Sutton Hoo, contea di Suffolk, costa orientale dell’Inghilterra: è il 1939 quando la proprietaria terriera Edith Pretty, affascinata dalle leggende locali che raccontano di un tesoro vichingo sepolto, contatta l’archeologo autodidatta Basil Brown. Nel giro di poco, Brown scopre il più grande tesoro britannico di sempre: due cimiteri anglosassoni medievale risalenti al VI e VII secolo e una nave funeraria adorna di preziosi artefatti appartenuta a re Raedwald (593-617), sovrano anglosassone dell’Anglia orientale, il primo a ricevere i dogmi cristiani e il battesimo. Da qui prende avvio il libro The dig di John Preston, a cui si ispira il film La nave sepolta, disponibile su Netflix, diretto da Simon Stone con protagonisti Lily James, Carey Mulligan (candidata al Premio Oscar e nomina come miglior attrice britannica dell’anno ai prestigiosi London Critics Circle Film Awards) e Ralph Fiennes (anch’egli candidato agli Oscar).
Cominciai a scavare appena iniziai a tenere in mano una paletta. Non ho più smesso. Secondo me siamo in un cimitero di qualcuno, forse dei vichinghi o un popolo più antico. Immagino sia la tomba di un gran guerriero o di un re (Basil Brown)
La storia
I primi scavi iniziarono nel 1938 e nel giro di pochi mesi furono rinvenuti un disco di bronzo e altri oggetti ma la grande scoperta avvenne nell’estate dell’anno successivo, con la guerra alle porte e i cieli lividi solcati da aerei militari: fu portata alla luce una nave di 27,4 m, in grado di ospitare fino a 40 vogatori. Accorse allora sul posto il British Museum, che si rifiutò di prendere ordini da Brown, il quale venne soppiantato dall’archeologo Charles Phillips, dal suo assistente Stuart Piggott (Ben Chaplin) e dalla moglie Peggy Piggott (Lily James), che presero il controllo. Sarà Peggy a rinvenire, con meraviglia dei colleghi, un cimelio d’oro, primo di 250 esemplari tra monete, gioielli, corni e scettri, armature decorate con gemme, una lira, un piatto d’argento dell’impero Bizantino, un elmo, uno scudo e una spada. Alcuni studiosi hanno ipotizzato un collegamento con gli usi funerari svedesi e un legame col poema epico Beowulf, che racconta del funerale del celebre Skjöldr in una nave colma di tesori. Indubbiamente, i reperti attestano un senso identitario forte, potenziato dalla presenza di numerosi artefatti artistici.
Tutto è collegato: l’immortalità della bellezza
Edith Pretty lasciò in eredità il tesoro al British Museum, pur con la clausola che Brown venisse ufficialmente citato come legittimo scopritore del tesoro. Questo non avvenne, e il nome dell’archeologo fu ufficialmente riconosciuto solo 7 anni fa ed è oggi scritto nella sezione del museo dedicata ai tesori della nave di Sutton Hoo.
Per quale altro motivo scavate un terreno mentre sta per scoppiare la guerra?
Perchè questo significa qualcosa. Non per il passato o il presente ma per le generazioni future
Dai tempi delle prime impronte umane sul muro di una grotta, facciamo parte di qualcosa che continua. Siamo tutti uniti da un circolo invisibile di manufatti, tumuli di parole, consegne, libri, ispirazioni, fogli, mobili: moriamo mai veramente? Forse, con questa consapevolezza della transitorietà che si può combattere attraverso un passaparola di strutture tra uomini, “i secoli bui non sono più bui” e la fine della vita altro non è che un rapido abbandono limitato a questa esistenza. La bellezza, attraverso gli uomini, è una riscoperta continua e nulla è davvero mai scomparso per sempre.
Penso che sia interessante e forse fortunato che il film esca quando siamo in un altro periodo di incertezza, a causa del Covid. Spero che le persone ne traggano un messaggio positivo, su ciò che possiamo ottenere attraverso uno sforzo e una determinazione comuni (Ralph Fiennes alla BBC)
Isabella Garanzini per MiFacciodiCultura
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