È attraverso il cinema che la moda oggi può essere imposta“. Queste sono le parole che Gabrielle “Coco” Chanel pronunciava 90 anni fa (correva l’anno 1931) e che oggi – a 50 anni esatti dalla sua morte – ricordiamo per celebrare il legame tra l’immortale stilista nata a Samur e la settima arte. Entrambi rivoluzionari, Coco e il Cinema hanno cambiato per sempre la nostra vita, il nostro immaginario, il nostro modo di vedere e vivere il mondo.  

Pioniera dello stile e del moderno femminismo, Gabrielle Chanel ha cambiato radicalmente il concetto di abbigliamento, trasformandolo in strumento di emancipazione e autoaffermazione. Promotrice di uno stile e non di mode fugaci, Mademoiselle Coco ha letto la contemporaneità con le sue scelte creative. Visionaria e potente, proprio come il Cinema. 

Non c’è dubbio che l’avvento della Settima Arte (1895) abbia influito sulle scelte di Chanel. Lei, nata 12 anni prima (1883), era solo una bambina quando vide per la prima volta “le immagini in movimento”. E fu proprio questo aspetto – il Movimento – ad affascinarla di più, ispirando e nutrendo l’idea di liberare il corpo, dando un nuovo ritmo alle silhouette femminili. 

Coco Chanel a Hollywood
Coco Chanel a Hollywood

Chanel

Le sue creazioni, per essere davvero incisive e lasciare un segno nella società, dovevano restare impresse negli occhi e nell’animo di chi le ammirava. Dovevano camminare nel mondo. Ed è per questo che dovevano essere viste dal maggior numero possibile di persone. A cominciare dal teatro: 110 anni fa (1911) ecco che un suo cappello di paglia, indossato dall’attrice Gabrielle Dorziat, entrò in scena nel Bel Ami di Guy de Maupassant. Successivamente, Coco disegnò i costumi per un poeta ed autore immenso come Jean Cocteau: per la tragedia Antigone (1922, realizzò delle tuniche in lana grezza decorate con motivi greci) e per il balletto Le train bleu (1924, disegnò gli abiti dei danzatori). Ma il Cinema, per Coco, era tutta un’altra cosa: più vivo, più potente, più influente.

L’incontro tra Gabrielle (e quindi La Moda) e il Cinema, profetico, avviene negli anni ‘30. Più precisamente nel 1931 quando grazie al suo amante dell’epoca, il Duca di Westminster, Coco incontra il magnate della United Artists, Samuel Goldwyn. Nell’aprile di quell’anno, il produttore cinematografico vuole che la stilista francese vesta le sue attrici. Coco firma il contratto e vola a Hollywood: dovrà realizzare gli abiti di Gloria Swanson per la commedia romantica Tonight or never di Mervyn LeRoy (il 4 dicembre 1931, la première a Los Angeles). Nella pellicola, l’attrice indossa un intero (e raffinatissimo) guardaroba di Chanel. Il suo stile non si limita ai costumi: un flacone del celeberrimo profumo N°5 scivola nell’arredamento, comunicando un nuovo concetto d’allure femminile.

Gloria Swanson
Gloria Swanson

Chanel

Per il cinema americano sembra l’inizio di una nuova fase, Greta Garbo e Marlene Dietrich accolgono Gabrielle come una Regina. Ma è solo un abbaglio. È la stessa Swanson a lamentarsi (rifiutandosi di indossare solo i suoi abiti), e Coco non ha alcuna intenzione di piegarsi al glamour hollywoodiano. Non volendo scendere a compromessi, Chanel torna in Francia. Nel suo bagaglio però c’è una nuova consapevolezza: la moda si sposa perfettamente con il cinema. La prima arte nutre la seconda, e viceversa. Coco disegna i costumi sapendo che prenderanno vita nelle suggestive cornici delle inquadrature, animate ed esaltate da una precisa illuminazione. I costumi, La Moda, diventano così l’architettura di ogni sequenza. Come sempre lungimirante, Chanel scorge in Robert Bresson – futuro regista – un innato talento nell’arte fotografica, nella composizione dell’immagine, nell’uso della luce. Gli chiede di scattare e ritrarre la sua collezione di gioielli Bijoux de Diamants (1932). Di fatto, è qui che inizia il secondo capitolo cinematografico di Gabrielle. 

La mademoiselle della moda inizia a collaborare con diversi registi francesi – da Marcel Carné per Il porto delle nebbie (1938, è lei che suggerisce al regista di far indossare a Michelle Morgan l’impermeabile e il basco) a Jean Renoir (La Marsigliese e L’Angelo del male, entrambi del 1938, e Laea del gioco, 1939) – disegnando degli abiti femminili innovativi, mai visti prima: è una donna nuova, è una donna libera e spavalda (che si mette le mani in tasca come facevano gli uomini). 

Il porto delle nebbie

Il porto delle nebbie

Il porto delle nebbie

Chanel

La regola del gioco
La regola del gioco

Chanel

Il prolifico scambio artistico tra Gabrielle e il cinema francese si interrompe con l’arrivo della Seconda Grande Guerra. Il suo ritorno, però, è dirompente. Alla fine degli anni ’50 inizia una nuova fase nella grande storia del cinema francese: la Nouvelle Vague. La sua visione di moda – come parte integrante della vita reale – si sposa perfettamente con questa ondata di giovani registi emergenti, promotori di una nuova estetica cinematografica. La (sempre rinnovata) modernità di Coco, incarnata dall’iconico abito di tweed, strega una delle principali interpreti, Jeanne Moreau (che diventerà sua amica intima). L’attrice sceglie i suoi capi per Gli Amanti e Ascensore per il patibolo (entrambi del 1958, entrambi di Louis Malle) e per Le relazioni pericolose (1960, di Roger Vadim). Un’altra interprete, Delphine Seyrig, veste Chanel in L’anno scorso a Marienbad (1961, di Alain Resnais: gli chiffon neri della sua collezione Haute Couture diventano subito leggenda) e soprattutto nei Baci rubati (1968) del maestro Francois Truffaut. Un’altra stella della Nouvelle Vague, Anna Karina, si sposa per sempre alle sue creazioni.

Le relazioni pericolose
Le relazioni pericolose

Chanel

Un discorso a parte merita Romy Schneider che in Boccaccio ’70 (1962), nell’episodio diretto da Luchino Visconti (III atto: il Lavoro) sfoggia l’universo Chanel: dall’abito alla borsa trapuntata, dai gioielli di perle, alle scarpe bicolore, al profumo N°5. Un vero e proprio manifesto di stile che l’attrice provò a spiegare così: “Chanel mi ha insegnato tutto senza mai darmi consigli. Chanel non è una stilista come le altre … È un’eleganza che piace alla mente ancor più che agli occhi”.

Gabrielle è stata proprio questo, una donna capace di incarnare la modernità senza tempo. Le attrici sono state le sue ambasciatrici, anime che hanno vestito un nuovo modo di essere. La sua impronta è eterna, sempre potente e ispirante: per questo il suo legame con il cinema non avrà mai fine.