Child Abuse: un film che è una mostra, per denunciare le violenze sui minori

Child Abuse: un film che è una mostra, per denunciare le violenze sui minori

Abusi, abbandono, sfruttamento: la violenza sui minori è un fenomeno drammaticamente presente nelle nostre vite e può assumere forme molteplici, In alcuni casi complesse da riconoscere, tanto collettive, come nel caso delle tratte di schiavitù nascoste nei grandi movimenti migratori, quanto individuali: secondo l’Unicef, la maggior parte delle violenze avviene all’interno dell’ambiente familiare. A denunciarne le varie sfumature e, per certi versi, ad accendere una luce su un argomento tanto specifico quanto relativamente poco affrontato dall’arte – almeno in maniera esplicita e programmatica – è Child Abuse, “filmostra” d’autore, ideato da Eleonora Frattarolo, per la regia di Davide Mastrangelo, promosso da Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, IRCCS – Policlinico S. Orsola e Genus Bononiae.

Maurizio Cattelan, Elisabetta di Sopra, Giosetta Fioroni, Luciano Leonotti, Eleonora Mazza, Paolo Migliazza, Gianni Moretti, Rufoism, James Rielly, Edoardo Sessa, Vanni Spazzoli, Sandra Tomboloni, Massimiliano Usai, Nicola Vinci, Silvia Zagni, sono gli artisti coinvolti nel progetto e che, nelle loro ricerche eterogenee, hanno spesso mostrato una particolare attenzione al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, sottoposte a violenze di vario genere. Ne abbiamo parlato con Eleonora Frattarolo, che ci ha raccontato di come è nato il progetto e perché è importante parlare dell’argomento, coinvolgendo i linguaggi dell’arte contemporanea.

Cosa vediamo in Child Abuse: intervista a Eleonora Frattarolo

Child Abuse è un filmostra dedicato al fenomeno della violenza sui minori. Forse non un argomento dell’arte contemporanea tra i più affrontati ma sicuramente qualcosa di urgente di cui parlare. Com’è nata l’idea di questo progetto?

«A causa della pandemia CHILD ABUSE è una mostra divenuta un film, un film che è anche una mostra. Circa un anno fa Santa D’Innocenzo (avvocato che per anni fu stretta collaboratrice dello storico dell’arte Andrea Emiliani) mi parlò del progetto europeo transnazionale ProChild, un organismo di grande interesse elaborato da Italia (che ne è Capofila col Policlinico di S. Orsola e l’Università di Bologna), Regno Unito, Germania, Finlandia, Francia e Grecia. Il fulcro di ProChild è costituito dall’attivazione di connessioni tra discipline e competenze diverse per contrastare gli abusi sui Minori. Incontrai poi Marcello Lanari, direttore di Pediatria d’Urgenza del S.Orsola. Gli proposi una mostra d’arte da innestare in ProChild (trasformata poi in filmostra). L’arte davvero può veicolare contenuti complessi, drammatici, con linguaggi che raggiungono la razionalità o l’inconscio di un pubblico che spesso con differenti argomentazioni girerebbe la testa dall’altra parte».

Da Maurizio Cattelan a Giosetta Fioroni, i 15 artisti coinvolti in ChildAbuse provengono da background ed esperienze eterogenee. Quali criteri sono stati usati per la loro scelta? Qual è il filo conduttore che avete individuato, tra i loro lavori?

«Le opere presentate sono intrise di sottili o esplicite relazioni con traumi, turbamenti, violenze, su bambini e adolescenti, e rispecchiano fenomenologie delle loro paure e fragilità. Ho voluto proporre vari punti di vista, prospettive poetiche diverse, opere tra loro distanti secondo i più consueti canoni normativi efferenti a cronologia, stile o linguaggio, ma omogenee nell’affrontare la voragine della mente, o del “corpo violato”, e cito un testo dello psicoterapeuta Maurizio Stupiggia. Vi sono poi contiguità dovute a quella che Gaston Bachelard definisce appartenenza alla stessa “famiglie spirituale”. Credo ad esempio che l’Autoritratto a nove anni, di Giosetta Fioroni (concessoci dal MAMbo), sia ascrivibile alla stessa “famiglia” dell’installazione del giovanissimo Edoardo Sessa. Così come il bambino con la pistola in bocca di James Rielly (dell’Ariete artecontemporanea) sia fratello dei quadri di Eleonora Mazza. E il rosso cuore di cartone strappato, di Maurizio Cattelan (della Galleria Enrico Astuni), non è forse buon vicino della bambina col cappuccetto rosso dei Rituali di Luciano Leonotti…?».

Luciano Leonotti, Milano 2012

Il progetto prevede un nutritissimo gruppo di partnership, tra arte e impegno sociale, tra gallerie, musei, università e ospedali. Puoi parlarci di come si è sviluppata questa rete di collaborazione?

«CHILD ABUSE è il frutto della collaborazione tra Arte e Medicina, una collaborazione rarissima, voluta da una prestigiosa istituzione ospedaliera, il Policlinico di S. Orsola. Ha ricevuto subito attenzione e partecipazione generosa. Io ringrazio tutti coloro che hanno creduto nel nostro discorso: gli intraducibili linguaggi dell’arte e le loro reti emotive implicati nella sfera dell’utilità sociale. E le dichiarazioni dei partners che tu hai citato, unitamente agli studi degli artisti e ai luoghi, ripresi, aggiungono senso e sfumature incisivi».

Recentemente si è svolta la presentazione alla stampa, a Bologna. Ci sono altre tappe in programma oppure momenti dedicati in streaming?

«Con Genus Bononiae-Musei nella Città, tra i nostri promotori, stiamo concertando presentazioni al pubblico in varie sedi, appena si potrà, e molteplici uscite in streaming per perseguire il nostro obiettivo, una vasta sensibilizzazione sugli abusi sui Minori. Inoltre nostro intendimento è costruire su questo orrore sociale un progetto stabile di relazione tra Arte e Medicina. I lavori sono già in corso. E sarebbe utile poter realizzare il progetto del Monumento ai bambini abusati, ideato da Gianni Moretti per CHILD ABUSE».

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