Anna Paparatti, 87 magnifici anni e ancora tanta voglia, una delle straordinarie figure che animarono la Roma delle avanguardie artistiche degli anni ’60 e ’70, artista, scopritrice e musa, compagna storica di Fabio Sargentini, dalla cui galleria L’Attico passarono artisti e intellettuali, oggetto di una mostra nel 2021 e poi, nel 2022, chiamata da Maria Grazia Chiuri a curare le scenografie delle sfilate della Maison Dior. Protagonista di La Pitturessa, film-documentario girato dalla figlia Fabiana Sargentini, appena presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023.
Anna Paparatti, la storia di una resistente
La storia di Anna Paparatti è la storia di una resistente, la sua è una resistenza in tutti i sensi, un modello di resistenza politica, perché intanto lei è ancora viva e può dire la sua, testimoniare. Anna è un raro portale sulla Storia dell’Arte italiana che ancora è da scrivere, ha continuato a dipingere nonostante tutto, a identificarsi come artista nonostante le erano stati assegnati altri ruoli che lei ha accettato di buon grado mettendoci la sua maestria.
Questo la distingue nettamente dalle sue due amiche e compagne dell’Accademia di Belle Arti di Roma, una purtroppo scomparsa l’anno scorso, Efi Kounellis, e che nessuno ha fatto parlare, e l’altra, Maria Pioppi Pistoletto, che rifiuta tuttora di parlare. Sembra quasi un mafia movie, tra segreti e deposizioni. Al contrario di Anna, Efi e Maria in un modo o nell’altro sono due portali chiusi ma che sicuramente la Storia riaprirà.
La storia di Anna Paparatti è quella di una resistenza politica alla dominazione, una storia che smaschera relativizzandole le disparità, le prepotenze, le slealtà, ma anche i plagi, le colpe o più semplicemente le responsabilità, tutto l’humus che ancora oggi serve a qualcuno per mettersi in avanti oscurando qualcun altro, o per fare jackpot, per prendersi tutti i meriti negando il contributo di quelli che in ogni comunità artistica dovremmo sempre essere attenti a considerare co-autori dei capitoli culturali.
Siate umili, i movimenti artistici non sono S.r.l, bensì S.p.a, delle società per azioni in cui il potere è frazionato e distribuito: tutti hanno la loro parte di responsabilità, anche la più piccola partecipazione conta. Gli storici, la scienza, non si stancano di ripetercelo: non esistono singoli geni, ma moltitudini di attori e fattori.
Un caso di negazionismo culturale
Anna oltre a dipingere, ha accolto, nutrito o sostenuto artisti noti e meno noti, e quante altre figure, nella sua casa studio sul lungotevere, ha fatto molto in un sistema dell’arte allora nascente, frutto di tante altre generosità, ma che paradossalmente oggi alimenta sempre più l’ingratitudine e la sottovalutazione, e istiga ormai a praticare un quotidiano negazionismo culturale.
In questo clima di dominazione nessuno è salvo e tutti sono complici, anche quelli che, stranamente, sono ufficialmente artefici del riconoscimento di Anna Paparatti oggi. Loro per primi dovrebbero diffidare delle gerarchie e predisporsi ad accogliere nuove impreviste narrazioni. La storia di Anna mette in discussione e ribalta poteri e posizioni. Senza eccezione.
All’arte mancano i titoli di coda del cinema dove è d’obbligo menzionare e ringraziare, cioè riconoscere anche il più remoto, il più umile contributo sui set. Il set di ogni capitolo artistico è vasto e diffuso, ma chi siamo noi per decidere dove finisce l’onda che supporta la meccanica della propagazione culturale? L’onda di Anna è stata lunga sessant’anni, abbastanza per completare e correggere la versione, l’anticipazione italiana della Pop Art fra Scuola di Piazza del Popolo e Arte Povera.
Ad Anna c’è voluta tutta l’India per riuscire a sopravvivere in questo spietato sistema, ha fatto suo il know how meditativo fondante della cultura indiana opposta a quella meritocratica e competitiva occidentale, per riuscire ad incassare, smaltire le frustrazioni, relativizzare, non farsene sopraffare.
Anna detesta ogni forma di rivendicazione, detesta tutto quello che la distoglie dalla meditazione – il suo manifesto artistico – o che le fa rabbia come i discorsi femministi, mi ammise una volta, lei che è diventata a 87 anni un modello, un’egeria femminista suo malgrado e nonostante non sia stata sempre eroica, anzi, quand’era in coppia con Sargentini.
Titoli di coda
La figlia, Fabiana Sargentini, che oggi ha il merito di aver realizzato La Pitturessa, il primo film su Anna Paparatti, presentato al Festival di Roma e che sarà presto in sala, non aveva capito chi era sua madre e cioè cosa significa essere un’artista in una società come quella dei suoi genitori.
Nemmeno Fabio Sargentini, senza volerlo colpevolizzare né togliergli nessuno dei suoi ineccepibili meriti con la sua storica galleria l’Attico, ha capito che avrebbe dovuto annoverare Anna nella sua scuderia di artisti, fra Pascali e Kounellis. A quest’ora, Giosetta Fioroni avrebbe smesso di sembrare irrealisticamente l’unica artista donna della sua generazione a Roma.
Fabio Sargentini si è rifiutato di apparire nel film ma è venuto alla prima al Maxxi e ha tenuto a farsi fotografare con la Paparatti dopo essere intervenuto durante il dibattito a fine proiezione. Ha dichiarato averla sempre sostenuta. Anna lo ha ringraziato dichiarando aver aspettato tutta la vita il suo riconoscimento.
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