È la sua prima volta a Milano e viene subito da aggiungere: finalmente! Dopo tante mostre di spicco andate in scena nel capoluogo lombardo e, in particolare, nella sede di Palazzo Reale, approda oggi un ampio e inedito progetto espositivo dedicato al grande pittore Doménikos Theotokópoulos, noto ai più come El Greco (Creta, 1541 – Toledo, 1614), sotto il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e a cura di Juan Antonio García Castro, Palma Martínez – Burgos García e Thomas Clement Salomon, con il coordinamento scientifico di Mila Ortiz. Un pittore visionario, unico nel suo genere, un autentico maestro che ha sconvolto la sua generazione e continua a sconvolgere anche oggi, con il suo tratto vibrante, spesso dissacrante, che riesce a penetrare fin dentro l’anima di chi lo osserva. E ora anche Milano rende merito al maestro cretese, con un progetto espositivo che presenta oltre quaranta opere e vanta prestigiosi prestiti internazionali: un’occasione unica per scoprire l’opera dell’artista alla luce delle ultime ricerche sul suo lavoro.
La mostra, dal titolo – sic et simplicer – El Greco, è il frutto di una profonda e innovativa riflessione storico-critica, i cui punti di forza sono costituiti dall’attenta riconsiderazione dell’impatto dei modelli italiani nella formazione dell’artista e dall’interpretazione dell’ultimo periodo toledano in termini di consapevole recupero di un’impostazione compositiva in senso lato bizantina. Il percorso espositivo è articolato in sezioni pensate in modo da tenere costantemente a fuoco il rapporto dell’artista con i luoghi in cui ha vissuto e al contempo offrire ai visitatori con immediatezza una precisa ricostruzione storico-biografica. Parallelamente, una serie di stringenti confronti con la grande pittura romana e veneziana farà emergere il potente tema del labirinto, a sottolineare come la vita di El Greco sia stata una sorta di immenso romanzo di formazione ambientato tra le capitali culturali del Mediterraneo.
Certo, per gli amanti del pittore di Creta, visitando la mostra di Palazzo Reale non si ha lo stesso effetto travolgente – al limite della Stendhal – che si ottiene entrando nelle sale del Museo Prado dedicate a El Greco. Ma l’evento milanese offre comunque un contributo notevole per approfondire la storia e l’opera dell’artista, godendone appieno il valore. Oltre a riscoprirne alcuni tratti, ancora sconosciuti ai più, grazie al grande lavoro di ricerca che è dietro all’esposizione.
La mostra, più in dettaglio, prende le mosse dal dato biografico per proporre un nuovo sguardo sull’opera di questo artista controverso, ma sicuramente straordinario. Riprendendo il mito di Arianna, il labirinto funge da metafora per approfondire l’evoluzione artistica, tematica e tecnica che El Greco sviluppa partendo dal suo viaggio vitale attraverso le città del Mediterraneo. La mostra porta l’attenzione sull’influenza che i grandi artisti italiani, tra cui Michelangelo, Parmigianino, Correggio, Tiziano, Tintoretto, i Bassano – scelti a modello e dei quali El Greco non abbandonò mai gli insegnamenti – ebbero nella sua pratica artistica e in particolare nella sua versione del Manierismo.
Per la realizzazione di questo progetto espositivo, alcuni grandi musei internazionali hanno concesso il prestito di autentici capolavori, tra i quali i celebri San Martino e il mendicante e l Laocoonte della National Gallery di Washington, il Ritratto di Jeronimo De Cevallos del Museo del Prado, le due Annunciazioni del Museo Thyssen-Bornemisza, il San Giovanni e San Francesco delle Gallerie degli Uffizi. La mostra vanta inoltre la presenza di opere straordinarie provenienti da istituzioni ecclesiastiche che per la prima volta arrivano in Italia, quali il Martirio di San Sebastiano della Cattedrale di Palencia, l’Espulsione dei mercanti dal tempio della Chiesa di San Ginés di Madrid e l’Incoronazione della Vergine di Illescas.
Il percorso espositivo è comporto da cinque momenti fondamentali, pensati come aree tematiche: la prima sezione, intitolata Il bivio, affronta gli esordi del pittore nel circolo della produzione cretese di icone e il suo successivo apprendistato a Venezia e poi a Roma. Una tappa decisiva in cui diventa definitivamente pittore alla latina abbandonando la “maniera greca” propria dei madonnari.
La seconda, Dialoghi con l’Italia, espone una serie di opere realizzate da El Greco sotto il diretto influsso dei pittori italiani da lui ammirati per l’uso del colore e della luce, come avvenne per Tiziano e i Bassano, o per la maestria della figura nel caso di Michelangelo. Qui le opere di El Greco e quelle dei suoi “maestri” dialogano in una cornice unica.
Nella terza, Dipingendo la santità, la mostra approfondisce la prima fase del lavoro di El Greco a Toledo come pittore di scene religiose e dipinti devozionali. Una volta in Spagna, l’artista si confronta con la legge del mercato dell’arte vigente all’epoca nella città di Toledo e con il contesto della Controriforma. In queste circostanze realizza un’enorme mole di lavoro come pittore di scene religiose e dipinti devozionali, attraverso i quali dà corpo a un’empatia fino ad allora sconosciuta, adatta a una clientela eterogenea, unendo grandi commissioni ad altre di natura anonima.
La quarta sezione, L’icona, di nuovo, illustra come l’artista torni, nell’ultima fase della propria esistenza, a richiamarsi al sistema compositivo delle icone della sua natia Creta, sviluppando una produzione caratterizzata da un approccio diretto, frontale, senza nulla che distolga la devozione. Si tratta di lavori di profonda introspezione, in cui si indaga a fondo la potenzialità espressiva dei gesti. Conclude la mostra una sezione in cui si rende omaggio all’unica opera mitologica realizzata da El Greco, El Greco nel Labirinto, capolavoro tardivo e geniale, pieno di messaggi che ancora oggi rimangono non completamente interpretati.
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