È una delle immagini più vivide dell’antichità, realizzata con una raffinatezza e una precisione che ancora oggi emozionano: si tratta del Mosaico della Battaglia di Isso, conosciuto anche come il Mosaico di Alessandro, preziosissimo tesoro da un milione e mezzo di tessere e che, da oggi, splenderà di una nuova luce, grazie all’importante progetto di restauro, in procinto di partire a fine gennaio 2021. Il capolavoro, ritrovato nel 1823 a Pompei e gelosamente custodito dal MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli, descrive un momento apicale della battaglia tra il mitico condottiero macedone e il suo acerrimo rivale, Dario III di Persia. Nella scena, che è parzialmente rovinata, si distinguono chiaramente i due protagonisti, con Alessandro dalla folta chioma – la famosa anastolè – in sella al suo fedelissimo Bucefalo, mentre Dario, piuttosto preoccupato per l’andamento della battaglia, incita i suoi all’ultimo assalto.
Per progettare il restauro del Mosaico di Isso, che si concluderà a luglio, è stato coinvolto un ampio pool di esperti, afferenti a diverse istituzioni. I lavori saranno infatti realizzati con la supervisione dell’ICR – Istituto Centrale per il Restauro, mentre le attività diagnostiche si svolgeranno in collaborazione con l’UNIMOL – Università del Molise e il CRACS – Center for Research on Archaeometry and Conservation Science.
«Con l’avvio, nel 2021, del restauro del Mosaico di Alessandro, scriviamo insieme una pagina importante nella storia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e quindi della conservazione dei beni culturali», ha commentato il Direttore del MANN, Paolo Giulierini. «Sarà un restauro grandioso, che si compirà sotto gli occhi del mondo. Un viaggio entusiasmante lungo sette mesi ci attende: dopo il minuzioso lavoro preparatorio, studiosi ed esperti si prenderanno cura con le tecniche più avanzate del nostro iconico capolavoro pompeiano, raffigurante la celebre battaglia di Isso. La tecnologia e le piattaforme digitali ci consentiranno di seguire le delicatissime operazioni, passo dopo passo, in una sorta di ‘cantiere trasparente’, come mai accaduto prima. Per realizzare una operazione così ambiziosa e complessa è stata attivata dal MANN una rete di collaborazioni scientifiche e di partnership di grande prestigio», ha continuato Giulierini.
La storia del Mosaico di Alessandro: dalla scoperta a Pompei alla sistemazione al Museo
Il Mosaico di Dario venne ritrovato il 24 ottobre 1831, nella pavimentazione della casa del Fauno, una delle domus più eleganti di Pompei, probabilmente di proprietà di un magistrato e caratterizzata da una eccezionale varietà di decorazioni di tipo ellenistico. Il mosaico, di grandi dimensioni, 5,82 x 3,13 metri, fu forse commissionato perché gli antenati del proprietario ebbero rapporti con il re macedone ma ciò che è sicuro, seguendo la fonte di Plinio il Vecchio, è che si tratta di una copia di un famoso dipinto di epoca greca, realizzato del pittore Filosseno di Eretria.
Quando fu scoperto, il capolavoro si rivelò non soltanto nell’eccezionalità dell’estensione ma anche nel buono stato di conservazione. Le lacune, infatti, riguardavano perlopiù la sezione laterale sinistra, mentre il fulcro si presentava chiaramente leggibile. Secondo la pratica dell’epoca, pur se già molto dibattuta, il mosaico, dopo 12 anni di accese discussioni, fu alla fine staccato. Il 16 novembre 1844, il Mosaico di Dario fu messo in una cassa e condotto lentamente da Pompei al Real Museo Borbonico di Napoli, su un carro trainato da 16 buoi.
Purtroppo, durante il tragitto, all’altezza di Torre del Greco, un incidente minacciò l’integrità del mosaico: l’opera cadde a terra e, soltanto nel gennaio del 1845, la cassa fu aperta per verificarne l’integrità. Fortunatamente, non si riscontrarono danni. Prima allestito sul pavimento della sala CXL, secondo il progetto di Pietro Bianchi, il mosaico fu quindi spostato a parete nel 1916, su proposta di Vittorio Spinazzola, nelle sale dei mosaici, dove si trova tutt’ora.
I lavori di restauro
Lo stato di conservazione del Mosaico di Alessandro, la sua collocazione, il peso di circa sette tonnellate, l’inestimabile rilevanza storico-artistica, enfatizzano la necessità di un restauro progettato con la massima puntualità. Negli ultimi 20 anni, la necessità di un restauro complessivo è stata confermata dalle indagini diagnostiche. Il Mosaico di Alessandro presenta, infatti, diverse criticità conservative, tra distacchi di tessere, lesioni superficiali, rigonfiamenti ed abbassamenti della superficie.
Alla luce degli studi realizzati, tra cui una fotogrammetria ad alta risoluzione, sembra probabile che i fenomeni di deterioramento siano dovuti essenzialmente all’ossidazione dei supporti in ferro del mosaico e al degrado delle malte. Il progetto di restauro, connotato dal principio del minimo intervento e finalizzato alla conservazione dell’integrità materiale dell’opera nello stato in cui si trova, si articolerà in due fasi, che riguarderanno essenzialmente il consolidamento delle tessere, la pulitura e il ripristino del supporto retrostante.
Per tutelare le tessere musive, che non saranno visibili perché coperte dal tavolato ligneo di protezione, un significativo contributo tecnologico sarà fornito dalla TIM: la realizzazione di appositi smart glasses, indossati direttamente dai restauratori, similmente a quanto accade in chirurgia, consentirà di monitorare costantemente la corrispondenza tra la zona di intervento e la relativa superficie non visibile.
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