Da Chagall a Brueghel: arte e simbologia della neve e dell’inverno

Da Chagall a Brueghel: arte e simbologia della neve e dell’inverno

Per Sigmund Freud, sognare la neve significa avere un blocco nella sessualità mentre per Carl Gustav Jung c’è un rimando diretto all’introversione. L’inverno, il bianco e la neve compaiono da sempre nei prodotti dell’onirico così come nelle poesie, nei pensieri e negli artefatti artistici: qual è il loro significato?

Claude Monet, “Morning, Snow Effect” (1891)
  • L’inverno

Inverno deriva dall’espressione latina hibernum (tempus) ossia “stagione invernale” ed è simboleggiato dal serpente e dalla salamandra. Veniva festeggiato tra il 17 e il 19 dicembre durante i Saturnalia, celebrazioni in onore del dio Saturno (reggente dei segni zodiacali Capricorno e Acquario). In quel periodo si rendeva grazie anche a Efesto, protettore dei mestieri (tanto spesso rappresentati da Brueghel) che si svolgevano nel periodo invernale, e a Giano bifronte, che consacrava l’inizio dell’anno entrante (caput anni). Nell’iconografia rinascimentale e barocca, l’inverno veniva simboleggiato dal mito di Proserpina rapita da Plutone, mentre Giuseppe Arcimboldi si focalizza sull’elemento dell’Acqua, che rimanda al gelo ancestrale dello Stige. L’inverno termina con l’arrivo della Primavera, che fa risorgere la terra coi suoi frutti.

Pieter Brueghel il Vecchio, “Cacciatori nella neve” (1565)
  • Il bianco

Il bianco rimanda d’istinto alla purezza, difatti è stato ampiamente utilizzato per le immagini sacre, dai putti al velo della Madonna. Eppure le sue declinazioni, dal grigio-verde al bruno-nerastro, esprimono molto più della semplice innocenza. Ad esempio il bianco utilizzato da Füssli nell’opera L’incubo (1790-91) indica sia la perdita del controllo della fanciulla, addormentata nel suo abito sottile ma aderente, sia gli occhi siderali di Mar, la giumenta bianca celebre nel folklore franco-tedesco che simboleggia gli abissi della terra. La sensualità del bianco acquisisce una potenza anche maggiore nei quadri di Böcklin, dove vanno congiungendosi la sacralità del Bosco sacro e gli abiti chiari delle vergini che, imitando le vestali, s’avvicinano al centro della radura per congiungersi col fuoco che arde, mistero della vita e allegoria del divino.

Johann Heinrich Fussli, “L’incubo” (1790-91)
Arnold Bocklin, “Il bosco sacro” (1882)
  • La neve
Marc Chagall, “Gli amanti in blu”, (1930)

Innevati sono i campi in cui lavorano incessantemente i cacciatori di Brueghel e bianchi sono i boschi che si estendono fuori dalle calde case che, da dentro o da fuori, vengono osservate dal pittore Marc Chagall nelle sue giravolte con l’amata Bella Rosenfeld. Sopra Vitebsk o Parigi, il vortice di neve li avvolge e trasmette, insieme ai piccoli dettagli nivei dei mazzi di fiori tanto spesso tenuti tra le mani di lei, un abbandono sempre più complice. La tenerezza è massima, i corpi quasi si fondono, gli occhi scuri si osservano e le mani cingono il corpo dell’altro. Insieme fino alla fine e, secondo i piani delle Parche, avvolti in un unico manto di neve.

«Scorrono gli anni, volano i mesi e i giorni. Quanta pioggia è caduta, quanta neve! Ti svegli una mattina, e pare che sia finito un altro anno, ma è soltanto un nuovo giorno, e qua e là è spuntata una nuova ruga: sulla schiena, sul soffitto, sulla guancia» (Marc Chagall).

Isabella Garanzini per ArtSpecialDay

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