Il 7 marzo 2024 ha inaugurato, negli spazi ibridi dell’Osservatorio di Fondazione Prada, a Milano, New Society, la prima personale di Miranda July. Curata da Mia Locks, la mostra è un’ampia retrospettiva sul lavoro della regista, scrittrice, attrice e artista statunitense. Visitabile fino al 14 ottobre 2024, si appropria di un luogo che si presta all’immersività: privato, intimo, permette la narrazione di antologie visive importanti; è situato in una sorta di alcova all’interno della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, in cui sperimentare e produrre esposizioni che affrontano e mettono in discussione l’articolato sistema di canoni su cui la nostra società è fondata: politici, economici, estetici e sociali.
Appare ancora più evidente un discorso fondato sulla critica del contesto: costruisce nuovi spazi di significato tra vulnerabilità e violenza, abuso e libertà. Se la struttura è il contesto che determina l’agire degli individui e il loro comportamento, la riflessione dell’artista appare sovvertire questa lunga e corposa matrice filosofica elaborando un’anarchia visuale che vede il ruolo della donna come stimolo fondamentale alla modificazione radicale dell’ordine sociale: quale è il ruolo del potere? E la sua azione violenta, dove si inserisce?
Al primo piano dell’Osservatorio, sono presentate le tracce delle performance di July appartenenti a periodi diversi, dalla scena punk alla contemporaneità, come Love Diamond (1998-2000), The Swan Tool (2000-2003), Things We Don’t Understand and Definitely Are Not Going to Talk About (2006-2007) e New Society (2015). Accostate con oggetti di scena e documenti d’archivio, mostrano la profonda connessione tra il ruolo della donna in una società patriarcale e la volontà anarchica propria del punk. Sovvertire l’ordine, radicalizzare la presenza dell’essere umano sul pianeta, svelare perversioni è l’obiettivo di questo ciclo di opere di July. Con sarcasmo, l’artista mostra il retaggio patriarcale non con una vera e propria militanza ma con l’accorgimento di mostrare le architetture in cui siamo immersi, le strutture che si modificano determinando i nostri comportamenti.
All’ultimo piano, i progetti collaborativi. A partire da F.A.M.I.L.Y. (Falling apart meanwhile I love you) (2024), esito di una collaborazione tra Miranda July e sette performer, I’m the President, Baby (2018) e Services (2020) serie in cui soggetti diversi entrano in relazione per indagare le dinamiche di potere tra artista, spettatore e opera d’arte. Ritratti intimi di frammenti di vita quotidiana, che terminano con l’esperimento di Learning to Love You More (2000-2007), progetto online in collaborazione con Harrell Fletcher, in cui il pubblico viene coinvolto nella realizzazione di specifici compiti.
July non arriva ad un post-strutturalismo, ma rimane all’interno di una matrice primordiale in cui si interroga sul ruolo effettivo della libertà. Il contesto è sempre un essere dialettico. Impiegando tecnologie diverse e costruendo narrazioni intermediari, la mostra esplora il nostro rapporto con la comunicazione e la connessione. Camaleontica, interpreta ruoli differenti lasciando lo spettatore incredulo di fronte alla scena a cui sta assistendo. Realtà e finzione, artificio e imitazione, bulimia concettuale e ipertrofia si alternano nella trasformazione dell’artista: impermanente, mutevole, cerca di fornire delle coordinate da cui poi si muove incessantemente senza un punto di riferimento stabile.
Seppur a tratti didascalica, Miranda July è un’interprete geniale di ciò che ci circonda. La sua originalità risiede nello spettacolarizzare l’intimo, aprire al pubblico, evidenziare una visione. Sembra voler marcare una certa fluidità nella sua presenza camaleontica. In un certo qual modo, la fluidità è profondamente connessa alla transitorietà e alla difficoltà stessa del risiedere in confini precisi come quelli delle strutture.
Alain Ehrenberg approfondiva la fatica di essere sé stessi (Einaudi, 2010), una tematica a cui l’artista sembra essere vicina. Se, per lo psicanalista, l’impossibilità di rispondere ad uno standard si manifesta nella condizione depressiva, per July è sintomo di una sofferente condizione esistenziale in cui l’individuo non può imporre sé stesso per via di un sistema in cui la libertà viene costantemente minata. Queste anarchie visive, confusioni precise e metodiche, ibridazioni complesse ma immediate, ci mostrano il pericolo del libero arbitrio: l’arte non può esprimere né il significato profondo delle cose, né la libertà, ma può porsi come metodo di analisi per far emergere quelle dimensioni sopite del reale che non sono analizzate e perseguite.
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