Oliver Stone: «Ritroviamo il senso dell’umorismo»

Oliver Stone: «Ritroviamo il senso dell’umorismo»

Ischia Film Festival 2021: Oliver StoneIschia Film Festival 2021: Oliver StoneIschia Film Festival 2021: Oliver StoneIschia Film Festival 2021: Oliver StoneIschia Film Festival 2021: Oliver StoneIschia Film Festival 2021: Oliver Stone

A Oliver Stone non è mai interessato cavalcare l’onda del consenso e della notorietà facile. Ce lo ha dimostrato negli anni Ottanta, quando ha scelto di affrontare coraggiosamente un tema, quello della guerra del Vietnam, che il cinema aveva sempre addolcito per allinearsi alla propaganda governativa, e ancora di più nel 2017, quando ha deciso di realizzare un documentario di quattro ore su Vladimir Putin dissezionandolo come una rana da laboratorio, cercando di andare oltre la superficie per poi inimicarsi buona parte della critica statunitense che non aveva idea se considerare il suo esperimento come un punto massimo dell’informazione libera o come il corpo del reato di alto tradimento. La cosa bella di Stone rimane, comunque, aver raggiunto un’età (74 anni) e uno status symbol (2 Oscar, 4 Golden Globe, un Leone e un Orso d’Argento, un Bafta, due Indipendent Spirit Awards e chi più ne ha più ne metta) che gli permettono di dire quello che pensa senza preoccuparsi del giudizio degli altri, che sia della stampa o dei colleghi.

A Stone interessa solo il benestare di un pubblico che, da successi come Platoon, Wall Street e Nato il quattro di luglio, non lo ha mai tradito e, anzi, continua a tributare il suo genio e il suo sguardo lucido sul mondo. In questi giorni è l’ospite d’onore della diciottesima edizione dell’Ischia Film Festival, uno dei primi eventi cinematografici a tornare in presenza dopo la pandemia, mentre il 3 luglio farà una capatina a Monte Ciocci per la proiezione speciale di JFK – Un caso ancora aperto, il film del 1991 con Kevin Costner e Kevin Bacon. e subito dopo al Festival di Cannes, dove proporrà JFK Revisited: Through the Looking Glass, il documentario con narratori i premi Oscar Whoopi Goldberg e Donald Sutherland che gli permetterà di affrontare ancora una volta l’assassinio di John F. Kennedy. A Stone, che raggiungiamo per telefono mentre si trova a Ischia, rivedere i suoi film non dispiace affatto («È una cosa che mi diverte»), anche se ammette che, molto spesso, vorrebbe tornare indietro per cambiare qualcosa di quello che ha scritto e girato: «Mi è capitato tante volte di pensare di voler cambiare delle cose, ma la verità è che non si può tornare indietro» spiega con tono un po’ fatalista, tutt’altro che rassegnato.

Ricevere premi e onorificenze oggi per lui non è una seccatura o un peso dal quale sgravarsi: l’importante è l’atteggiamento. «Ricevere tanti premi è un po’ come collezionare macchine: se ne hai 50 nel garage, è possibile che qualcuno pensi che sei un presuntuoso. Ogni volta che ne ricevo uno, penso all’incontro con il pubblico e all’onore che mi concede: è un’energia che mi ricarica e di cui sono molto grato. È bello vivere in un mondo reale in cui la gente crede in te, e a Ischia, in questi giorni, sento proprio questo». Nei mesi caldi della pandemia a Oliver Stone è stato chiesto molte volte su dove andrà il cinema e, ora che la sala sembra aver trovato un nuovo equilibrio, la sua posizione non sembra cambiata: «A Hollywood è cambiato tutto. Non so dove andremo, ma posso dirle che vedo tante differenze sia nella distribuzione che nei budget. Penso che dovremmo investire di più sulla sala e concentrarci sulla qualità affinché il pubblico, andando al cinema, trovi qualcosa di più rispetto a quello che vede in televisione».

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Un’altra questione spinosa sulla quale Stone non riesce a non tacere, anche per via delle critiche mossegli per The Putin Interviews e per Snowden, il suo ultimo lungometraggio, è il cosiddetto «politicamente corretto» che, specie in America, sta dando vita a un dibattito sempre più acceso sulle rappresentazioni, su cosa può o non può essere considerato offensivo o lecito, incluso un bacio «non consensuale» a una principessa Disney: «Penso che la troppa sensibilità in America stia portando a una censura su YouTube, Facebook e Twitter, e che questo sia sbagliato. Abbiamo perso il senso dell’umorismo e la volontà di divertirci. Ormai dobbiamo stare tutti molto attenti a quello che diciamo, siamo spaventati di condividere i nostri pensieri per paura di sbagliare, e non è una cosa che ci fa bene». Stone, che negli ultimi vent’anni ha vissuto momenti di alti e bassi tra rehab, droghe e alcol, le questioni preferisce affrontarle sempre di petto, ed è questa una delle doti più preziose che lo rende il professionista che è.

(Foto in apertura di Lucia De Luise)

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