Da Sean Connery a Ennio Morricone: i «grandi» che ci hanno lasciato nel 2020

Da Sean Connery a Ennio Morricone: i «grandi» che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
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I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
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I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020
I grandi dello spettacolo che ci hanno lasciato nel 2020

Nell’annus horribis 2020, quello che ha spazzato la vita di un tempo riducendola a un ricordo scontornato e sempre più opaco, sono molti gli artisti ad averci lasciato in silenzio, spesso impedendoci di celebrare la loro memoria a causa delle restrizioni imposte dal Covid. I colleghi bardati di mascherina e con le lacrime agli occhi che si sono avvicinati al leggio durante le esequie di Gigi Proietti, scomparso il giorno del suo ottantesimo compleanno, rimangono, però, l’esempio di come l’affetto più profondo non svanisca neanche nel mezzo di una pandemia ma, anzi, si rafforzi fino a diventare più acuto, più penetrante.

Insieme a tanti artisti italiani del cinema, della musica e della letteratura come Ennio Morricone, la cui eredità è ormai una pietra miliare della storia del cinema mondiale; Stefano D’Orazio, storico paroliere e batterista dei Pooh; Franca Valeri, lucidissimo esempio di bravura e ironia; e Alberto Arbasino, uno dei pochi intellettuali ad aver preso la nostra lingua e ad averla scomposta fino a creare dei capolavori che resisteranno per sempre alla prova del tempo, il maggior numero degli addii di quest’anno sono per i mostri sacri di Hollywood: da Kirk Douglas, che è rimasto mano nella mano con la moglie Anne Buydens fino all’ultimo giorno, a Olivia De Havilland, la storica Melania Wilkes di Via col Vento che si è spenta a 104 nella sua casa di Parigi senza aver avuto il tempo (o la fortuna) di pronunciarsi sulle polemiche riguardo la momentanea rimozione del titolo dal catalogo di HBO Max; da Sean Connery, il primo sex symbol vivente a mettere d’accordo uomini e donne, a Ian Holm, che per molti sarà solo il Bilbo del Signore degli Anelli, ma per altri resterà anche il Sam Mussabini di Momenti di gloria.

«Bond, James Bond»
Mark Rutland in Marnie, 1964
Colonnello Arbuthnot in Assassinio sull’Orient Express, 1974
Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa, 1986
Jimmy Malone in The Untouchables – Gli intoccabili, 1986
Henry Jones Sr. in Indiana Jones e l’ultima crociata, 1989
Marko Ramius in Caccia a Ottobre Rosso, 1990
Riccardo Cuor di Leone in Robin Hood – Principe dei ladri, 1991
John Patrick Mason in The Rock, 1996
William Forrester in Scoprendo Forrester, 2000

I dolori più grandi sono, tuttavia, per gli artisti che se ne sono andati via troppo presto. Come Chadwick Baseman, il primo supereroe nero della storia del cinema stroncato da un cancro al colon con il quale combatteva da diversi anni; o Ezio Bosso, il compositore e direttore d’orchestra che non è riuscito ad arrivare ai 50 anni a causa del peggioramento delle sua neoplasia cerebrale; o, ancora, Irrfar Khan, l’attore indiano di Vita di Pi che si arrende a un’infezione al colon a 53 anni; e Naya Rivera, l’attrice diventata famosa grazie al ruolo di Santana nella serie Glee e affogata nel lago Piru dopo aver messo in salvo suo figlio in barca. Troppi i nomi da ricordare, nella speranza che i loro volti continuino a suscitare in noi tenerezza e magone.

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