Joan Miró, quando l’arte ed i colori diventano poesia

Joan Miró, quando l’arte ed i colori diventano poesia
Joan Miró, quando l’arte ed i colori diventano poesia
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Ballerina II, 1925

Il pittore catalano Joan Miró nacque a Barcellona il 20 aprile 1893, e sin da piccolo, all’età di otto anni, iniziò a disegnare e tracciare i suoi famosissimi segni. Proveniente da una famiglia mediamente agiata, il padre era infatti orologiaio e orefice, frequentò su consiglio dei genitori, gli studi commerciali per lavorare come contabile in una drogheria. Durante questo periodo frenetico e dopo un brutto esaurimento nervoso, decise di dedicarsi a tempo pieno alla pittura ed al disegno, la sua unica e vera vocazione, unica fonte di felicità.

L’arte di Miró è fantastica e colorata, da uno stile prettamente dadaista, si affacciò presto a quello surrealista per poi creare una maniera tutta sua, personale, fatta di simboli, astrazione, fantasia del colore. Ma Miró non fu semplicemente un pittore astratto, ogni sua opera infatti è ispirata da una poetica propria dove le parole hanno un ruolo preminente nella genesi creativa. Il legame tra pittura e poesia, quindi tra segno e parola, diventa indissolubile e sua Musa ispiratrice.

Se vi è qualcosa di umoristico nella mia pittura non è il risultato di una ricerca cosciente. Questo humour deriva forse dal bisogno di sfuggire al lato tragico del mio temperamento. È una reazione, ma involontaria. Quel che invece è voluto in me, è la tensione dello spirito. Ma è essenziale, a mio avviso, non provocarla con mezzi chimici, come il bere o la droga. L’atmosfera propizia a questa tensione la scopro nella poesia, nella musica, nell’architettura.

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Natura morta del sabatot, 1937

Questo suo temperamento ammaliante e poetico, lo portò a circondarsi di numerosi letterati e poeti, tra questi Jacques Prévert che lo definì «Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni» e stabilirsi a Parigi nel 1920. Qui, nello storico quartiere artistico di Montparnasse conobbe Picasso ed i dadaisti, lavorò con Ernst ed iniziò a dedicarsi anche alle scenografie teatrali, alle sculture di grandi dimensioni e la scoperta di materiali nuovi come la ceramica ed il vetro.

Nei quadri di Miró è rappresentato il simbolo, una realtà che non esiste più e che viene ridotta all’essenziale attraverso ghirigori, occhi, donne, stelle, uccelli, la meraviglia della notte. Tra le sue opere più celebri si ricordano Il Carnevale di Arlecchino (immagine di copertina), dipinto tra il 1924/25, in cui sono impresse su tela la realtà dell’inconscio e le visioni surreali e Natura morta del sabatot, del 1937, emblema e denuncia della Spagna distrutta dalla guerra civile.

Dipinse favole e sogni pervasi da innocente fantasia e ispirati a quanto di bello e sconvolgente esiste in natura.

Lo spettacolo del cielo mi sconvolge. Mi sconvolge vedere, in un cielo immenso, la falce della luna o il sole. Nei miei quadri, del resto, vi sono minuscole forme in grandi spazi vuoti. Gli spazi vuoti, gli orizzonti vuoti, le pianure vuote, tutto quello che è spoglio mi ha sempre profondamente impressionato.

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Costellazione Amorosa, 1941

Le forme sono semplici e primitive, a dimostrazione di un gesto impulsivo ed ingenuo, così come i colori primari, di tonalità accese e stesi con campiture piatte.

Joan Miró morì a Maiorca all’età di 90 anni, il 25 dicembre 1983. L’importanza della materia, resa attraverso la sperimentazione di materiali innovativi e la produzione di originali opere che spaziano dalla litografia, all’acquaforte, dalla scultura, alla pittura su carta e vetro fanno di Miró un artista attento, lavoratore instancabile e dedito al continuo studio. Egli stesso dichiarò:

Lavoro come un giardiniere o come un vignaiolo. Le cose maturano lentamente. Il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l’ho scoperto in un sol colpo. Si è formato quasi mio malgrado. Le cose seguono il loro corso naturale. Crescono, maturano. Bisogna fare innesti. Bisogna irrigare, come si fa con l’insalata. Maturano nel mio spirito.

Valentina Certo per MIfacciodiCultura

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