Fiori, bottiglie, paesaggi, vasi e conchiglie: è qui che si annida il genio sensibile di Giorgio Morandi. A distanza di più di trent’anni dall’ultima rassegna milanese, la mostra organizzata da Palazzo Reale, Morandi 1890 – 1964, una delle più importanti e complete retrospettive sul pittore bolognese realizzate negli ultimi decenni, celebra il rapporto elettivo fra l’artista e la città. È milanese la Galleria del Milione, con la quale l’artista in vita intrattenne un rapporto privilegiato, e molti dei suoi primi grandi collezionisti erano lombardi o comunque vivevano nel capoluogo meneghino. Parliamo di personalità del calibro di Vitali, Feroldi, De Angeli, Jesi, Boschi di Stefano e Vismara, per citarne qualcuna.
Il percorso, che segue un criterio cronologico, inizia naturalmente con le prime, rare, opere giovanili. Possiamo notare il fascino esercitato dalle avanguardie sul giovane Morandi che, pur non essendo mai stato a Parigi, attraverso libri e riviste riuscì a far sue le innovazioni stilistiche d’oltralpe, a partire dalle sintesi di Cézanne fino ad arrivare al cubismo e la nuova prospettiva svelata da Picasso. Appartengono a questo periodo opere squisitamente acerbe come Paesaggio invernale (1913) o Autoritratto (1914); in quest’ultima tela l’artista si ritrae di tre quarti e a mezzo busto in un’inquadratura dall’alto e ravvicinata, all’età di 24 anni. Sono evidenti le influenze cézanniane e cubiste: nelle pose e nelle tonalità cromatiche adoperate, l’opera in questione ci ricorda infatti quel famoso ritratto di Gertrude Stein, realizzato da Pablo Picasso nel 1906, un dipinto che Morandi aveva visto solo in foto, e mai dal vivo.
Un unicum nell’opera morandiana è il trittico delle Bagnanti, tre opere che il nostro dedica a questo particolare soggetto. Nel dipinto centrale del 1915 vediamo quattro figure femminili, nude, longilinee, che si mostrano allo spettatore, mentre lo sfondo, una fitta foresta di alberi, sembra pian piano avvolgerle. Come nelle opere di Cézanne, figure e paesaggio hanno lo stesso rilievo plastico, mentre la ridotta gamma cromatica rimanda ancora ad un’estetica cubista. Nei due più tardi acquerelli del 1918, dipinti alla fine della Grande Guerra, è evidente un chiaro cambio stilistico. In entrambi un nudo femminile è intento a raccogliere frutti da un albero: nel più piccolo, a sinistra del grande dipinto del 1915, vediamo l’utilizzo di tonalità sobrie, sull’ocra e il terra di Siena; nell’acquerello a destra si possono individuare le prime influenze rinascimentali: dalla composizione più formale, si avvicendano nello spazio pittorico forme più nitide e precise, gli accordi cromatici sono invece mutuati dalla pittura italiana del tardo Quattrocento. D’ora in avanti Morandi non dipingerà più la figura umana a causa della sua difficoltà a spogliarla di connotazioni.
Dopo le esperienze d’avanguardia, e in sintonia con il clima di ritorno all’ordine in Europa, l’artista si accosta al movimento Valori plastici, movimento che intendeva promuovere un’arte che riprendesse la tradizione classica come valore, prediligendo impostazioni chiare e sobrie. Un perfetto esempio di questo periodo è l’opera I fiori del 1920, dipinto dalla forte impronta rinascimentale le cui tonalità morbide rimandano inoltre agli iconici fiori della Maestà di Giotto agli Uffizi.
Assieme alle nature morte, anche i paesaggi saranno un tema ricorrente nella produzione dell’artista, il quale renderà questi due soggetti parte preponderante della sua cifra stilistica; ciò si evince chiaramente dall’enorme quantità di opere come queste, che, fin dalle prime sale, ci accompagnano lungo tutta la mostra. Tra i paesaggi raccontati dalle pennellate del pittore quello che, a sua detta, è «il più bello del mondo» è la magnifica vista sulle campagne di Grizzana, oggi – proprio in onore del pittore – Grizzana Morandi, un piccolo comune italiano della provincia bolognese. Scriverà Morandi a proposito di questa località: «Il più bel paesaggio del mondo (lo so io qual è) è andando verso Grizzana. A un certo punto (c’è una curva e lì) quando si esce dalla curva c’è il più bel paesaggio del mondo. Ma cosa si vede? Tutti calanchi». Queste le sue parole. Per meglio rendere il concetto il maestro bolognese dedicherà a questo panorama un magnifico dipinto, Paesaggio (1942), realizzato per il suo caro amico nonché noto critico d’arte, antifascista e fondatore del Partito d’Azione, Carlo Ludovico Ragghianti.
La mostra raccoglie circa 120 opere scandite lungo il percorso espositivo, grazie alle quali è possibile riconoscere come ognuna di esse abbia influenzato gli altri lavori in una coerente direzione espressiva. Cinquant’anni di attività, dal 1913 al 1963, da ripercorrere lungo le 34 sezioni che, con accostamenti mirati e inediti, documentano l’evoluzione stilistica del pittore bolognese, attraverso prestiti eccezionali da rinomate istituzioni pubbliche, come gli Uffizi o la Pinacoteca di Brera, e prestigiose collezioni private. Inaugurata a Palazzo Reale lo scorso 5 ottobre, Morandi 1890 – 1964, promossa dal Comune di Milano | Cultura e prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, sarà aperta al pubblico fino al 4 febbraio 2024.
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