«Dove vive la moda?» se lo chiedeva la copertina di Vogue Italia nel luglio 1998 e ai tempi la risposta era evidente poiché quel sistema creativo e produttivo aveva raggiunto allora forse il punto più alto della sua parabola. Dove viva la moda oggi è invece una questione meno ovvia: per questo Vogue Italia ha deciso di provare a rispondere nel nuovo numero in edicola dal 5 febbraio.
A un anno esatto dallo scoppio della pandemia, la redazione del magazine è infatti andata a cercare i luoghi e le storie di chi oggi continua a credere nel futuro di un settore che ha attraversato mesi di enormi difficoltà, che hanno visto accelerare trasformazioni già in atto e nascere nuove promettenti idee. Il risultato è un percorso che non racconta tanto il gesto creativo, ma piuttosto il momento in cui gli abiti hanno già preso forma, e allora si rappresentano, e poi incontrano il giudizio del pubblico.
Si parla quindi di sfilate, oggetto di una profonda trasformazione e smaterializzazione, del boom dei fashion video, di nuovi inattesi spazi digitali destinati a molti (come il business di outfit per videogame) oppure a pochi (il boom delle micro-community), di negozi che hanno per definizione il polso delle priorità dei consumatori, di nuove prospettive geografiche. Soprattutto si parla della strada: il luogo in cui e per il quale la moda è nata.
Eccezionalmente, nell’ampio portfolio di moda di questo numero non ci sono modelle né immagini prodotte da fotografi professionisti. È stato chiesto infatti a venticinque stylist, tra i più rilevanti del mondo, di scegliere e scattare loro stessi persone comuni che secondo loro incarnano lo stile del momento. Ci sono quindi sorelle, madri, figlie, amiche di vecchia data, regine della notte, sconosciute incontrate per caso sulla spiaggia, artisti, musicisti, direttori creativi, producer. Poi ancora: registe, giovanissime attrici, underground rapper, fotografe e milanesi di nascita o adozione, tutte tra i 20 e i 30 anni. Tutte persone con un proprio radicato senso dello stile, reale e autentico.
Come le due protagoniste delle copertine, due giovanissime ragazze milanesi che sognano un futuro nella moda: Lavinia, 23 anni, stagista presso Vogue Italia, e Meron, 27 anni, junior account presso Giorgio Armani.
«Per quanto ne so, è la prima volta che un numero di Vogue viene realizzato senza il contributo di fotografi professionisti e senza modelle: un piccolo esperimento che punta a rappresentare la realtà in presa diretta, con il minor numero di filtri possibili», scrive nel suo editoriale il direttore Emanuele Farneti. «E in una strada di Milano, a pochi metri dal nostro ufficio, sono state scattate le copertine. Celebrano, semplicemente, il sogno di due ragazze che credono a tal punto nel futuro della moda da progettare di farne un lavoro. Sono convinto che in un mondo in cui quello che conta è in fondo solo il talento delle persone e la capacità di rinnovarsi, nessun indicatore valga più dell’entusiasmo di chi ha appena cominciato».
«Piuttosto che per alimentare la fantasia della moda, questa volta abbiamo usato le nostre pagine per alimentare il sogno della sua realtà», dice Ferdinando Verderi Creative Director di Vogue Italia. «Abbiamo creato un portfolio di immagini senza mediazioni che collegano in modo diretto la nostra community di stylist alle loro muse: a ciascuno è stato chiesto di fotografare una persona che sia per loro fonte d’ispirazione per assemblare e comporre una rappresentazione sincera e senza filtri di quello che è davvero la moda. Il risultato è una serie di ritratti onesti e diretti che porta sulle pagine di Vogue Italia la tradizione della fotografia street style: questa volta si racconta degli abiti, di chi li indossa, e nient’altro. Dalle nostre vite alla rivista, e di nuovo alle nostre vite».