Diane Arbus – Orizzonti Antiborghesi

Diane Arbus – Orizzonti Antiborghesi

Quel che puoi fare con un saggio fotografico non puoi farlo con singole foto. In ogni racconto la forma è incredibilmente importante. Shakespeare non è famoso perché sapeva mettere insieme una bella frase, ma perché aveva grandi storie da raccontare con belle frasi. Aveva il contenuto. Naturalmente il linguaggio è decisivo per l’espressione perché infonde vita alla storia.

— PAUL FUSCO

Diane Arbus

Diane Nemerov nasce a New York da una ricchissima famiglia ebrea di origini russe, proprietaria della catena di supermercati Russek’s. A 14 anni si innamora di Allan Arbus, commesso di Russek’s e sebbene i genitori storcessero il naso verso questo amore Diane sposò Allan appena compiuti 18 anni.

Fu Allan a far “conoscere” la Fotografia a Diane, iniziando con una serie di foto pubblicitarie proprio per Russek’s. La buona riuscita del Lavoro dei coniugi Arbus spinse il padre di Diane ad invitarla a seguire dei corsi di footografia per migliorare le qualità che erano affiorate durante il lavoro col marito.

Con l’avvento della seconda guerra mondiale Allan si arruolò come fotografo acquisendo una notevole esperienza per lo più ritrattistica ed alla fine della guerra, nel ’47, gli sposi mettono su un loro Studio Fotografico: Diane & Allan Arbus.

Nel ’47 Diane studia con Berenice Abbot per un breve periodo di tempo, poi con Brodovich ed infine con Lisette Model dal ’56 al ’57, esperienza che cambiò radicalmente l’approccio alla Fotografia di Diane.

Finché non studiai con Lisette sognavo di far fotografie, ma non le facevo davvero. Lisette mi disse che dovevo divertirmi nel farlo

Diane Arbus

È proprio grazie all’esperienza con Lisette che Diane supera la sua timidezza e trova il coraggio di fotografare i soggetti che desidera. Il primo servizio pubblicato dalla coppia è del 1947, su Glamour. È un servizio sui pullover. Con Glamour lavoreranno spesso negli anni successivi, ma anche con le riviste Seventeen e Vogue.

Nel 1957 il padre di Diane, David Nemerov, lascia la presidenza dell’azienda di famiglia e da pensionato si dedica con un discreto successo commerciale alla pittura. Nel 1958 in una mostra vende quarantadue quadri a olio. Diane e Allan conoscono anche Robert Frank e la moglie Mary, nel 1958, nel pieno delle riprese di Pull my daisy; Allan, che ha sempre desiderato fare l’attore, ha una piccola parte nel film. Nel periodo fra il 1957 e il 1960 Diane scopre l’Hubert’s Museum, un “baraccone” situato all’angolo fra la 42ª e Broadway, dove si esibisce una serie di bizzarre figure che la Arbus fotograferà più volte negli anni. Più o meno in questo periodo il matrimonio di Diane e Allan va in crisi. I due si separano nel 1958, ma informano la famiglia di lei solo tre anni dopo. Diane e Allan divorziano undici anni dopo, nel 1969.

Diane conosce Emile De Antonio, distributore del film di Robert Frank Pull my daisy. Emile, detto “De” fa vedere alla Arbus Freaks, il film del 1932 di Tod Browning, già divenuto un cult movie. Visti i soggetti della Arbus è sicuramente uno dei film che maggiormente si avvicinano alla sua estetica al punto che, si dice, lo abbia visto e rivisto molteplici volte.

Un altro luogo in cui si ritrova spesso Diane Arbus a fare fotografie è il Club ’82, situato nella lower Manhattan e frequentato da una serie di figure molto particolari. Fra i primi soggetti fotografati dalla Arbus in questi anni si contano Miss Stormé de Larverie, la donna che si veste da uomo, e Moondog un gigante cieco con una grande barba e corna da Vichingo che passa otto ore al giorno fra la 50ª ovest e la Sixth Avenue.

Coi cosiddetti “freaks” la Arbus si è sempre sentita palesemente a proprio agio, tanto da aver intrattenuto relazioni amichevoli e sessuali con svariati soggetti delle sue foto, e a dispetto di molta critica sono evidenti l’empatia e la condivisione di un qualche senso di estraneità alla borghesia newyorkese. Ma di solito l’unico effettivo esponente dell’intelligencija cittadina era la Arbus.

Sentiva maturare un crescente senso di insofferenza verso quel mondo patinato, finto. Rifletteva la sensazione costante di essere cresciuta in un ambiente iperprotetto che non le aveva mai fatto provare una sola avversità

Vivevo in un costante senso di irrealtà, che potevo percepire solo come irrealtà. E la sensazione di essere immune, per quanto assurdo possa sembrare, era una sensazione dolorosa

Diane Arus

Diane Arbus non si limita a fotografare di sfuggita questi personaggi, ma instaura con loro un vero rapporto di amicizia, talvolta anche profondo e perfino d’Amore. Molti di loro vengono fotografati più volte nel corso degli anni, come accade all’uomo messicano affetto da nanismo Cha cha cha, nome d’arte di Lauro Morales, ritratto in una delle foto più famose della Arbus. Le prime foto dell’uomo sono del 1960, ed è ancora la Nikon 35 mm la macchina usata; fino a quella divenuta famosa del 1970 fatta con la Mamiya, una macchina medio formato. Anche molti dei protagonisti dell’Hubert’s Museum, il baraccone delle meraviglie nella 42ª strada, sono ritratti spesso dalla Arbus. Anche se inizialmente viene vista con sospetto dai soggetti, riesce spesso ad instaurare con le persone fotografate un rapporto di intimità, e ad essere accettata da loro.

Il 1962 è l’anno del passaggio alla Rollei, non senza qualche difficoltà iniziale. La Arbus sviluppa anche un nuovo filone di interesse, quello per i nudisti. Sempre nel 1962 Show pubblica le foto di Mae West della Arbus, che sembra però non siano piaciute molto alla diva. Le difficoltà con i soggetti ritratti per i lavori su commissione, che non gradiscono affatto il modo con cui la Arbus li ritrae, saranno una delle costanti del suo lavoro. Nel 1963 Diane Arbus vince la sua prima borsa di studio della Guggenheim. In questi anni frequenta il famoso fotografo di moda Richard Avedon. Fra il 1964 e il 1965 Diane Arbus è spesso in giro per New York a fare fotografie.

Nel 1965 il MOMA presenta tre fotografie della Arbus in una mostra dal titolo Acquisizioni recenti. L’anno prima le aveva acquistato sei immagini (più una in regalo). La reazione del pubblico non fu di indifferenza, e spesso le fotografie dovevano essere pulite dagli sputi dei visitatori.

Nel 1965 Diane tiene un corso di fotografia alla Parson school of design. Invece di far studiare l’arte sui libri la Arbus porta gli studenti a vedere le opere nei musei.

Come si evince dalle sue Fotografie Diane preferisce la conoscenza del soggetto, non per forza umano, alla macchinazione della luce. Questa inclinazione fa così di un Documento una Storia!

Nel 1970 prova la Pentax 6×7 di un suo amico fotografo, Hiro. Ne rimane entusiasta, le proporzioni sono circa le stesse delle lastre 8×10 dei banchi ottici usati nelle foto di moda. Inoltre la visione attraverso il mirino le ricorda quella di “una grande 35mm”. Per poterla acquistare organizza un corso di fotografia a cui partecipano 28 allievi, fra cui troviamo anche Eva Rubinstein, figlia del grande pianista Arthur Rubinstein, destinata a diventare anche lei una grande fotografa. La Arbus è ormai un mito fra i giovani fotografi. Nel 1970 Art Forum pubblica le sue foto, il che è molto insolito per un mensile che di solito si occupa di arte astratta. Nel 1970 Diane inizia a fotografare dei disabili in un istituto. Come suo solito non si tratta di una sola sessione fotografica, ma vi tornerà diverse volte. È la serie che diventerà nota dopo la sua morte con il titolo di Untitled.

La Arbus confiderà a Lisette Model di aver cambiato idea sui risultati ottenuti. Dice la Model: “Inizialmente ne era molto contenta, ma ora le sembrava di avere perso il controllo della situazione”. Fra gli ultimi soggetti della Arbus vi sono anche le prostitute e i clienti di alcuni bordelli sadomaso. Di questi lavori sono noti solo pochi scatti. Ormai la depressione di cui ha sempre sofferto si è fatta più grave, e la donna pare aver perso l’interesse per la fotografia.

Anche il crescente carico di responsabilità connesso al successo sembra contribuire a schiacciarla. Il 26 luglio 1971 si suicida, ingerendo una forte dose di barbiturici e tagliandosi i polsi nella vasca da bagno. La troveranno un paio di giorni dopo, con il corpo già in avanzato stato di decomposizione.

Diane Arbus con la sua opera è entrata nel’universo iconico del ventesimo secolo. La sua ribellione al linguaggio convenzionale della fotografia di moda dell’epoca l’ha portata nel territorio inesplorato degli ultimi. Ha reinventato una disciplina grazie alla trasgressione ad un insegnamento, liberando le sue ossessioni ha inventato un immaginario. Con intuito e tenacia ha viaggiato nei territori della soggettività creando uno stile inconfondibile.

Dalla critica Susan Sontag a Jonathan Lieberson, che nella New York Review of Books ha descritto le fotografie di Diane Arbus come «istantanee statiche e seducenti», «caste, ghiacciate, stilizzate», sono stati in tanti a insistere sulla distanza insuperabile dai suoi soggetti d’elezione data proprio dal suo status sociale, cosa di cui tra l’altro lei stessa era ben consapevole: durante una delle sue visite notturne alle tende del circo di Coney Island aveva confessato che le piaceva il brivido, quel «misto di vergogna e paura» degli spettacoli nei bassifondi.

Quello che infatti risulta probabilmente più disturbante nelle sue fotografie non riguarda tanto i soggetti ritratti, nemmeno quelli più estremi, quanto la natura stessa del suo sguardo. Le immagini asciutte e provocatorie di Diane Arbus, proprio perché catturate da qualcuno così smaccatamente estraneo ai margini che tanto le piacevano, rivelano tutta la natura “predatrice” e voyeuristica della fotografia e anche la piena accettazione di questo conflitto da parte sua: un «male» inevitabile che qualcuno deve pur fare e che rende anche noi spettatori in parte suoi complici – e ben felici di esserlo.


FONTI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Diane_Arbus

https://www.artnet.com/artists/diane-arbus/4

https://www.doppiozero.com/1923-2023-diane-arbus-mirare-al-cuore

https://www.elledecor.com/it/people/a22636096/diane-arbus-vita-opere

https://artscore.it/diane-arbus-occhi-istintivi-fotografia

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