La terza mostra personale per la P420 di Alessandra Spranzi (Milano, 1962) evoca il pomeriggio estivo in campagna, lento e annoiato, dove i bambini inventano giochi con gli oggetti più quotidiani. Un mondo ovattato e pacifico, colpito da una luce abbagliante che non lascia tregua, il cui unico movimento è dato dall’oscillare delle tende bianche e verdi, per questo: “Alle grandi finestre della galleria le tende bianche e verdi dell’estate, che sanno di penombra e sonni pomeridiani” scrive Spranzi.
La stagione invernale, la luce che si raffredda e le fotografie di dimensioni ridotte (che non superano i 18 x 25 cm) lasciano ampio spazio al vuoto nelle sale della galleria. Si tratta di un’atmosfera diversa ma altrettanto metafisica, che richiede uno sforzo nostalgico per ritornare ai pomeriggi evocati da Spranzi. I video in mostra diventano essenziali per loro capacità di sospendere il tempo e di unificare perfettamente lo spazio abbondante della galleria. Questi propongono immagini di azioni così comuni da far nascere il dubbio che prima o poi giungerà un turbamento improvviso, rovesciando quest’atmosfera placida; al contrario, tutto si ripeterà inesorabilmente uguale a sé stesso: due bambini che giocano a pallone in un cortile davanti al mare oppure in un cortile di città, il lembo di una tovaglia che sventola, un uomo a cavallo nella via affollata di un paese, un coltello che fa roteare una tazzina…
Il titolo della mostra è una citazione da Gli otto quaderni in ottavo di Franz Kafka: “Egli rincorre i fatti come un pattinatore principiante, che per di più si esercita dove è vietato”. Tutte le fotografie in mostra, realizzate negli ultimi due anni, rientrano nel libro d’artista e nell’omonima serie Esercizi.
Il titolo riporta a questa sensazione di incertezza, di prova, di tentativo, come se Alessandra Spranzi avesse deciso di appoggiare un velo trasparente di 18 x 15 cm su alcuni piccoli momenti quotidiani, stampando su questa carta dei ritagli di situazioni, in maniera del tutto naturale. Riguardo a Esercizi, Spranzi dice: “Non è una serie con delle ricorrenze, ogni fotografia manifesta qualcosa che mi pare speciale, unico. Come un hapax legomenon, detto una sola volta. Delle cose, dei gesti, fuori o a casa. Un tentativo di trovare un senso a fotografare”.
Gli oggetti che ritrae sono in bilico, principalmente sferici come agrumi, noci, palle di mare sulla spiaggia, ma anche un equilibrista sul filo, sedie appoggiate al tavolo, matite che si rincorrono, bicchieri impilati. Così sono in bilico tra i tasti anche le dita incerte della bambina di undici anni che esegue gli esercizi al pianoforte, installazione audio riprodotta nella zona in cui sono consultabili quasi tutti i libri d’artista di Alessandra Spranzi fino ad oggi. Lisa Andreani, nel testo critico che accompagna la mostra, parla del “quasi” di Alessandra Spranzi, del “non completamente”, che è a tutti gli effetti l’atmosfera principale che si respira in mostra.
In questa serie Alessandra Spranzi usa la fotografia realizzandola in prima persona, assottigliando la distanza tra la sua fama di artista che usa la fotografia (valida fino a qualche serie fa), e quella di fotografa, che realizza i propri scatti, scegliendo in prima persona i momenti su cui appoggiare questo ‘velo’ fotografico.
La mostra rimarrà visitabile fino al 20 gennaio 2024.
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