Il bambino che amava la luce, l’artista concettuale James Turrell si è formato con un percorso di studi in belle arti, interessandosi di psicologia percettiva, matematica, storia dell’arte. Degli anni Sessanta – periodo in cui terminò i suoi studi – è la sperimentazione sulla luce al Mendota Hotel, un albergo dismesso che l’artista statunitense affittò in un quartiere residenziale di Los Angeles. Un edificio che fungeva da studio e spazio espositivo, laboratorio per una ricerca empirica. Figlio di un ingegnere aeronautico e appassionato esperto di volo, James Turrell ha rinunciato alla pittura, alla tela, al disegno, al movimento e al suono per materializzare il fenomeno più onnipresente e allo stesso tempo intangibile: la luce.
Turrell crea istallazioni luminose che attivano un’esperienza artistica di tipo sensoriale: con le sue opere non intende restituire uno sguardo sul mondo ma dar luogo a un’esplorazione in cui lo spettatore si ritrova a percepire la presenza fisica della luce, medium prediletto dell’artista. “In un certo modo la luce unisce il mondo spirituale con l’effimero mondo materiale”. Space Division Constructions è il nome di un gruppo di lavori cominciati nel ’76 che prevedono la coesistenza del “viewing space”, dove lo spettatore entra, e il “sensing space”, in cui si produce la luce. I due spazi interagiscono per creare una inquietante e ipnotica sensazione.
Di questi lavori fa parte Apertures, serie in cui una finestra a cornice nel muro divisorio delimita i due spazi. Lo spettatore ha bisogno di rimanere al buio per alcuni minuti prima di vedere apparire la luce monocromatica, rossa nel caso di Cherry (1998), istallazione che si trova oggi al Museo Picasso di Malaga. Come in altre opere di Turrell, in Cherry avviene l’imposizione del metafisico sull’ordinario e in questo l’artista statunitense si avvicina all’opera di Giorgio De Chirico. Ancor più evidente è la reminiscenza dell’opera di quei pionieri della pittura moderna che volevano ridurre l’arte agli elementi più basici: geometria, spazio e luce. Piet Mondrian, Ad Reinhardt e Kazimir Malevič hanno ispirato la ricerca dell’artista concettuale americano, vicino soprattutto al suprematista russo per una sintesi di riduzionismo e trascendenza.
Dai suoi inizi, l’attività artistica di James Turrell si è spinta oggi sino alla realizzazione di grandi progetti come quello del Roden Crater in Arizona, un portale nel per osservare la luce, il tempo e lo spazio. “Utilizzo la luce per esplorare il significato della percezione. Creo spazi che proiettano luce, che accendono la luce, però non faccio la luce. La luce è un tesoro, una fonte di bellezza e stupore. La paternità creativa non è rilevante, è come una sinfonia, come si fa a possedere una sinfonia?”
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