Marina Abramović, l’artista presente

Marina Abramović, l’artista presente

Marina Abramović, l’artista presente

L’artista serba Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) è conosciuta nel mondo per le sue performance artistiche il cui tema principale è sempre stato il suo rapporto con lo spettatore, parte integrante del proprio spettacolo. Uno dei suoi ultimi lavori, The Artist is Present (2010), definisce in maniera totale cosa intendiamo: l’artista per un totale di 736 ore è rimasta seduta al Museum of Modern Art di New York, fissando negli occhi gli spettatori che ad uno ad uno si potevano sedere ad un tavolo davanti a lei. Un’esperienza ala quale ha partecipato anche Lady Gaga. «Questa esecuzione mi ha cambiato completamente la vita» affermerà poi la Abramović.

The Space In Between è il suo ultimissimo lavoro: uscito nei cinema lo scorso ottobre, si tratta di un documentario relativo all’esperienza spirituale di Marina Abramović in Brasile. La diffusione della pellicola è stata immediatamente successiva alle dichiarazioni controverse dell’artista per quanto riguarda l’impossibilità di conciliare la creazione di una famiglia con la creazione artistica, convinzione che l’ha portata a praticare diversi aborti. Tutto questo ha fatto molto parlare di lei aprendo l’ennesimo dibattito, ma l’artista sembra non esserne stata toccata.

La performance forse più conosciuta della Abramović è Rhythm 0tenutasi a Napoli nel 1974. L’artista e gli spettatori si trovavano in una stanza, lei completamente immobile e seduta, loro in piedi e con 72 oggetti a disposizione che potevano utilizzare in qualsiasi maniera. In poche ore, ovviamente, la situazione è degenerata fino a quando un uomo non ha impugnato una pistola carica.

L’arte contemporanea è anche questa? Il dibattito è sempre aperto: arte o non arte? Una domanda senza senso: perché serve una definizione? Il bello dell’arte è proprio questo: ogni cosa può essere arte, come ci ha insegnato Marcel Duchamp un centinaio d’anni fa. I limiti devono essere cancellati, altrimenti resteremo sempre all’interno di schemi prefissati lontani dall’obiettivo finale dell’arte. Le opere di Maurizio Cattelan (come per esempio il cavallo appeso in una stanza al Museo di Arte Contemporanea di Rivoli, intitolato Novecento) o di Jeff Koons (come il Dog Ball Orange) per esempio, possono anche non piacere, ma sicuramente creano una reazione, sia essa di disgusto, di piacere o di indifferenza. Anche l’indifferenza è una reazione. Anche il non provare nulla davanti ad una delle loro opere è una reazione.

Rhythm 0

Dovremmo preoccuparci di meno su che cosa sia arte e cosa no, ma semplicemente fare e seguire ciò che ci piace. Nella nostra testa è arte? Allora lo è. I primi ad esserne convinti dobbiamo essere noi stessi, altrimenti nessuno prenderà sul serio le nostre considerazioni, magari in contrapposizione a quelle della critica ufficiale: tutto deve essere messo in discussione, pure l’arte.
Io stesso, sostenitore dell’arte in ogni sua espressione, talvolta faccio fatica ad immaginare un letto disfatto (My Bed di Tracey Enin) come un’opera, il mio gusto, però, non può essere il metro di paragone su che cosa sia arte o meno. Il nostro pensare di essere il fulcro del mondo è errato e ha causato svariati danni nella storia della nostra umanità. Anche nell’arte è così.

Marina Abramović può piacere o meno, ma è un’artista. Perché? L’artista è colui che si spoglia delle proprie difese personali e le offre al pubblico. L’artista è colui che decide di cancellare ogni limite e darsi in pasto al pubblico. È colui che cancella il concetto di “mio” e pensa al plurale (no, non come il Mago Otelma, quella è un’altra definizione). Vi stupisce? Vi lascia indifferenti? Anche questa è arte.

Lorenzo Allamprese per MIfacciodiCultura

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