da dove iniziare dunque un approfondimento dell’opera e del valore, e infine dell’attualità di un Benedetto Croce? Riconosciuto come teorico del liberalismo e dell’antitotalitarismo al pari di Karl Popper, Croce in ogni caso fonda i propri ragionamenti su basi hegeliane e vichiane, e questo ci fa capire come ogni avvicinamento al Crocepensiero preveda una precisa progettazione e preparazione preliminare (un’allitterazione, NdA): da cui, la nostra autorizzazione a guardare con sospetto chiunque millanti familiarità col genio crociano.

A meno che il lettore non decida di farne un oggetto di studio a vita, Croce probabilmente non può essere affrontato che per singoli settori o campi di interesse. Posto che nemmeno un essere mitologico metà Croce e metà Eco riuscirebbe a convincermi della bontà del ragionare hegeliano, a rendercelo “simpatico”, il piglio con cui scrisse il saggio filosofico Perché non possiamo non dirci cristiani, il Manifesto Antifascista di cui sopra, l’attualità che emerge sin dal titolo di un lavoro come Il caso Gentile e la disonestà nella vita universitaria italiana, caso Gentile a parte e con due neuroni a riflettere, che so, sulla fuga dei cervelli e le ministre italiote.

Ma tant’è, circa il 60% degli italiani non legge neppure un libro all’anno ma il 90% apprezza il compianto Eco: non possiamo attenderci una sorte migliore per Benedetto Croce, scomparso a Napoli il 20 novembre 1952. D’altronde, Croce stesso non ebbe un rapporto idilliaco con lo studio sistematico, non essendosi mai laureato nonostante l’iscrizione a Giurisprudenza. È appena il caso di notare come, a parte le qualità incommensurabili rivelate a posteriori, probabilmente nell’approccio al mondo culturale italiano lo aiutò l’agio economico che gli derivava da entrambi i rami della propria famiglia, che non doveva essere indifferente se pensiamo che nel 1910 egli venne nominato Senatore per censo, il quale gli valse anche il titolo di Nobile nel 1920.

Ma a noi piace pensare, e i fatti lo provano, che a Benedetto Croce si applichi il noto aforisma attribuito a Tolstoj, che ebbe a dire che «gli uomini di genio sono incapaci di studiare in gioventù perché inconsciamente sentono il bisogno di imparare in modo diverso dalla massa».

Vieri Peroncini per MIfacciodiCultura

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