Anche se il film Tre piani è nato ben prima della pandemia, la chiave di lettura che ne offre il regista e attore Nanni Moretti si sposa alla perfezione con le paure e le chiusure che l’emergenza Covid-19 ha innescato nel mondo intero. È anche per questo che l’unico film italiano in concorso al 74° Festival di Cannes (6-17 luglio 2021) ha generato undici minuti d’applausi. Senza contare che la serata della prima coincideva esattamente con la finale di Coppa Uefa che poi l’Italia ha vinto contro l’Inghilterra. Una concomitanza di fattori e d’intrecci del destino che hanno reso il momento del trionfo in sala persino più indimenticabile, almeno quanto la spaccatura della critica nei confronti dell’opera. Il pubblico italiano potrà prendere una posizione il 23 settembre, data dell’arrivo nelle sale della Penisola.

La trama

In un condominio s’intrecciano le storie di tre famiglie, ciascuna delle quali occupa uno dei “tre piani” di cui parla il titolo. Ogni dimensione domestica comprende attriti, incomprensioni e difficoltà di relazione. Ecco perché non si tratta solo di una divisione di spazi fisici ma anche di dimensioni mentali, basandosi sulle distinzioni di Freud in Es, Io e Super Io, interpretati rispettivamente da Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher e Nanni Moretti.

Dietro la facciata perbenista di questo palazzo si celano infatti lotte fratricide e ossessioni genitoriali messe in scena da un cast corale ricchissimo, che include, tra gli altri Margherita Buy (che il regista ha ribattezzato “la Meryl Streep italiana”), Adriano Giannini, Alessandro Sperduti e Denise Tantucci.

Ecco i cinque motivi per cui il film è piaciuto tanto sulla Croisette, spiegati dallo stesso Nanni Moretti in conferenza stampa:

UNO. IL ROMANZO DI ESHKOL NEVO

Se per la prima volta in 13 film Nanni Moretti non ha scelto un suo soggetto originale il merito va al romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo (Neri Pozza Editore): “Più il tempo passa e più mi piace fare questo lavoro, ma la passione non basta, serve attenzione per i dettagli. Più il tempo passa e più mi piace lavorare, ma sono meno capace di capire il perché di certe scelte. Questo libro affronta tematiche universali: la colpa, la giustizia, la responsabilità di essere genitori. È talmente denso che non volevo protagonismi esibiti in nessun aspetto (recitazione, regia, musica, montaggio, sceneggiatura e neppure arredamento). Un lavoro di qualità, insomma, ma non autocompiaciuto. Ho cercato una recitazione realistica e autentica, ma non naturalistica o spontanea”.

DUE. IL MARCHIO DI FABBRICA “MORETTI”

“Per i primi 45 anni di carriera – spiega il regista – ho considerato i miei film come capitoli diversi di un unico romanzo”. In questo adattamento però c’è comunque lo zampino dell’autore che ha trasportato le pagine sullo schermo con qualche sostanziale differenza: “Tre piani ha una struttura diversa dal romanzo, che racconta tre storie separate dove i personaggi non s’incontrano. Noi le abbiamo intrecciate in un certo lasso temporale, rivedendo i tre piani a distanza di cinque anni gli uni dagli altri. La storia è talmente densa che non permette transizioni, sono quasi tutte scene madri”.

TRE. LETTERA D’AMORE AL CINEMA

“Il film è stato fermo oltre un anno (sarebbe dovuto essere in concorso al Festival di Cannes 2020, che poi non si è mai svolto, ndr) ma – precisa Moretti – ho detto al produttore Domenico Procacci di aspettare la riapertura delle sale. Gli ho chiesto di non dirmi quanto offre Amazon o Disney o Netflix per il film: “Non lo voglio sapere, nascondimelo per favore”. Per me la sala è indispensabile non solo come autore o esercente, perché ho un cinema a Roma, ma come spettatore. Non so stare senza andare a vedere in sala il film degli altri, ho la stessa voglia di 40-50 anni fa”.

QUATTRO. MENO HUMOR, PIU’ DRAMMA

A differenza dei lavori precedenti, stavolta Moretti ha deciso un cambio di rotta, escludendo la solita vena umoristica che lo contraddistingue: “Non c’era posto per l’ironia e mi sembrava che stonasse, pur non pensando a questo come un film drammatico credo che sia doloroso ma resta un inno alla vita, soprattutto grazie ai personaggi femminili. Gli uomini restano ostinati, ancorati alle loro fragilità, convinti di stare dalla parte giusta, come dimostra anche il mio giudice nella durezza verso il figlio”.

CINQUE. UN TOCCO DI SPERANZA

Il film ha aggiunto una scena finale che nel libro non è presente: “Negli ultimi anni ci siamo rinchiusi nelle nostre singole vite, nei nostri appartamenti, nei nostri tre piani. Il ballo in strada – conclude Moretti – rappresenta un’importante apertura verso l’esterno da parte degli inquilini del palazzo. E da parte mia viene smascherata la bugia per cui possiamo fare a meno degli altri e possiamo non sentirci parte di una comunità”.