La partenza delle vacanze tanto attese può risultare estenuante, tra il dover chiudere casa e lasciarla quantomeno vagamente pulita e in ordine per il rientro, e il dover preparare il o i bagagli, magari per dover star via più settimane, o se si hanno dei bambini. Spostarsi (magari di continente, ma basta anche una città o una regione), cambiare luogo, casa, abitudini, anche solo per un periodo, improvvisamente ci può sembrare destabilizzante, come se tutta la mole di sogni, desideri e aspettative che abbiamo proiettato sulla nostra vacanza, o il nostro viaggio, franasse sulle nostre capacità di previsione concreta, che si trasforma in un numero esatto di mutande, di spazio, di vestiti eleganti, di sandali o scarpe da ginnastica, magliette tecniche o costumi, ma anche creme e solari, e ovviamente le medicine, perché finisce sempre che ci si ammala nei luoghi e nei momenti più improbabili, e soprattutto in vacanza, fenomeno che succede tanto spesso da essersi guadagnato un titolo, “leisure sickness”.
In quel misto tra ansia ed entusiasmo che ci colpisce mentre ci prepariamo a partire potremmo dimenticare qualcosa di fondamentale, eppure, ogni volta che alla fine carichiamo l’auto e partiamo, non importa quanto sia stato rocambolesco e stressante il processo per arrivare al tanto agognato momento, ci rendiamo conto con sollievo e tenerezza di una cosa: non importa se ci siamo dimenticati proprio quel costume che tanto ci piaceva, nemmeno la maschera idratante per la notte, nemmeno il peluche preferito di nostro figlio se ne abbiamo uno, o il ciuccio, quel che conta è partire, e se non si parte in solitaria, farlo con le persone con cui abbiamo deciso di condividere il nostro viaggio. A tutto il resto si troverà una soluzione.
Eppure, potremmo dire che quest’apprensione è proprio l’unità di misura della tensione che dobbiamo vincere per allontanarci da ciò che è noto, da ciò che siamo (ogni viaggio volenti o nolenti ci trasforma in qualche modo), dal conosciuto, per vivere nuove esperienze, raggiungere nuove mete, evolverci, cambiare. Anzi, è proprio la ripetizione del viaggio, delle partenze e dei ritorni, dello spostamento, che ci forma e ci informa, ci esercita, ci insegna a essere sempre meno vittime di quell’ansia fisiologica, sempre più sicuri, organizzati, o semplicemente in pace con noi stessi e l’imprevisto, sicuri di noi, capaci di discernere in meno tempo ciò che serve davvero e ciò che no, pronti per andare incontro all’ignoto che è ogni viaggio.
La nostra vita è infatti composta di infinite variabili, più o meno influenti, ma in mezzo a questo sciame impazzito alcuni eventi appaiono come il cristallizzarsi di forze, capaci di prendere forma, e di farci diventare ciò che siamo. Sono eventi che tutti conosciamo e condividiamo, che segnano trasversalmente l’esperienza umana e che si ripetono, nonostante enormi cambiamenti, da sempre: il gioco, l’infanzia, l’amore, fallimenti e vittorie, la formazione, i traguardi, le nascite o le morti, la condivisione, l’emozione delle scoperte, la curiosità, la paura dell’ignoto, e il viaggio, appunto, che peraltro le simboleggia tutte. È nella ripetizione di questi piccoli e grandi gesti che ci trasformiamo, che ci adattiamo a sempre più situazioni, che registriamo luci, paesaggi, emozioni, profumi, temperature, colori, emozioni. Se da un lato il viaggio è ogni volta un movimento verso ciò che non conosciamo (anche le mete già note infatti cambiano ogni volta), è anche un tipo di esperienza che si ripete, ancora e ancora, accumulandosi e stratificandosi nella nostra memoria. Sempre uguale e sempre diverso. Che, come la lettura di un libro, ci richiede tempo, e attenzione, e una buona dose di impegno e di disponibilità, non solo verso le emozioni positive, che si spera ci regali, ma anche verso gli imprevisti meno felici, che possono sempre verificarsi, come sappiamo bene, costringendoci a cambiare i nostri piani, a trovare soluzioni alternative, a metterci in gioco diversamente.
È in questo confine labile che si inserisce la nuova campagna realizzata da The Vision per Telepass, Unstoppable, nell’accettazione e nella comprensione del rischio, di quella percentuale impossibile da controllare che alla fine ci spaventa sì, ma ci emoziona anche, perché è l’ignoto, la possibilità, ciò che ci rende liberi, in cui risiede il fulcro delle nostre stesse emozioni, proprio perché altrimenti “sarebbe tutto già scritto”, non ci sarebbero sorprese, spazi ignoti da esplorare, non ci sarebbe libertà e immaginazione.
Per poter vivere a pieno questo territorio, è fondamentale poter fare affidamento su alcune certezze di base, quei punti fermi che fin da piccoli ci vengono dati per permetterci di trovare il coraggio, l’autostima e la sicurezza in noi stessi e nelle nostre capacità per affrontare il mondo, e i suoi imprevisti, e le sue sfide. Quel solido nucleo sicuro che ci permette di non doverci ricostruire ogni volta da capo, perdendo tempo ed energie, su cui possiamo spingere i piedi per darci la spinta e saltare verso ciò che non conosciamo, verso il futuro. Non si tratta di cose trascendentali, ma molto pratiche, quotidiane, semplici, come appunto può essere un sistema capace di rendere più fluido il nostro viaggio.
Spesso filosofia e matematica si intersecano, e anzi, possiamo dire che sono da sempre due ambiti sovrapposti, è così anche in questo caso. Il grande matematico e statistico Bruno de Finetti diventò famoso proprio per la sua concezione soggettivista della probabilità, che si può sintetizzare in questo modo: la probabilità di un evento è la misura del grado di fiducia che un individuo coerente attribuisce, secondo le sue informazioni e opinioni, al suo avverarsi. E se anche questa valutazione appaia come soggettiva, non significa arbitraria. La probabilità soggettiva, per quanto incerta, è proprio quella a cui più volte, nel corso della nostra esistenza ricorriamo, per tutte quelle considerazioni legate alla nostra vita. In questa formula, mi pare risieda una sorta di magia, ovvero di forza indefinibile, che dipende dalla nostra fede, dalla nostra speranza, dal nostro desiderio.
Il tentativo di trasformare in realtà una sensazione effimera, un’intuizione, che si sforza di raggiungere proprio quel confine, tesissimo e lontano, verso cui si spingono la matematica e la fisica di alcuni ricercatori illuminati, che non temono l’incomprensibile, l’invisibile e men che meno l’assurdo, per dirla con Richard Feynman, ma anzi cercano di dargli una forma, di tradurlo in un linguaggio comprensibile dall’essere umano. Insomma, la prossima volta che attraverserete un casello, per partire, o per tornare, diversi, sarebbe bello che vi ricordaste che in quel semplice movimento di una sbarra, che si alza per farvi passare, ci siano tutti questi frammenti di pensieri, tentativi e sogni di altri esseri umani.
Questo articolo è realizzato da THE VISION in collaborazione con Telepass, tech company leader nel telepedaggio e all’avanguardia nella rivoluzione della mobilità in un’ottica sempre più innovativa e sostenibile, per la nuova campagna UNSTOPPABLE. Con un’unica app che tiene insieme un esclusivo metodo di pagamento è possibile accedere a una pluralità di servizi legati alla smart mobility, come strisce blu, parcheggi, carburante, ricarica dell’auto elettrica, noleggio di bici, monopattini e scooter elettrici. Con l’app, inoltre, puoi acquistare anche biglietti per treni, pullman e voli, e in aeroporto salti le code ai controlli grazie al fast track. Telepass trasforma ogni spostamento in un’esperienza inarrestabile.
L’articolo In una vita di incognite, sono gli eventi certi, che si ripetono sempre, a renderci ciò che siamo proviene da THE VISION.