«Morire non è nulla; non vivere è spaventoso» – Omaggio a Victor Hugo

«Morire non è nulla; non vivere è spaventoso» – Omaggio a Victor Hugo

Se volete rendervi conto di quello che è la rivoluzione, chiamatela Progresso; ma se volete rendervi conto di quello che significa progresso, chiamatelo Domani; ora, il Domani compie irresistibilmente l’opera sua, e la comincia oggi, arrivando sempre al suo scopo, nei modi più strani.

I miserabili

«Morire non è nulla; non vivere è spaventoso» - Omaggio a Victor Hugo
Cosette – illustrazione di Emile Bayard

Avete presente il detto “è meglio fare una cosa sola e farla bene che farne tante e farle tutte male”? Di solito è quanto di più vero si possa affermare, salvo eccezioni. In questo caso l’eccezione più grande è rappresentata da Victor Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio 1885). Poeta lirico, drammaturgo, uomo politico, scrittore, spaziò dal romanzo storico e sociale alla satira politica, ottenendo successo e consensi in tutta Europa.

Nato il 26 febbraio 1802, visse i primi anni della sua vita tra Parigi, Napoli e la Spagna, sempre in movimento a causa della carriera militare del padre. Nel 1813 i suoi genitori si separarono e Hugo si stabilì definitivamente a Parigi con la madre e i fratelli. Dopo un primo tentativo nato per assecondare le volontà del padre che lo voleva studente al Politecnico, Victor Hugo abbandonò gli studi scientifici per intraprendere la carriera letteraria. A soli 20 anni sposò la sua amica d’infanzia Adèle Foucher, dalla quale ebbe cinque figli segnati da un triste destino: il primogenito Léopold morì tre mesi dopo la nascita, Léopoldine annegò durante una gita in barca a soli 19 anni, Charles morì di ictus a 44 anni, François–Victor fu stroncato da tubercolosi a 45 anni. L’ultima figlia, Adèle, fu l’unica sopravvissuta al padre, ma passò molti anni della sua vita in manicomio a causa di un amore non corrisposto che alterò irrimediabilmente il suo stato mentale. Nonostante gli episodi drammatici della sua vita, Hugo scelse di distinguersi dai poeti malinconici dell’epoca: sfruttò invece i lutti e le difficoltà per accrescere la sua esperienza e cogliere le infinite sfaccettature dell’animo umano.

Il 1827 sancì una svolta nella storia della letteratura: Victor Hugo pubblicò il dramma storico Cromwell, nella cui prefazione espose le sue teorie sul teatro e sulla letteratura, teorie in antitesi con le convenzioni classiche. Le nuove regole letterarie descritte in Cromwell vennero messe in pratica dallo scrittore nel dramma Hernani del 1830: l’uscita del romanzo diede origine ad una nuova discussione tra antichi e moderni – la bataille d’Hernani – e segnò l’inizio del Romanticismo in Francia e di un periodo di forte produttività per Hugo.

Nel 1848 entrò a far parte dell’Assemblea Costituente, ma il colpo di stato del 1851 che portò al potere Napoleone III lo costrinse all’esilio: si rifugiò prima a Bruxelles, poi a Guernesey dove rimase fino al 1870, rifiutando l’amnistia proclamata dall’imperatore. Negli anni dell’esilio la figura di Victor Hugo venne idealizzata e l’interesse per il lavoro dello scrittore si amplificò. Riprese la sua produzione letteraria incentrandola sulla satira politica e sulle raccolte di poemi. In questi anni vide la luce una delle più grandi opere di tutti i tempi: nel 1862 scrisse infatti I miserabili, romanzo storico-sociale che racconta 20 anni di vita degli strati più bassi del popolo della Parigi post Restaurazione.

Con la caduta di Napoleone III e l’instaurazione della Terza Repubblica, Victor Hugo rientrò in patria accolto da una folla entusiasta. La sua abitazione tornò ad essere luogo d’incontro per i letterati dell’epoca fino al 1878, quando fu colpito da congestione cerebrale. Lo scrittore morì il 22 maggio 1885 a Parigi e fu sepolto al Pantheon di Parigi, dove oltre tre milioni di persone resero omaggio alla salma.

la libertà che guida il popolo
Eugène Delacroix – La Libertà che guida il popolo (1830)

Victor Hugo è stato un uomo brillante ed eclettico, un grande pensatore dotato di un’intelligenza fuori dal comune. Di lui ho letto due sole opere – troppo poco per potermi anche solo lontanamente definire una conoscitrice del personaggio – ma mi sento di poter affermare che quello che più colpisce della sua produzione è la forza delle emozioni. I sentimenti provati dai suoi personaggi ci entrano nella pelle fino a coinvolgerci tanto da sentirci parte di quella stessa storia, dimenticandoci la dimensione alla quale apparteniamo. La forte contestualizzazione storica, il racconto di episodi realmente accaduti, rendono difficile credere che non ci si stia affezionando a persone realmente esistite  – poi in fondo, chi può negare che sulle barricate abbia combattuto uno studente come Marius o che sia esistita una prostituta come Fantine?

È anche questo il merito di Victor Hugo (attenzione: merito, non successo).

Sia detto alla sfuggita, il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini.

I miserabili

Federica Caricilli per MIfacciodiCultura

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