Il Real Bosco di Capodimonte, a Napoli, ha fatto parlare molto di sé anche la stampa, che ha testimoniato la sua continua trasformazione, da luogo impervio in un giardino da favola, ormai animato da varie attività in alcuni degli ex casamenti borbonici, un tempo abbandonati e in degrado. Ora il Real Bosco pulsa di vita. Questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata una mente che ha tenuto presente il piano generale, voluto, ideato e collaudato dal direttore Sylvain Bellenger, il quale ha realizzato, tassello dopo tassello, quello che suggeriva il suo progetto.
Negli ultimi tempi, ha fatto parlare di sé anche quella parte del Real Bosco che occupa i suoi margini nord-orientali. È azienda agricola e giardino produttivo, chiamato il Giardino Torre, che possiamo definire masseria turrita per il casamento a forma di torre che costituisce il suo centro organizzativo.
Il sito contiene circa 600 piante. Tra gli agrumi, l’arancio è il più antico, mentre il mandarino, Citrus Deliciosa nel linguaggio dotto, fu introdotto nella Napoli borbonica più tardi, proprio qui, nel Giardino Torre, per allietare in inverno la tavola con il suo vivo colore e il sapore del suo frutto.
Un tempo gli alberi da frutto erano di molte varietà, oggi, per un calcolo economico e per l’adesione all’omologazione imperante, ce ne sono in numero più ridotto. Ma di queste varietà, al Giardino Torre, si conservano preziosi esemplari. C’è la pera mastantuona e quella spadona, ci sono le susine, le ciliegie, pure queste di diversi tipi e con varie sfumature di colore, le amarene, le mele. Ci sono le piante dei nespoli, dei fichi, dei gelsi, dei sorbi, dei cachi, dei melograni. C’è il chinotto, il bergamotto, il pompelmo e il limone. E ci sono i frutti esotici cari ai Borbone, tra i quali ribes, ananas e lamponi. Naturalmente ci sono gli ortaggi e le erbe aromatiche e, tutto intorno, proprio come in epoca borbonica, vengono coltivati pomodori e papaccelle, friarielli e zucche, melanzane, cavoli e zucchine, che vengono preparati, cucinati e offerti nel luogo, in un ristorante a chilometro zero e – come si è visto – dalla lunga storia. Al centro della Fruttiera, si staglia con i suoi 20 metri di altezza un maestoso esemplare di Canforo, tra gli alberi del Real Bosco il più prezioso. Tutt’intorno si vedono i semenzai, le serre e le ananassiere, cioè le stufe per il ricovero dell’ananas.
Mercoledì, 6 dicembre, c’è stata una festa per l’inaugurazione del funzionamento del forno a legna ottocentesco, dove sono state cotte delle pizze tradizionali, offerte agli intervenuti. I tranci di pizza erano di due tipi: solo con pomodoro o anche con pomodoro e mozzarella, secondo la ricetta detta della regina Margherita (di Savoia). La pasta della pizza era di straordinaria finezza, morbida e croccante, realizzata con un lievito casalingo, i pomodori erano quelli con il pizzo, propri della zona vesuviana che vengono conservati appesi al soffitto e detti, perciò, “con il piennolo”. Siamo stati tra i fortunati golosi presenti all’inaugurazione del forno, ma si possono gustare queste meravigliose pizze, prenotandosi, magari in gruppo, il sabato e la domenica.
Il sito, che vuole proporsi come un laboratorio di cultura gastronomica, è gestito da Delizie Reali Scarl, vincitrice nel 2018 del bando di gara europeo per il programma di valorizzazione e gestione degli immobili e delle pertinenze della Reale Fruttiera del Bosco di Capodimonte indetto dall’allora Mibact.
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