Descrivere il Made in Italy è sempre un’impresa difficile. L’ormai affermato side project di Tod’s, lanciato ufficialmente nel 2018, si nutre di idee complesse, in cui il fil rouge è l’arte. Riflettendo sul legame con l’heritage di Tod’s coinvolge Ramak Fazel, fotografo di spicco con sede a milano il cui punto di vista continua ad analizzare nuovi aspetti della quotidianità, esponendoli in un nuovo libro chiamato Silicon Valley No_Code Life. “Il mio coinvolgimento iniziale risale all’estate del 2019, quando ho condiviso alcune immagini di San Francisco con Michele Lupi,” ha spiegato Fazel. “Nello stesso periodo, Tod’s stava valutando come rappresentare visivamente la Silicon Valley. Erano interessati a un saggio fotografico per No_Code. Ho collaborato con altri marchi su progetti che coinvolgono la fotografia. Ma questa volta, il grado di libertà e le risorse a disposizione consentivano un’investigazione più approfondita.” Il progetto, sviluppato attraverso l’iniziativa editoriale No_Code Life Tod’s, tratta di un’antologia fotografica – con un totale di 128 immagini – che indaga sulle svariate realtà di vita nelle zone di San Francisco, dimostrando che il mito della Silicon Valley come una visione nociva “high-tech” dei giganti tecnologici non è del tutto accurata, e forse non lo è mai stata. Ma andiamo con ordine. L’estro esplicitato dalle fotografie di Fazel prende forma sotto la costante ricerca di innovazione e spensieratezza, giustapposte all’afflusso tecnologico e della crisi economica che aggrava il popolo di San Francisco. Attraverso questo libro, Fazel immortala un luogo dove l’articolazione del concetto di quotidianità prende le pieghe più svariate, e trascende i cliché della nostra società. Gli scatti riescono a condensare la natura paradossale, nostalgica e contagiosa della “Valley” al meglio: tra scene contrastanti di lavanderie, stazioni di servizio e quartieri abbandonati, in 10 giorni di riprese (tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020), Fazel si è dato alle riprese di questo ambiente neo-utopico, immortalando il passato della regione americana concentrandosi con prontezza sugli edifici della regione, raffigurando un ambiente privato in cui gli stili architettonici avveniristici e le mode sono rari. E se i soggetti sono sicuramente d’impatto, c’è qualcosa di questi scatti che è eccentrico e al contempo introspettivo, in un gioco che sembra essere trainato da una crisi che non accenna a scemare. Le foto si inseriscono in un arco temporale prima che il distanziamento sociale della pandemia Covid-19 avesse irrevocabilmente alterato il significato del luogo in generale. “Ho imparato ad apprezzare tutto ciò che è successo in un periodo di tempo relativamente breve,” riflette Fazel. “Con il team di Tod’s No_Code commentato spesso su quanto poco tempo è trascorso da quando era solamente un luogo di cavalli.” Immergendosi in un mondo completamente originale, un dettaglio affascinante delle immagini di Fazel è identificabile grazie all’implementazione di un’estetica fotografica tipica degli anni ’60 e ’70, con l’esplosione del foto flash: nella raccolta No_Code Life, difatti, sono realizzate in modo irriverente e compulsivo. Hanno un’energia sofisticata ma racchiudono un lato molto più serioso che riflette il periodo attuale. Nonostante le immagini catturano un ritratto di una società remota e, paradossalmente, quasi estinta, la ricerca di Fazel evoca un lato costituito da forti emozioni e dalle complessità dell’anacronismo, facendo dei luoghi non solo rappresentazioni virtuali all’insegna di una mera narrazione, ma un vero e proprio stato d’animo che si ribella alle tribolazioni del nostro tempo.