
Anche al lettore più distratto non sarà probabilmente sfuggito che tra il lasso di tempo in cui sono stati elaborati gli scritti in questione è di 81 anni: chi è addentro anche solo alla lontana al lavoro e alla figura di questo personaggio, che è stato uno degli intellettuali più insigni, chiari ed importanti del secolo breve, sa già che Gillo Dorfles è nato a Trieste il 12 aprile del 1910, per cui oggi si è spento a Milano, città dove viveva da molti anni, all’età di anni 107, di cui appunto un’ottantina abbondante spesi nella critica d’arte, nella pittura in prima persona e nella filosofia. Una figura di spicco della cultura italiana che grazie allo straordinario tempo passato su questa Terra ha potuto osservare con lucidità i mutamenti e gli stravolgimenti del XX secolo, testimone preziosissimo di quel secolo breve che ha cambiato non solo l’arte ma anche l’essere umani, approdando al 2000 completamente rinnovato.
Nel frattempo, iniziata quella che alla fine sarà una produzione smisurata di scritti di natura varia e struttura variegata (articoli, saggi e manifesti artistici), da un lato orienta la sua arte pittorica verso il misticismo, denotando una vicinanza più ai temi dominanti dell’area mitteleuropea che a quelli propri della pittura italiana anche grazie all’avvicinamento alle teorie di Rudolf Steiner e all’antroposofia, dall’altro fonda il Movimento per l’arte concreta.
Discorso tecnico delle arti (1952), Il divenire delle arti (1959), Nuovi riti, nuovi miti (1965), Il Kitsch (1968); La moda della moda (1984); Il feticcio quotidiano (1988); Horror pleni. La (in)civiltà del rumore (2008): dall’elenco dei lavori potremmo estrarre le soprastanti, solo però per avere un’idea dell’ampiezza del ragionamento dorflesiano. Ma nell’indagine di una vita Dorfles si è soffermato ad analizzare l’aspetto socio-antropologico dei fenomeni estetici e culturali, facendo ricorso anche agli strumenti della linguistica: si diletta a scrivere monografie di grandi autori, Bosch e Dürer, su tutti e già nel 1951 rintraccia tendenze barocche nell’arte moderna, coniando il concetto di neobarocco.
Come potrebbe, quindi, destare stupore l’elenco di riconoscimenti e lauree honoris causa: accademico onorario di Brera, Albertina di Torino, membro dell’Accademia del Disegno di Città del Messico, Fellow della World Academy of Art and Science, dottore honoris causa del Politecnico di Milano e dell’Università Autonoma di Città del Messico, l’Università di Palermo gli conferisce la laurea honoris causa in Architettura, riceve dall’Università di Cagliari la laurea honoris causa in Lingue moderne.
Ecco, a grandissime linee questo è il personaggio Gillo Dorfles, una mente che non ci vergogniamo di accostare ad Umberto Eco se non altro per il metodo e per la visione disillusa della modernità, in cui il rumore che aveva fatto oggetto di analisi viene sia del mezzo tecnologico che dalle persone a cui il mezzo stesso ha dato inconsultamente parola.
A meno che, non si voglia considerare che «Il kitsch? Per fortuna non tramonta mai. La vera opera d’arte esiste solo in contrapposizione a esso».
Vieri Peroncini per MIfacciodiCultura
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