La Fondazione Giuliani ospita fino al 31 marzo le opere di Elisa Montessori, La camera bianca, che ripercorre l’attività dell’artista dando risalto a opere su carta, disegni in grafite e un’inedita configurazione dei lavori in cellofan. Tra opacità e trasparenza, luci e ombre, astrazioni e figurazioni, la dualità e le dicotomie sono le protagoniste della mostra. D’altronde Elisa Montessori, nata a Genova nel 1931, ha sempre conservato un status di indipendenza dalle peculiari categorizzazioni del suo lavoro. Ma a che punto la luce, la trasparenza, e il bianco sono il contrario dell’opacità? Quanti punti di vista differenti esistono, quando si cammina fra le cose? Dove ci porta lo spostamento?


Opere che si distinguono tra opacità e trasparenze
Le opere di Elisa Montessori sono immagini simboliche incorporate in panorami astratti. Sono immagini complesse, codici visivi che avviano un insieme di concatenazione di associazioni, creando interconnessioni di idee relative al rapporto tra donne e natura, alla frammentazione del corpo, alla trasformazione e alla metamorfosi. Tra dicotomie e sdoppiamenti, l’osservatore si immerge nell’insieme delle immagini, percorrendo una stanza dopo l’altra, attraverso gli spazi della Fondazione lungo un percorso visivo che si trasforma, passando da una densa materialità a una dematerializzazione formale. L’artista ha pensato le sue opere negli spazi della Fondazione proprio come una camminata tra opposti, tra due concezioni mentali antitetiche: opacità e trasparenza.

Tra correlazioni metaforiche, relazioni e interconnessioni, che si uniscono, cambiano e si trasformano, Elisa Montessori non affronta mai un solo tema nel suo lavoro, ma lascia spazio all’osservatore, libero interprete, potenziale creatore di nuove visioni. Le opere, in questo modo, cambiano a seconda della propria lettura, lasciando lo spazio di trasformazione per ogni idea, ogni interpretazione, rendendo così il fruitore parte stessa dell’opera.


Elisa Montessori, una femminista d’assalto
Elisa Montessori, classe 1931, ha iniziato a fare mostre quando aveva meno di 20 anni. Si definisce una femminista d’assalto: attivista, si è denunciata, attaccava manifesti. La cosa che però ancora le risulta particolarmente difficile è parlare. Questo, spiega l’artista, glielo ha insegnato il femminismo: «Parlavo con forza, non con sicurezza. Il femminismo mi ha dato la consapevolezza che la mia situazione non era isolata, ma determinata da convenzioni e leggi sociali sbagliate».
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