Dastar, Chunni e Guru volanti

Dastar, Chunni e Guru volanti

A volte le cose non accadono: ci sono e basta! Noi ci inciampiamo dentro mentre siamo sovrapensiero, ad esempio ripensando ai Mostri di Bomarzo che avevamo appena lasciato. E’ andata più o meno così quando l’autista del bus ci ha chiesto di scendere perchè la strada era chiusa a causa di una “manifestazione”.

Quella “manifestazione” erano i Festeggiamenti del Libro Sacro, il Guru Granth Sahib Ji, i Sikh festeggiano ogni anno. A Viterbo si erano riuniti i Sikh della “famiglia” Singh di molte comunità italiane per festeggiare insieme questo importantissimo evento. Un mare di colori e turbanti, spade e profumi, danze e suoni scorreva in un corteo ultrasorvegliato dalle forze dell’ordine. Strano: c’erano tanti bambini, molti seduti nel cassone di un camion che seguiva il corteo, moltissime donne, bellissime, adornate di collane e Chunni, uomini in abito tradizionale e turbanti di ogni colore, nulla insomma che potesse ricondurre ad alcun tipo di “disordine” pubblico.

All’inizio del corteo donne e uomini, con scope alla mano, si davano da fare per ripulire la strada che, a piedi nudi, avrebbero poi percorso tutti i Singh del corteo. Ai lati del corteo molti ragazzi, sempre Sikh, distribuivano a chiunque incontrassero, frutta secca, chiedevano educatamente di spegnere eventualmente le sigarette e, nel caso ci fosse bisogno, raccoglievano qualche rifiuto qui e là come a voler decorare ulteriormente il corteo.

Il corteo, poi, è giunto ad un palatenda, che gli stessi Singh ogni anno affittano in occasione di questa ricorrenza, dove tutti, insieme, festeggiano Il Libro Sacro mangiando, bevendo ed assistendo agli spettacoli che rievocano le gesta dei Guru Singh e delle “divinità” Sikh. Divinità l’ho virgolettato in quanto, sebbene a tutti gli effetti una religione, quella Sikh si rifà all’epica tramandata da generazioni di aneddoti mitologici e reali fino a slanci religiosi che però non sembrano calcare pesantemente la loro fede.

La loro gentilezza mi ha lasciato pressochè di stucco: donne, uomini e bambini, sempre sorridenti e ben disposti, mi hanno offerto qualunque cosa ci fosse lì, non si sono mai rifiutati di farsi fare una foto e soprattutto mi hanno donato un piccolo opuscolo, meno di cento pagine, in cui viene spiegata per sommi capi la religione Sikh, la loro storia e soprattutto il loro problema più grande: il problema del turbante (anche detto Corona di stoffa). Ho poi scoperto che il libro è scaricabile anche On Line all’indirizzo http://www.culturasikh.com/italian/la-corona-di-stoffa/

Per i Sikh il turbante è un indumento sacro! In realtà lo è anche per molte altre religioni ed anche quella cristiana, nell’antichità, prevedeva l’uso di un copricapo che richiama al turbante. Di fatto i Sikh di tutto il mondo stanno da tempo combattendo una battaglia affinchè negli aeroporti non gli venga imposto di togliere il turbante nè tantomeno di farlo passare insieme alle scarpe nel contenitore del metal detector. Sì: il problema più grande di questa comunità è IL TURBANTE! L’opuscolo, che ho letto con gusto, talvolta sorridendo per dei piccoli errori ortografici, citando le fonti, ha evidenziato quante difficoltà incontrano ogni giorno i Sikh di tutto il mondo a causa del loro turbante. Ci sono storie di ragazzi a cui è stato impedito di andare a scuola, di uomini a cui non è stato rilasciato il documento di identità del paese in cui vivono e lavorano da anni fino a vere e proprie “persecuzioni psicologiche”, tutto per il volere che i Sikh tolgano dalla testa il loro turbante negli aeroporti, nelle scuole, sui documenti di identità, dalla patente e altre stupidità del genere.

Nella piazza principale di Viterbo e nel palatenda in cui tutti si sono riuniti, i Singh hanno dato vita a spettacoli fantastici in cui uomini colorati, armati di bastoni, sciabole o clavette libravano in cielo simulando lotte religiose che, per loro, rappresentano in qualche modo la fede! Nell’aria i profumi di spezie venivano tagliati dalle lame dei “Guru” mentre vecchi, donne e bambini, in estasi, osservavano attenti quelle splendide danze religiose. Anche qualche donna si è esibita nelle “arti volanti”, molte badavano ai bambini che giocavano in ogni angolo tra loro.

Ed all’ingresso, proprio dove bisognava togliersi le scarpe e coprirsi il capo per entrare nel palatenda, c’era una statua di Gesù Cristo, una statuetta piccola, facile da togliere. La statua era lì, proprio dove distribuivano il gelato! Non era stata tolta e quando ho chiesto come mai non l’avessero tolta mi hanno risposto con i soliti occhi spalancati, un po’ tristi, ed un sorriso dimesso: “Non dà nessun fastidio”.

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