“La lettera scarlatta”: il vero problema sociale è il puritanesimo

“La lettera scarlatta”: il vero problema sociale è il puritanesimo
I Grandi Classici - La lettera scarlatta, il vero problema sociale è il puritanesimo

Cosa collega un classico della letteratura nordamericana, come La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, dell’epoca puritana all’attualità italiana? Consideriamo la sessuofobia e l’omofobia cattoliche, l’ingerenza della chiesa nella vita sociale e politica del Paese, il fatto che il sesso venga utilizzato a tutti i livelli per vendere prodotti, per favorire le carriere, che la prostituzione sia illegale ma costituisca una parte importante del Pil sommerso, che siamo ancora qua a discutere di aborto e obiezione di coscienza, di contraccezione, che l’omofobia imperversa in tutte le forme più odiose e deleterie (fino all’omicidio), capiamo che il capolavoro di Hawthorne è di stretta attualità.

Ritratto di Nathaniel Hawthorne

In fondo, soltanto nel 2014 il suicidio del “ragazzo dai pantaloni rosa” fu dichiarato non essere conseguenza di omofobia e bullismo; ed era appena il 13 settembre del 2016 quando Tiziana Cantone non sopportò più la lettera scarlatta virtuale che le era stata apposta addosso a seguito della diffusione mondiale di un video dal contenuto sessuale privato, privatissimo. È vero, Hester Prynne non si suicida, ma resiste fino a che non può togliersi la lettera scarlatta dai vestiti e vivere felicemente il suo amore: ma la protagonista del romanzo, che dopo il film di Roland Joffé identifichiamo col volto di una credibile Demi Moore (ma ben otto furono le versioni filmiche precedenti a quella del 1995, ed una successiva nel 2004) subisce il biasimo, ai limiti dell’ostracismo, di un villaggio puritano, non della Rete (a volte, il nickname di Internet può essere davvero profetico ed inquietante).

Anche grazie al film sunnominato, La lettera scarlatta è uno di quei Grandi Classici che molti hanno letto davvero, magari alla ricerca di scene morbose e senza dubbi favorito da una lettura sostanzialmente agile per essere uno dei libri fondamentali della letteratura statunitense del diciannovesimo secolo (almeno, agile rispetto ad un Moby Dick, la cui pubblicazione è posteriore di appena un anno; peraltro, Hawthorne e Melville erano intimi amici), senza difficoltà sintattiche, lessicali o strutturali, equilibrato tra descrizione del narratore esterno e dialogo; è appena il caso di notare la presenza di una Prefazione alla seconda edizione (in tutto 5.000 copie nelle prime due edizioni, un enorme successo editoriale dell’epoca) e di una introduzione intitolata La dogana che serve, attraverso un alter ego dell’autore, ad utilizzare l’usuale escamotage letterario del finto-ritrovamento di documenti narrati la storia in questione.

American Gothic, immagine iconicamente evocativa

Storia che possiamo anche definire semplice: Boston 1642, Hester Prynne partorisce una bambina di nome Pearl, nonostante il marito sia assente da anni. Condannata per adulterio, viene esposta su un patibolo dopo che sui vestiti le è stata cucita una lettera “A” scarlatta, a simboleggiare appunto l’adulterio: dopodiché, tornato il marito che era stato prigioniero per anni dei pellerossa, si snoda una sorta di triangolo nel quale il terzo vertice è costituito dal giovane reverendo Dimmersdale, vero padre di Pearl. Altro capitolo della serie non si inventa nulla, vedi Uccelli di Rovo: ma qui la passione “ecclesiastica” non è fine a sé stessa, bensì è un approfondimento collaterale delle intenzioni di Hawthorne circa la stesura del romanzo.

Amore, dolore, passione, coraggio, dignità, volontà da un lato, e cristianesimo, puritanesimo e società sono infatti le tematiche sottese alla storia dell’amore di Hester. Hawthorne si definiva culturalmente un whig, ossia un progressista: addirittura, Hawthorne aveva leggermente modificato il proprio cognome per distinguersi da un antenato che nel proprio ruolo di magistrato aveva mandato a morte diversi adulteri, come peraltro la legge prevedeva. L’intento di Hawthorne è quindi nobile nel suo voler stigmatizzare i tabù, idee restrittive e violenza dell’ottusa società puritana, in un confronto sottinteso con la sua epoca. Ma va detto che il paragone è largamente ottimistico: non solo in epoca vittoriana l’omosessualità era ancora un reato grave, ma non possiamo dimenticare che così fu fino a ben oltre al Seconda Guerra Mondiale, come la storia di Alan Turing ha recentemente evidenziato in modo eclatante.

Locandina di una versione filmica, del 1926

Hawthorne quindi opera un lavoro mirabile nei confronti della società puritana, volontariamente, e con la prospettiva storica che ci danno gli oltre 150 anni di distanza dalla pubblicazione possiamo dire che La lettera scarlatta ci dà la misura di come sino a poco fa i principi che governavano i nostri rapporti sociali non divergessero poi molto da quelli della shaaria.

Quello che rende La lettera scarlatta un Grande Classico, e quindi un romanzo attualizzabile, è quindi la tematica di fondo, che è l’ingerenza della società di imprinting religioso nella vita delle persone: ovvero, l’incoercibile e violenta tendenza a ricondurre ad una inconsistente problematica sociale azioni di pertinenza esclusivamente della sfera individuale, in nome di una morale di natura non umana, che professa l’amore ma si fonda sull’odio, la vera forza che muove il nostro mondo.

Quanto sono simili l’odio e l’amore: l’uno ci lega quanto l’altro e spesso li confondiamo.

Vieri Peroncini per MIfacciodiCultura

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