Gian Paolo Barbieri è uno dei grandi artisti che hanno maggiormente contribuito a plasmare l’immaginario della fotografia nella nostra epoca, prima con servizi memorabili per le più importanti testate di moda e maison, poi – dagli anni ‘90 – con le immagini scattate in diversi paesi tropicali, ibridando il mondo del reportage con il glamour della fashion photography.

Dal 2016 l’attività del maestro viene portata avanti dalla Fondazione omonima, custode di quel patrimonio straordinario che è il suo archivio, oltre un milione di scatti tra opere vintage, negativi, positivi e un numero sterminato di pubblicazioni, sculture e dipinti realizzati dallo stesso Barbieri. Un corpus dalle dimensioni monumentali, testimone di più di sessanta anni di storia, cultura e società, italiane e non solo, che la Fondazione Gian Paolo Barbieri si impegna a tutelare, promuovere e divulgare a un pubblico più ampio possibile, in linea con la volontà del suo maestro, secondo cui il compito basilare di una generazione è tramandare ai giovani una legacy che risulti utile per intraprendere un mestiere – nel caso specifico, quello di fotografo – sempre più complesso e multiforme.

Tra i nuovo progetti ancora in progress della Fondazione Gian Paolo Barbieri è un nuovo libro ‘Polaroids/Notebooks/Carnets’  – in anteprima assoluta per Vogue –  che raccoglie 3.200 instantanee rinvenute durante il laborioso processo di catalogazione, archiviazione e digitalizzazione delle migliaia di immagini dell’autore; iniziato nel 2019 dal team della Fondazione, il lavoro ha permesso di recuperare numerose polaroid, soprattutto nella libreria di Barbieri, usate spesso come segnalibri e sparse dunque tra volumi d’arte e fotografici. A precisare significati e valori sottesi a questa raccolta sono le parole dell’artista, che afferma di essere «sempre stato legato alla polaroid: uno strumento rapido e ineguagliabile per la qualità delle sue pellicole, che lo rendevano un prodotto insostituibile»; il formato in questione, prosegue Barbieri, veniva usato «per testare i miei set: cercavo la risposta in quell’istantaneità che mi permetteva di valutare la creazione della mia idea, consentendomi di capire se fossi davvero stato in grado di riportare fedelmente, nella realtà, ciò che avevo scolpito nella mia mente. Due anni fa […] decisi che era necessario […] costruire una storia attraverso “l’occhio polaroid”. Pezzi unici avvolti da natura, bellezza, calore e colore. E ancora la ricerca che precedeva i miei lavori. Quaderni che contengono gli studi necessari per la costruzione di un progetto fotografico: spunti, nozioni, riferimenti artistici che compongono il tragitto verso la creazione del mio lavoro».

Un percorso professionale che, nel suo caso, a partire dal 1964, anno in cui aprì lo studio a Milano, si è snodato tra servizi per molteplici magazine (dalle edizioni italiana, francese e americana di Vogue a Vanity Fair, da L’Officiel a GQ), campagne che nel corso degli anni ‘70 e ‘80 hanno scandito la comunicazione pubblicitaria dei brand di maggior successo (come ad esempio Valentino, Versace, Armani, Ferré e Saint Laurent, tanto per citarne alcuni) e immaginifici fotoreportage in paradisi tropicali quali Tahiti, Seychelles e Madagascar. Celebrato già nel 1968 dalla rivista Stern come uno dei migliori quattordici fotografi di moda al mondo, un riconoscimento cui si è aggiunto nel 2018 quello ad honorem del Lucie Awards in quanto miglior fashion photographer a livello internazionale, Barbieri vede oggi le sue opere presenti nelle collezioni di musei come il Victoria & Albert Museum e la National Portrait Gallery di Londra e il Musée du quai Branly parigino.

‘Polaroids/Notebooks/Carnets’ offrirà dunque la possibilità di ripercorrere per immagini, molte delle quali inedite, l’incessante ricerca artistica del maestro, dalla sequenza di appunti, reference e frame relativi a un editoriale per Vogue Italia del 1975, ispirato al film di Hitchcock ‘Caccia al ladro’, ad analoghi materiali preparatori per una campagna Vivienne Westwood del 1997 (con la disposizione dei modelli che ricorda plasticamente il dipinto ‘La zattera della Medusa’ di Géricault), passando per le vibranti composizioni floreali delle ‘Sperimentazioni’ eseguite alle Seychelles nel 1996, la supermodel Veruschka in posa per un’altra adv di Westwood (1997) e l’intenso ritratto in bianco e nero di Monica Bellucci (2000). L’elenco potrebbe continuare a lungo, perché sono migliaia le instantanee scattate da Barbieri nell’arco di una carriera ormai che riesce ancora a sorprendere, come dimostra questo progetto editoriale che siamo curiosi di vedere in libreria.