Il 23 dicembre, Family Jewels è arrivato al suo secondo appuntamento al Giardino Liberato di Materdei, a Napoli. Il gruppo di artisti si è affacciato sulla scena napoletana allestendo in questo spazio opere ed esperienze, spinti da esigenze comunicative e dalla ricerca di spazi altri dai circuiti ufficiali, spesso respingenti. Il risultato sembrava già una boccata d’aria fresca e tale si riconferma.
Abbiamo chiesto alla pittrice Chiara Panunzio come è nata l’idea del progetto e la risposta è stata lapidaria: «Dalla fame e dal bisogno di produrre ed esporre al di fuori di un sistema dell’arte autocelebrativo». Family Jewels riunisce diversi artisti emergenti, come Roberto Salernitano, Marta Del Zanna, Akele Castellano, Serena Pisano, Matteo Magnoni, Gaetano Ippolito, Tommaso Eloquente, Egidio Salzano, Cellophanee, Tricatiempo, Fabiana Vai, Lorenzo Mirra, Francesco Tardio, Carlo Dati e Vittorio D’Antonio e la stessa Panunzio, ispirati dall’estetica del grottesco, dalla poesia romantica e, in alcuni casi, da un ricercato gusto storico-artistico.
È il caso di Vittorio D’Antonio nelle cui incisioni e acqueforti l’arte impegnata e il gusto manierista si fondono. Ne è un esempio Lacrime di coccodrillo, dove l’iconografia del Cristo deposto si concretizza nell’immagine dell’immigrato, e, ancora, nell’incisione Perle ai porci, dove la composizione dei soggetti rimanda alla Nuova Oggettività tedesca di Georg Baselitz e Otto Dix.
Chiara Panunzio realizza un live painting di una Maja desnuda dal titolo Basta chiamare il pifferaio magico. Ma sono i ritratti che colpiscono più di tutti, come Il prato del vicino e In dolce attesa, i cui oli dai toni accesi e vivaci ci ricordano del linguaggio dei Fauves francesi.
Akele Castellano ricrea una sala operatoria per un intervento su una conchiglia. L’ambiente, completamente spoglio, è occupato unicamente da una scritta sul muro retrostante al tavolo operatorio, che riproduce la voce della conchiglia con le parole di Francesco Tardio (autore della coinvolgente e intimistica performance al piano sottostante). Si tratta di un invito al visitatore a prendere parte all’operazione e quindi all’atto creativo, muovendosi nello spazio ed emettendo suoni. Si conclude poi con la provocatoria finestra aperta, che lascia all’osservatore una domanda: vivere una vita attiva, creativa, rumorosa oppure attraversare quella finestra?
È seguita la performance musicale di Marta Del Zanna, Fabiana Vai e Lorenzo Mirra in contemporanea alle proiezioni cinematografiche d’essai curate da Carlo Dati (Cinema Liberato). In conclusione Family Jewels è un piccolo angolo di sperimentazione, brutalità e potenziale finalmente espresso.
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L’articolo Una brutalità finemente espressa, la mostra di Family Jewels a Napoli proviene da exibart.com.