Dettagli e curiosità della collezione più scandalosa di Yves Saint Laurent presentata nel 1971, quella che sconvolse Parigi: The Scandal Collection
La moda con un significato. La moda che fa pensare. La moda che vuole shockare, o scandalizzare. È tutto questo – o molto di più – Yves Saint Laurent, lo stilista che ha sempre osato con le sue creazioni, senza pensare troppo alle reazioni del pubblico parigino, anche quando era a capo di Christian Dior. Se un giubbotto di pelle nera, stampa coccodrillo, gli costò il posto di lavoro in Avenue Montaigne, allo stesso tempo, la sua audacia gli valse l’eternità sotto il suo stesso nome.
La sua prima apparizione come solista è nel 1962, in una Parigi pacata e immersa nel glamour femminile fatto di tessuti tagliati a corolla e cappellini in coordinato. I primi anni di questo decennio, in realtà, sono un fermento di nuove idee: arte, cinema, musica e moda si contaminano con la strada e le subculture. A intuire la genialità di Yves è Diana Vreeland di Vogue America che rimane estasiata al numero 30 bis di rue Spontini “Lo stile di Saint Laurent è perfettamente al passo coi tempi: elegante ma con quel frisson che dona un’allure tanto sofisticata quanto originale. La sua creatività è paragonabile a una spugna: quello che vede lo interpreta con originalità, esplorando nuove strade”.
A creare sgomento, shockare e scandalizzare è un’altra collezione quella presentata il 29 Gennaio del 1971, per presentare la collezione haute couture primavera estate. Alison Adburgham del Guardian la definisce un “tour de force del cattivo gusto”. Stroncata o, forse, non capita, quel defilé non passa l’esame parigino. Ma cosa vedono le signore dell’epoca?
Giovani ragazze con trucco pesante – labbra rossa e matita dal forte tratto – che le fa sembrare più vecchie, indossano vestiti disconnessi tra di loro e dal tempo moderno, un métissage di materiali e fantasie, elementi che combinati tra loro ricordano lo stile dell’amica di Yves Saint Laurent, Paloma Picasso: giacche dalle spalle larghe che ricordano i tagli da uomo, bluse di crepe de chine, vestiti con piccole maniche a sbuffo e scollature a “V”, pellicce colorate artificialmente, lunghezze al ginocchio, scarpe con importanti plateau e fiori finti.
La stampa francese attacca lo stilista perché rivive in quei capi e accessori i giorni della Seconda Guerra Mondiale. “Questa moda non ha niente a che vedere con l’eleganza. Inizialmente si pensava a una delle solite gag dello stilista, poi abbiamo capito che non era così: questi eccessi sono voluti, tristi e demoralizzanti“, scrive la giornalista Aline Mosby.
È una giovane Anjelica Huston ad essere fotografata da Bob Richardson per Vogue Italia, nel Giugno del 1971 (foto di copertina), con indosso la collezione più scandalosa di Yves Saint Laurent: drappeggi importanti, fiori di plastica, nodi di paillettes e maniche arricciate fanno capolino sulla rivista patinata mentre l’attrice fuma una sigaretta con bocchino. La sfilata del 1971 è scandalosa perché fa rivivere il passato, l’orrore dell’occupazione nazista: la stampa vede un futuro decadente in quelle allusioni al passato, la creatività non stupisce per cose nuove ma per qualcosa di già visto (o vissuto). A tutti gli effetti rappresenta il primo look vintage della storia della moda. Ecco che la sua capacità di previsione risiede in uno dei suoi più grandi insuccessi che, a 50 anni di distanza, ci sembra più contemporaneo che mai.