Non colui che ignora l’alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l’analfabeta del futuro.
LISETTA CARMI (1924 – 2022)

Elisabetta Carmi, detta e conosciuta come Lisetta incarna, verbo utilizzato non a caso, lo stereotipo della genialità fatta a persona!
Nata a Genova da una famiglia borghese ebraica Lisetta impara a conoscere la cattiveria umana già a 14 anni quando, a causa delle Leggi Razziali, fu espulsa dalla scuola che frequentava.
Noi eravamo una famiglia laica, ma io sento moltissimo l’appartenenza al popolo ebraico: un popolo che ha sofferto, che ha sempre dovuto scappare, farsi accettare e che in fine hanno cercato di sterminare. Gli ebrei conoscono la sofferenza e credo di dovere al fatto di essere ebrea la comprensione che in tutta la vita ho avuto per chi soffre.
Lisetta Carmi
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Lisetta fu costretta a trasferirsi in Piemonte insieme al suo pinoforte, unico amico rimasto dopo lìespulsione scolastica e strumento che aveva iniziato a suonare all’età di 10 anni. Al piano Lisetta era considerata una bambina prodigio ed infatti durante la Guerra non furono poche le esibizioni da lei tenute. Studiò al conservatorio di Zurigo, in Svizzera e continuò a fare concerti fino in Germania ed in Israele, terra a lei molto cara e che sentiva indissolubilmente vicina alle sue radici ebraiche.
Nel 1960 infatti tornò in Israele per una lunga tournée che continuò poi in Italia e che si concluse resso il Centro siderurgico Oscar Sinigaglia dell’Italsider di Cornigliano e nelle Ferriere della Fiat a Torino.
Il 30 giugno 1960 decise di partecipare allo sciopero di protesta indetto dalla Camera del Lavoro di Genova contro la convocazione in città del sesto congresso del Movimento Sociale Italiano. Il disaccordo manifestato dal suo maestro, spaventato dalla possibilità che eventuali disordini potessero mettere a repentaglio la sua integrità fisica, compromettendo la sua carriera di pianista, la indusse a una reazione improvvisa e definitiva.

Ricordo benissimo di avergli risposto che se le mie mani erano più importanti del resto dell’umanità avrei smesso di suonare il pianoforte
Lisetta Carmi
Leggendo un po’ in giro di Lisetta Carmi una cosa è comune e chiara: Lisetta è stata una Donna dalle molteplici Vite, reincarnazioni se vogliamo, tutte però unite tra loro dai valori di solidarietà ed attivismo che hanno fatto di lei un’icona dell’Arte in generale e della Fotografia in particolare.
La “seconda vita” di Lisetta Carmi, come lei stessa definì gli anni successivi alla sua decisione di abbandonare l’attività concertistica, iniziò nel 1960 con il suo avvicinamento alla fotografia. Avvenne durante un viaggio con l’amico musicologo Leo Levi in Puglia, dove lo studioso intendeva registrare i canti della comunità ebraica di San Nicandro Garganico. Per l’occasione Lisetta acquistò la sua prima macchina fotografica, Agfa Silette con nove rullini, per riprendere le esperienze di quel viaggio.
Da qui ha inizio il periodo della maturità fotografica di Lisetta Carmi che, tornando a Genova riscuote innumerevoli successi grazie alle foto scattate. Impara così le tecniche di sviluppo, raccoglie i preziosi consigli del fotografo e regista Kurt Blum tra cui l’invito da lui ricevuto di “guardare sempre cosa c’è dietro” quello che si intende immortalare, diventerà la chiave del suo percorso da fotografa, durante il quale utilizzerà la fotografia come “strumento per la ricerca di verità”.
Il Comune di Genova assume Lisetta come fotografa per documentare i luoghi della città: l’anagrafe, gli ospedali Gaslini e Galliera, il centro storico e le fogne cittadine. Nel 1963 iniziò a frequentare la Galleria del Deposito, fondata dal Gruppo Cooperativo di Boccadasse, dove entrò in contatto con le avanguardie artistiche del momento.

Nel 1964 realizza il progetto Genova porto: monopoli e potere operaio realizzando un reportage sulle condizioni di lavoro dei camalli, iniziando concretamente ad unire l’impegno sociale alla fotografia. Documenta così la vita degli operai portuali costretti a lavorare in condizioni disumane. Documenta anche i cantieri dell’Italsider e indaga l’allora inesplorata scena queer genovese.
i travestiti mi hanno fatto capire che tutti abbiamo il diritto di decidere chi siamo
Lisetta Carmi
Nel capodanno del 1965, grazie all’amico Mauro Gasperini, Lisetta Carmi incontrò la comunità di travestiti che frequentavano l’antico ghetto ebraico di Genova, dalle parti di Via del Campo; una di loro, “la Morena”, ispirò l’omonima canzone di De Andrè. Sarà questo uno dei lavori più alti artisticamente di Lisetta! er la legge italiana, in quel tempo, travestirsi era un reato. Scrive Paolo Rosina nel libro di Carmi: “Per l’art. 85 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza TULPS (regio decreto 18 giugno 1931), un atto depenalizzato solo nel 1981, il mascheramento resta comunque un illecito amministrativo. Nel 1968 e 1969 per la Cassazione è reato presentarsi in pubblico travestiti da donna. Nel 1972 e 1974 la Cassazione respinge anche il riconoscimento del cambiamento di sesso. Nel 1975 si processa un chirurgo per attentato all’integrità fisica. Ma non è solo la polizia a censurare i travestiti. Anche per la psicanalisi i travestiti sono malati, uomini da curare”. Il reportage I travestiti esce nel 1972 ed è un tale scandalo che le librerie non lo espongono e lo vendono sottobanco.

Nell’ottobre 1966 viaggiò nei Paesi Bassi, dove fotografò i protagonisti del movimento di protesta dei Provos, seguirono poi di nuovo, e per l’ultima volta, Israele dopo la guerra dei sei giorni, a seguito della quale la stessa Lisetta definì Israele la “Terra dei due Popoli”, il Sud America, i conflitti di Belfast, l’Afghanistan, il Nepal e l’India.
Quest’ultima attraversò letteralmente l’animo di Lisetta Carmi al punto che lei stessa volle creare un ashram in Italia, un luogo di pace in cui potersi rifugiare corpo e anima. In India incontra il maestro yogi indiano Sri Babaji, che le predice: vivrai cinque vite. In quel momento ne ha già vissute tre, la quarta inizia di lì a poco. Dopo quella esperienza fonda a Cisternino un ashram, “un centro spirituale non religioso aperto a persone di tutti i credi dove non si fuma, non si beve alcol e si mangia vegetariano”. È la fine degli anni ’70 e sente di aver chiuso con la fotografia, ha trovato un altro centro di gravità. All’inizio è difficile, in Puglia in quel decennio non è facile trovare un’apertura al divino che non sia la religiosità già radicata.
La quinta vita, l’ultima, la vive tornando alla musica dopo l’incontro con un ex allievo di pianoforte, Paolo Ferrari, con cui nel 1995 inizia una ricerca filosofico-musicale. La musica tuttavia non l’aveva mai davvero lasciata: “Come nella musica, nelle mie foto c’è ritmo, il ritmo della musica che ho studiato per 35 anni”.
Sono convinta che se sai suonare uno strumento puoi fare qualunque cosa nella vita. Perché la musica ti dà un’anima. E la fotografia fu il corpo in cui la incarnai.
Lisetta Carmi
FONTI:
https://www.vogue.it/news/article/lisetta-carmi-libro-travestiti-fotografia
https://www.doppiozero.com/le-intimita-di-lisetta-carmi
https://www.ad-italia.it/gallery/lisetta-carmi-la-donna-che-visse-cinque-volte
https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a44194721/lisetta-carmi-vita
https://it.wikipedia.org/wiki/Lisetta_Carmi
https://www.doppiozero.com/lisetta-carmi-viaggio-in-israele-e-palestina