Stazioni

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E CHI L’AVREBBE MAI DETTO?

A volte un fine settimana può aprire la mente, ed il cuore e quello che c’è nel mezzo! Rivedere un amico dopo oltre 10 anni girare per casa “tua” e passare ore a parlare d’arte e cazzate, raccontarsi gli istanti memorabilmente felici ed i mesi tristi, ricordare le avventura trascorse e quelle che avresti invece voluto condividere è un tuffo nel vuoto più puro, in assenza assoluta di gravità!

La Stazione sancisce l’inizio e la fine, come da manuale nei racconti scolastici. Quando arriva le automazioni accompagnano il Piccolo Anarchico sulla terra ferma di un binario. Baci ed abbracci timidi e caldi, come quando si riabbraccia un sogno con la paura che troppa forza possa farlo svanire, e la mente non sa da dove cominciare ad imbastire il primo di milioni di discorsi! Al seguito il suo fratellino, nato durante la nostra amicizia, quel calciatore mancato di cui mi aveva tanto parlato, uguale all’altro fratello minore, figo come vuole il gene di famiglia ma stranamente timido, in esatta contrapposizione con la catena cromosomica della stirpe. Si va dal bar dell’antistress ed i fiumi di dittonghi e risate cominciano a sgorgare con sempre più fluidità e naturalezza! Apertitivo amichevole col caro BarMan che degnamente si unsice, in punta di piedi, a condire con discorsi ed aneddoti la ricca pietanza del tempo ormai alle spalle. Destinazione casa, cena e convenevoli col coinquilino buckolico che in trepida attesa aveva già sbirciato per più di cento volte aldilà della finestra in attesa di quell’amichevole apparizione. E’ giunta l’ora ed il coinquilino si congeda con la solita sprezzante flemma. Restiamo in tre in cucina, banda larga e quindi il quarto da lontano condivide sorsi e sorsi immortalati su un sensore che giace sul cavalletto, composizione perfetta di un reportage intitolato AMICIZIA! Il treno dell’alcool passa e ripassa nella stanza, tra fumi di tabacco e fragranze di aromi uniti all’etilico.

Poche ore ed il sole si materializza nel feroce squillo del telefono! Poco male… forse…. la cucina trasformata un una stazione vittima di uno stupro ad opera di un vampiro dalle sembianze di bottiglia andava quantomeno liberata dai relitti. Pranzo (o colazione… non ne sono ancora certo) e destinazione Clinica: avevo decisamente bisogno di un prelievo, una trasfusione di lavoro in cambio di beni. Il postamat mi omaggia di uno spazio occupato nella mia realtà di profonda provincia SUD! Ragazzi, signore, striscioni e sogni albergano in quello spazio fino a poco tempo fa abbandonato! Condivido qualcosa, poco… ma condivido appieno la voglia di fare e di cambiare qualcosa, non importa cosa ma cambiare è una cosa secondo me giusta ed anche igienicamente corretta! E lottare lo è altrettanto, e credere lo è ancora di più, specie se a farlo sono ragazzi, bambini e donne impegnate a preparare la pasta fatta a mano. Che bello ricredersi in un attimo sull’operosità delle nuove leve! Si parte per NA alla ricerca della Notizia e di un tetto: entrambi trovati, bellissimi ed accoglienti come peripatetiche in ghingheri per le serate d’amore! L’ansia svanisce e si vaga quasi all’infinito in cerca di una pizzeria in cui entrare senza dover attendere l’alba! A pochi passi il Party Ciclabile ci aspettava, come ci aveva consigliato un sorriso umano! Colti, cultura e colori ci hanno abbracciato e al ritmo di samba hanno mosso le molecole di luppolo che nei bicchieri si alternavano! Indescrivibile sensazione di aurea condivisione si masticava unita all’aria, digeribile e gustosa. Era forse psicotropa al punto da lasciar sfuggire confidenze al Piccolo Anarchico che ammetteva la possibilità e l’esistenza di dover a volte sottostare alle volontà altrui se l’Altrui è un simile! Si rientra, niente treni… son bastati quelli locali su cui eravamo saliti e scesi dalle 5 del pomeriggio! Arriva la Domenica, triste per l’inevitabile addio, l’addio tra fratelli e l’addio tra amici, un addio che durerà poco, una settimana, forse due o al massimo tre. Il Piccolo è di nuovo sul binario in attesa dell’automa che l’avrebbe fatto decollare verso la capitale ma il coinquilino sembra essere svanito nel nulla. Ierrore e tormento pervadono i miei sensi fino a che non si scopre che stava semplicemente parlando alle sue anime verdi. Un salto a casa, ripensando al meraviglioso tempo trascorso ed ai volti che avevano profuso speranze e gioie. Due bocconi e, quasi per nostalgia si va alla Stazione, l’ennesima, l’ultima per questa settimana! Nacchere e tammorre muovono foglie ed aria in questa periferia orfana dei colori che avrebbe meritato di avere. Equilibrio umano e forme e aliti di gioia si amalgamano e si intrecciano in danze che scuotono i sensi e le ossa, intrecci di gambe e mani scacciano via i demoni della noia e della banalità, ironizzando e deridendo il pregiudizio che soccombe ai bordi del binario morto. Ancora i giovani, giovanissimi, artefici di un futuro possibile e bello, ricco! Ricco della vita innegabile a chi viene al mondo, colmo e lucente della godurio di chi assiste e venera la fotosintesi come i diluvi, ovvio atteggiamento di chi è abituato a vivere all’ombra del Vulcano, cosciuente della misera ma stupenda essenza dell’Uomo al cospetto della Natura.

Ma la zavorra giunge quasi implacabile, tiranno a capo dell’intolleranza ellittica della minima conoscenza dell’essere. Dapprima un black-out ai sorrisi, misto a delusione e perchè no alla rabbia delle stelle, inutili fari su indegne presenze! Ma salpa in quel momento l’ennesima, forse la più forte, delle speranze che dipingono di sgargianti colori quei ragazzi: la volontà comune e condivisa di non rispondere con violenza alla violenza, ennesima conferma che, forse, il mio SUD sta finalmente cambiando!

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