Parchi dell’arte in Italia #1: Fiumara

Parchi dell’arte in Italia #1: Fiumara

Negli anni Ottanta si assiste un po’ in tutto il mondo occidentale (e in parte orientale) alla proliferazione di parchi di sculture. Le ragioni sono da rintracciare in un nuovo approccio degli artisti nei confronti della natura che affonda le sue radici negli ultimi anni Sessanta (a partire dal movimento della Land Art).
Fiumara d’Arte è un caso del tutto particolare poiché, oltre a rientrare teoricamente in questa riflessione tra arte e natura/paesaggio, può essere ricondotto anche alle esperienze più strettamente collegate all’arte pubblica.
Fiumara d’Arte è un progetto fortemente incentrato sulla generosità, la tenacia e la volontà del suo fondatore Antonio Presti che lo ha concepito nel 1983 quando, alla morte del padre, trovatosi a sostituirlo alla guida dell’azienda di calcestruzzo di proprietà della sua famiglia, il giovanissimo Presti decide di realizzare un’opera in memoria del genitore scomparso sul greto del fiume Tusa. Il progetto viene commissionato a Pietro Consagra (1920-2005), già intervenuto a Gibellina Nuova. L’artista realizza La materia poteva non esserci, una scultura astratta a due facce sovrapposte (una bianca e una nera) fatte di pieni e di vuoti che si erge per 18 metri tra le montagne e il mare. Racconta l’artista nel 1986 (anno di realizzazione dell’opera): «Da tempo sono in polemica con l’architettura alienante, fatta di moduli e di numeri, che trionfa nelle città contemporanee. Con i miei grandi oggetti, con strutture curve e aperte, invito ad un percorso spirituale, ad un’armoniosa integrazione tra uomo e natura». Insieme a quest’opera nasce anche l’idea del museo a cielo aperto, realizzato a spese del committente e da donare alla comunità tutta, destinata così a godere della bellezza della ricchezza dell’arte. Questa idea si scontra ben presto con un lungo iter giudiziario avviato dalla Soprintendenza di Messina nei confronti del generoso progetto di Presti. Questa serie di controversie legali si risolveranno purtroppo solo in tempi recenti, nel 2005, quando a seguito di numerosi procedimenti, ricorsi, appelli da parte del mondo della cultura italiano, dopo 25 anni di logoranti battaglie viene riconosciuto il Parco di Fiumara d’Arte.

Pietro Consagra, La Materia poteva non esserci

Nonostante le vicende giudiziarie il progetto del parco prosegue e nel 1988 viene inaugurata l’opera di Paolo Schiavocampo (1927), Una curva gettata alle spalle del tempo, posta sulla strada che porta a Castel di Lucio. La scultura si trova in prossimità di un tornante e all’incrocio tra due strade, la vecchia e la nuova (ecco quindi entrare in gioco la componente temporale), e riproduce verticalmente la curva presente sulla strada che «viene mossa dal vento che sale dal mare».
L’anno seguente (1989) vengono realizzati il Labirinto di Arianna di Italo Lanfredini (nato nel 1948) e Energie mediterranea di Antonio di Palma (nato in Canada nel 1963), opere selezionate nell’ambito di un concorso indetto da Presti e rivolto ai giovani artisti. Il primo è un labirinto percorribile, circolare e concentrico in cemento (colorato come fosse terracotta) a cui si accede attraverso un imponente portale che è ingresso e uscita al tempo stesso, a ricordare quasi un percorso di purificazione e rinascita dalla madre terra. La seconda è invece una scultura monumentale, un’onda blu in cemento armato che si adagia poeticamente nella natura affacciandosi verso il mare e collegandolo idealmente alle montagne.

Labirinto di Arianna – Italo Lanfredini

Nel 1989 vengono poi inaugurati gli interventi di Tano Festa (1938-1988), Monumento per un poeta morto (noto anche come Finestra sul mare) dedicato al fratello dell’artista Francesco Lo Savio, e di Hidetoshi Nagasawa (1940-2018) dal titolo Stanza di barca d’oro, sul torrente Romei.
Nel primo caso si tratta di un’opera imponente e spettacolare realizzata sulla spiaggia di Villa Margi (comune di Reitano) che inquadra il mare in una cornice in cemento armato gigantesca in memoria di quella finestra cui Festa ha lavorato per molta parte la sua ricerca visiva. Questa cornice azzurra su cui sono dipinte delle nuvolette pop (altro elemento ricorrente nella pratica dell’artista) ci induce a gettare uno sguardo sull’infinito, interrotto solo (quasi come un monito) dal monolite scuro che attraversa e trapassa la base dell’opera indirizzando lo sguardo.

Stanza di Barca d’oro – Hidetoshi Nagasawa con Antonio Presti

Nel caso invece della Stanza di barca d’oro, come racconta Presti, l’opera «si nutre del valore di essere invisibile […] poiché il suo valore e il suo potere era la rinuncia». Si tratta infatti di un ambiente ipogeo rivestito di lastre di metallo e scavato dentro a una montagna ai margini del torrente, all’interno del quale si trova la sagoma di una barca ricoperta in foglia oro, che sembra pendere dal soffitto e al cui centro si trova una colonna di marmo rosso. L’intenzione di artista e committente è quella di chiudere l’opera per 100 anni dopo averla inaugurata, nelle volontà proprio di compiere un «atto di rinuncia politica al sistema di quell’apparire e di quel consumo anche rispetto all’arte».
Sempre nel 1989 viene completata anche Arethusa, opera decorativa astratta in ceramica dipinta sulle facciate esterne della caserma carabinieri di Castel di Lucio, realizzata dal ben noto artista Piero Dorazio (1927-2005) e dal pittore Graziano Marini (1957).

Arethusa – Piero Dorazio e Graziano Marini

Due anni dopo, nel 1991, Antonio Presti apre a Castel di Tusa il suo Atelier sul Mare, un albergo le cui stanze sono state progettate (su commissione dello stesso Presti) da alcuni tra gli artisti più interessanti della contemporaneità come: Ceroli, Dorazio, Icaro, Nagasawa, Mochetti, Lai, Plessi e Staccioli (tra gli altri). Alloggiare in queste stanze, ognuna diversa per concezione, rappresenta un’esperienza unica di contatto intimo e personale con l’arte. Nello stesso anno viene realizzato il Muro della vita da una serie di artisti ceramisti che, sulla parete in cemento che costeggia la strada provinciale tra Castel di Lucio e Mistretta appongono le proprie formelle in terracotta. Ancora nel 1991 la Fiumara d’Arte organizza nel comune di Pettineo un evento che coinvolge molti artisti che realizzano diversi dipinti (per un totale di 100 metri di tela) che vengono poi distribuiti tra gli abitanti del luogo perché li custodiscano nelle loro case in quello che viene definito Museo domestico.

Rito della Luce – La piramide 38mo parallelo di Mauro Staccioli

L’ultima opera a oggi installata a Fiumara d’Arte nel territorio comunale di Motta d’Affermo (realizzata in circa due anni di lavori e ultimata nel 2010) è il 38° parallelo – Piramide di Mauro Staccioli (1937-2018), tra le sculture più imponenti e di maggiore impatto. L’opera site-specific ha una connessione molto evidente già nel titolo. «L’idea di base è quella di offrire uno spazio dove cercare se stessi e le ragioni della nostra esistenza […] Non è un luogo religioso ma è un luogo che può favorire quella religiosità che ogni essere umano porta con sé», racconta l’artista stesso. Uno dei lati della piramide/non-piramide posta in corrispondenza del 38° parallelo appunto, presenta una fessura attraverso la quale il sole, nel momento esatto del tramonto del solstizio d’estate fa penetrare un raggio proveniente da occidente. Si tratta di un tetraedro cavo in acciaio corten di circa 30 metri di altezza, al cui interno sono state posizionate a spirale (simbolo dell’infinito) le pietre di origine marina rinvenute durante gli scavi per le fondazioni. La Piramide viene inoltre ogni anno attivata attraverso il rito collettivo e performativo della luce, organizzato dalla Fondazione Fiumara d’Arte in occasione del solstizio d’estate.
Oggi la collaborazione tra la Fondazione Fiumara d’Arte e l’Università di Messina ha aperto una nuova fase del parco, che ha portato a un nuovo bando per artisti (chiuso a inizio marzo 2021) attraverso il quale è prevista, nel corso dell’anno, la realizzazione di tredici nuove installazioni temporanee che potranno poi essere ricollocate altrove, attraverso un’operazione di rifunzionalizzazione supportata anche dall’ausilio dalle nuove tecnologie.

Angela Maderna è Borsista di ricerca presso l’Università di Messina

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