È una «e» rovesciata e potrebbe essere la soluzione a una questione linguistica che diventa questione di diritti. Non è un’invenzione è un simbolo che esiste in fonetica ed è usato da sempre per definire la pronuncia di alcune vocali in diverse lingue.
Non cercatela sulla tastiera del computer, non c’è, ma è fra i simboli nei programmi di scrittura. Si chiama «schwa» e andrebbe a cancellare gli asterischi o la chiocciola che alcuni usano per non utilizzare il maschile o il femminile per aggettivi, sostantivi, pronomi senza inclusività nei confronti di chi non si riconosce in uno dei due generi. Non è in gioco l’abolizione dei generi, ma si punta a lasciare uno spazio aperto a chi non si riconosce nel femminile o nel maschile.
Per la linguista Vera Gheno la soluzione più efficace è lo «schwa» perché ha una pronuncia, cosa che non ha l’asterisco, e quindi non avrebbe valore solo per la forma scritta, ma anche per l’orale. In una intervista, riportata da SkyTg24, ha spiegato che «lo schwa, dal punto di vista semantico, può funzionare come genere indistinto, perché indica un suono che sta al centro del rettangolo delle vocali, quindi è neutro come pronuncia: la vocale media per eccellenza. Per questo, mi sembrava particolarmente adatto a indicare un genere indistinto».
Il suono è quello della u di survive in inglese, ma anche di about, e di alcune pronunce di vocali di alcuni dialetti dell’Italia centrale. Il termine viene dall’ebraico medievale e c’è chi lo collega alla parola ebraica shav, che significa «niente», altri lo associano al significato di «uguale». Definisce anche il simbolo dei due puntini che indicano una vocale brevissima o l’assenza di una vocale nell’ebraico biblico. Il simbolo è stato indicato da un linguista tedesco proprio per le vocali brevi.
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