In via Benedetto Marcello 44, vicino a Porta Venezia, ad accogliervi da Martina Simeti, troverete i lavori di Curtis Santiago, musicista, pittore, scultore, tra gli artisti più promettenti della scena contemporanea. Ma affrettatevi, la mostra A man not in the mood for salsa sarà aperta al pubblico sino al 15 marzo. Nato nel 1979 ad Edmonton, Canada, le sue opere sono state tra le protagoniste di esposizioni personali e collettive e molte sono parte della collezione permanente del The Studio Museum, Harlem (NY). Santiago realizza i suoi lavori utilizzando media differenti, dal vetro alla tela, al cartone, fino ad arrivare alle sue iconiche miniature composte dai più svariati materiali.
Ma Curtis Talwst Santiago non è noto soltanto come artista visivo; dagli ultimi anni ’90 ai primi del 2000 è un membro degli Hi-Phoniqs, gruppo soul oriented di Edmonton, che lascia nel 2002 per iniziare una carriera da solista e da MC nei club più in della Vancouver by night. Registra 3 album con la Not On Label e uno nel 2011 con Matt Perry (alias DJ Kutcorners) per la 11 Inch Records. Dopo aver completato diverse residenze in America e in Africa, nel 2018 ha partecipato alla biennale di Dakar e al SITE Santa Fe, nel 2019 alla Toronto Biennal, nonché a numerose fiere tra cui l’ultima Artissima Torino, durante la quale ha esposto per la galleria monacense Nir Altman. Oggi è un affermato artista visivo, che vive e lavora a Monaco. Ecco la che cosa ci ha raccontato, in occasione della mostra da Martina Simeti.
Quattro domande all’artista Curtis Santiago
Racchiudere un’emozione, un ricordo, un pensiero e conservarlo come un oggetto prezioso in un cofanetto portagioie; è proprio quello che accade in opere come Visions of Touba 2 (2021) o Like Father Like Son (2023), i tuoi iconici diorami formato tascabile della Infinity Series. Qual è l’origine di questi due lavori?
«Vision of Touba 2 raffigura una scena che vedevo quasi tutti i giorni di fronte alla mia residenza a Dakar, in Senegal. Una famiglia si riuniva per il pranzo e un caffè davanti a un muro intriso di sole. Ho avuto l’impulso di staccare la vernice dal muro dove era seduta la famiglia per usarla come sfondo del diorama, così come il terreno su cui i personaggi poggiano i piedi. La scena descritta in Like Father Like Son, invece, è ispirata da un incontro che ho fatto all’afro shop locale del mercato di Dahlsten, in Inghilterra. Lì ho visto un giovane padre mentre portava il figlio dal barbiere per la prima volta, lo stesso barbiere che fece il suo primo taglio di capelli. L’ispirazione per quest’opera è basata su questo ricordo, viene dal mio riflettere sulla scena a cui avevo assistito. Di recente anch’io avevo portato mio figlio a tagliarsi i capelli per la prima volta ed era come se riuscissi a relazionarmi con le emozioni provate dal padre».
Una delle mie opere preferite è The Immolation of Darren Seals (2017–2024). Oltre alla splendida resa grafica è anche un’opera fortemente politica e attuale. Credi ci siano stati dei passi avanti da quel settembre del 2016?
«Sinceramente non credo ci siano stati progressi da allora perché giustizia non è stata ancora fatta. Penso che crimini come questo avvengano ancora a livello globale contro coloro che parlano contro il capitalismo, il colonialismo e il patriarcato».
I tre Warahoon raccontano i tuoi viaggi intorno al mondo, Africa, Trinidad, le grandi metropoli americane. Ti va di parlarne un po’?
«Come molto spesso dico, più che il genetic trauma sono l’immaginazione genetica e la gioia ancestrale che mi ispirano. Mentre si parla molto dei traumi che i nostri antenati hanno affrontato, io scelgo di concentrarmi sulla loro capacita di creare e immaginare».
Sei stato e sei ancora un musicista. Quanto ritieni sia importante la musica nel tuo processo creativo?
«Considero ancora la musica e il ritmo la forza trainante del mio lavoro, sia che si tratti di incorporare letteralmente spartiti musicali nei miei disegni o di creare dipinti incentrati sulla mappatura sonora afro. Come parte di una grande mostra museale che inaugurerà nel 2026, ho iniziato a scrivere poesie e creare spartiti per i diorami che saranno presenti; in questa grande retrospettiva dedicata alla Infinity Series ci sarà anche qualche nuovo lavoro commissionatomi direttamente dal museo».
Curtis Santiago è un’artista poliedrico che unisce con maestria messaggi politici, esperienze personali e influenze musicali. Essendo il panorama artistico odierno il più vario mai esperito e documentato di tutta la storia dell’arte, figure ibride come quella di Curtis sono la dimostrazione vivente che le liquide frontiere dell’arte sono tenute inevitabilmente a incontrarsi e gradualmente a fondersi tra loro.
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