How it works?
Cercare di capire come funziona l’occhio (umano) equivale a tentare di capire secondo quali logiche i parametri di scatto influenzano il risultato finale di una fotografia. Per approcciare a ciò dobbiamo conoscere
- Scoprire da quali parti è composto l’occhio umano
e quali funzioni “visive” hanno le singole parti - Quali nessi ci sono con la fotografia
tentando, dove possibile, di associare le parti dell’occhio a quelle di una macchina fotografica - Analizzare alcuni casi particolari
e creare un parallelismo tra occhio umano e macchina fotografica che ci aiuti a capire come le condizioni fisiche influenzino la creazione di un’immagine - Vedere la luce
ovvero definire e conoscere da cosa è composta la materia luminosa senza la quale risulta IMPOSSIBILE “vedere” e quindi scattare una fotografia nel dominio di quella che è a visione umana.
Per quanto strano possa sembrare quanto diremo di seguito l’abbiamo già studiato alle elementari ma, si sa, la memoria non è il nostro forte… ed infatti “salviamo” tutto su memorie artificiali, non a caso!
Sull’anatomia dell’occhio umano sono disponibili molte risorse in rete. Ne segnalo qualcuna che spiga, sicuramente meglio di quanto possa fare io, come funziona l’occhio umano.
Non tento di riassumere secoli di ricerca e studi scientifici ma pongo “l’obiettivo” sul definire, nel più semplice modo a me possibile, alcuni concetti chiave che a mio avviso bisognerebbe sempre tener presente quando si tiene tra le mani un apparecchio fotografico.
L’occhio umano, e con esso intendiamo un insieme di parti, è un sistema capace di trasformare LA LUCE IN INFORMAZIONI! Questa affermazione, così banale, implica alcune considerazioni altrettanto banali quanto necessarie:
- senza luce, oltre ad essere una canzone dei Dik Dik, non c’è visione cioè non si vede e cioè non è possibile correttamente interpretare informazioni oggettive attraverso sistema ottico.
- SENZA non è un concetto assoluto ma significa in assenza di una luce capace di essere interpretata dal sistema ottico.
- Affinché la luce “visibile” possa essere interpretata CORRETTAMENTE tutte le parti del sistema ottico devono essere aderenti ad un codice univoco. Diversamente l’interpretazione fallisce o addirittura non avviene.
La pupilla, protetta dalla cornea, è il foro dal quale entra la luce all’interno dell’occhio. In realtà, a protezione della pupilla c’è anche la palpebra ovvero il muscolo più veloce del nostro corpo, ma essa non contribuisce alla visione bensì esclusivamente alla protezione. La cornea, invece, rappresenta un primo strato di rifrazione attraverso cui la luce viene rifratta ovvero viene “modificata”. La pupilla, ovvero il foro attraverso cui entra la luce, è contenuto all’interno di un muscolo involontario chiamato iride. L’Iride oltre ad attribuire una particolare bellezza all’occhio, esso è infatti quella parte colorata che a noi piace tanto, modula l’ampiezza del foro di entrata della luce a seconda della sua quantità presente. Quando c’è tanta luce l’iride restringe la pupilla fino a chiuderla del tutto come nel caso di abbagliamento. Viceversa l’iride dilata totalmente la pupilla quando c’è poca luce o non ce n’è affatto, caso questo un po’ più difficile da spiegare a parole! Questo comportamento di “aggiustamento” dell’Iride e conseguentemente della pupilla viene chiamato accomodazione. L’accomodazione può essere più o meno lunga a seconda delle differenze di luce a cui si è sottoposti.
Di fatto l’Iride, in piccole frazioni di secondo, dilata o restringe la pupilla affinché all’interno dell’occhio entri “LA GIUSTA QUANTITÀ DI LUCE” per essere interpretata correttamente, trasformandola in immagine visiva. Paradossalmente quando l’iride si CONTRAE la pupilla si dilata (il foro su allarga) mentre quando l’iride si RILASSA la pupilla si contrae (ovvero il foro si restringe).
La “giusta” quantità di luce che entra nell’occhio attraverso la pupilla dopo l’accomodazione attraversa il cristallino ovvero una parte dell’occhio che ha il compito di far convergere in “un unico punto” la luce che è entrata attraverso la pupilla mettendo A FUOCO, cioè generando un pattern “interpretabile” e “nitido” dei raggi di luce sulla Retina. La retina, quindi, è la parte dell’occhio su cui si “forma” l’immagine o meglio su cui la luce assume una “forma” interpretabile come immagine visiva.
Un cavallo, un albero ed un paesaggio montano sono tre differenti condizioni di luce che attraversando cornea, pupilla e cristallino si compongono “esattamente” sulla retina generando un cavallo, un albero ed un paesaggio montano!
La composizione “esatta” è quella che ci permette di riconoscere un albero da un cavallo ma anche un Pino da un Abete così come due differenti aghi di Pino. Insomma più è riconoscibile il dettaglio più efficace sarà stato il lavoro del cristallino ovvero migliore sarà stata la MESSA A FUOCO della luce sulla Retina!
Come sempre mi dedico ad osservazioni banali ma fondamentali:
- distinguere due aghi di pino sulla scrivania è diverso dal distinguerli sul ramo. Non è questione di “difficoltà” ma di cambiamento di accomodazione del cristallino.
- Mettere a fuoco un particolare molto vicino all’occhio e diverso dal mettere a fuoco un particolare molto lontano dall’occhio.
- Nonostante la luce della nostra camera sia ottimale per leggere, stare al computer ed altre attività umane se questa viene accesa mentre stiamo dormendo o comunque dopo aver trascorso un po’ di tempo al buio la luce sarà accecante, quindi sarà impossibile “vedere” ovvero interpretare la luce che entra nell’occhio, finché non saranno terminate le accomodazioni di iride e cristallino. Stessa casa accade se passiamo dal sole forte della spiaggia al portone ombroso del palazzo: il buio sarà eccessivo per tutto il tempo delle accomodazioni dei muscoli oculari che influenzano l’iride ed il cristallino.
- Un errato funzionamento dell’iride comporta un’errata quantità di luce e quindi l’interpretazione della luce sarà errata o addirittura omessa nelle aree troppo chiare in caso di troppa luce o troppo scure in caso di troppa poca luce.
- Un errato funzionamento del cristallino genera un’immagine “sfuocata”, cioè non nitida, sulla retina e quindi l’interpretazione potrà essere errata o addirittura fallire nell’identificazione di dettagli più o meno “piccoli” dove per piccoli non si intende esclusivamente la grandezza fisica del dettaglio ma anche il tono di luce, il colore, la sfumatura o altro.