Ufficio Resurrezione Parole Smarrite

Ufficio Resurrezione Parole Smarrite

Quante sono le parole di cui spesso dimentichiamo l’esistenza o che nemmeno conosciamo? Tante. La lingua italiana è così ricca, precisa e carica di storia che è complesso averne piena consapevolezza, ma non impossibile.

Sabrina D’Alessandro, artista visiva e studiosa del linguaggio ha trovato un modo efficace per custodire le nostre parole meno utilizzate, anche quelle più arcaiche: si chiama Ufficio Resurrezione Parole Smarrite ed è nato nel 2009. Un luogo che custodisce il tesoro nascosto della lingua italiana e che Sabrina D’Alessandro porta nelle scuole da diversi anni, dove organizza laboratori per bambini con l’obiettivo di dare nuova vita alle parole e trasformarle in opere d’arte.

Da questo, è nato Accendipensieri (in uscita per Rizzoli), un libro d’artista che raccoglie il lavoro fatto con i bambini nell’arco di 9 anni, per trasmettere anche ai più piccoli la bellezza e l’importanza delle parole.

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Com’è nata l’idea dell’Ufficio Resurrezione Parole Smarrite? 
«Ho una passione per le parole fin da bambina. Con il tempo ho preso l’abitudine di registrare i vocaboli che non volevo dimenticare, creando una collezione che tengo tutt’ora aggiornata. Molti sono talmente arcaici da risultare praticamente defunti, ma contengono una forza espressiva straordinaria, che li rende vivi. Spinta dall’altra mia passione, le arti visive, ho cominciato a produrre dei veri e propri ritratti di queste parole, finché, nel 2008, mi sono licenziate dal lavoro di art director in un’agenzia di comunicazione per dedicarmi totalmente alla mia ricerca». 

Qual è l’obiettivo?
«L’idea di fondo è stata quella di dare alle parole un peso e una dimensione fisica, di “oggettificarle” in modo da renderle più ingombranti e meno volatili (meno dimenticabili?). Ho poi continuato trasformandole in installazioni, video, performance, esposizioni tematiche. Da qui è nato l’Ufficio Resurrezione, un modo per ridare vita non solo alle parole in sé, ma anche la loro capacità di leggere la realtà in modo diverso». 

Come si identificano le parole smarrite?
«Per parole smarrite intendo parole poco usate e conosciute, quindi smarrite nell’uso “benché utilissime alla vita sulla terra”, come recita il manifesto dell’Ufficio Resurrezione. L’utilità di certe parole sta nel fatto che ci permettono di cogliere sfumature che altrimenti non vedremmo. Si tratta spesso di parole antiche, ma ancora attuali, che sanno raccontare l’umanità in modo lucido e disarmante, ribaltando la nostra tendenza a prenderci troppo sul serio. Altra bellezza e utilità delle parole sta nel loro suono e nel loro modo di far risuonare la realtà e dunque, in alcuni casi, di agire sulla sua percezione».

 E le imparavolate?
«Le parole imparavolate sono parole che, letteralmente, “parlano molto”. Dunque, per me, tutte quelle su cui lavoro con l’Ufficio Resurrezione. Ho intitolato la sezione dell’Urps dedicata ai bambini Dipartimento Parole Imparavolate per la sonorità allegra ed evocativa di questa parola. In ogni caso tutti i vocaboli su cui ho scelto di lavorare con i bambini sono particolarmente visionari, dunque più facili da rappresentare (il bullo può chiamarsi squassapennacchi, la persona distratta è un nubìvago, quella indolente, uno sbucciafatiche). Anche i neologismi inventati insieme ai bambini hanno la stessa caratteristica,  portano a immaginare. Il guastasole è una nuvola grigia, il calzaletto una calza gigante in cui dormire comodi, l’accendipensieri un accendino che accende lampadine mentali…».

Perché è importante resuscitare le parole? 
«Uno dei principi fondanti dell’Urps è che la ricchezza del linguaggio significa ricchezza dell’immaginario. Come insegnano Wittgenstein, Orwell, De Amicis e tanti altri, più parole significano più idee. Per resuscitarle non occorre per forza tradurle in arte visiva come fa l’Urps, non mi aspetto nemmeno che queste parole rientrino nell’uso quotidiano. L’importante è poter trasmettere l’idea che le parole sono il suono che diamo alle cose del mondo e i colori con cui lo dipingiamo e che un lessico impoverito può portare a una visione più piatta della realtà».

Quali sono le reazioni dei bambini all’Urps?
«Per i bambini soprattutto ho notato che l’esistenza dell’Urps è suggestiva perché trasmette l’idea che le parole sono importanti, al punto da meritare dei monumenti nelle piazze. Rappresentarle con il disegno è un modo per ricordarle e per comprenderle entrando in una dimensione sinestetica, che mette in gioco anche la facoltà di formare immagini. Senza dimenticare la parte letteraria, che sta nell’imparare a definirle attraverso altre parole, come in un dizionario».

A quali parole resuscitate è più legata? 
«Ce ne sono davvero molte. Dunque direi redamazione, il sentimento reciproco e corrisposto, per cui si ama e si è redamati».

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