Il gioiello tra meraviglia e contemporaneo, a Firenze

Il gioiello tra meraviglia e contemporaneo, a Firenze

Siamo stati alla Florence Jewellery Week, la settimana fiorentina interamente dedicata al mondo del gioiello. Dal 28 aprile al 2 maggio Firenze si è trasformata nella capitale europea del gioiello, con moltissimi eventi, mostre, conferenze e workshop in giro per la città. Abbiamo intervistato Alice Rendon che insieme a Giò Carbone ha curato la quarta edizione della Florence Jewellery Week concentrandosi sull’interazione tra ricerca artistica, artigianato, nuove tecnologie e riciclo nel vasto campo della decorazione del corpo.

Giò Carbone insieme ad alcuni studenti durante un seminario alla LAO School

Uno dei vostri obbiettivi nel corso di questa manifestazione è quello di sottolineare la dignità artistica del gioiello. Parlaci di questo obiettivo – sicuramente riuscito – e di come il tuo percorso accademico si è intrecciato con la LAO Jewellery School.

«Grazie per aver giudicato “riuscito” l’obiettivo principale della FJW, ovvero quello di raccontare il complesso panorama del gioiello contemporaneo, cercando di dare spazio e voce alle tematiche più attuali su cui la ricerca nel campo della decorazione del corpo si sta focalizzando, come ad esempio l’impiego poetico delle nuove tecnologie o la riflessione sostenibile condotta attraverso metodi e materiali. Il gioiello contemporaneo – o gioiello di ricerca come amava definirlo la grande storica dell’arte che è stata Maria Cristina Bergesio, curatrice delle precedenti edizioni di questa manifestazione – è un campo che sfugge alle rigide classificazioni, per il suo trovarsi perennemente in bilico tra la manualità propria dell’artigianato, la ricerca estetico-funzionale che guida il design dell’oggetto e la riflessione critica che sostanzia l’indagine artistica. Le mostre principali, PREZIOSA su tutte, allestita presso la Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi, si sono concentrate su questo aspetto ibrido e sperimentale della gioielleria contemporanea, rappresentando quegli indirizzi che considerano l’ornamento non solo e non tanto per il suo valore decorativo, quanto per gli aspetti più concettuali, come i significati ontologici, i valori identitari, storici, antropologici che esso sottende, dimostrando che è possibile adottare il gioiello come uno dei tanti canali espressivi capace – esattamente come le altre forme dell’arte! – di raccontare tanto le aspirazioni quanto le preoccupazioni del nostro tempo.

Un gioiello realizzato da Charlotte Vanhoubroek, Stilled Sentiments – in mostra durante Preziosa Young

Per quanto riguarda la mia formazione, mi sono laureata in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Firenze sotto la guida della professoressa Dora Liscia Bemporad, con una tesi dedicata alle collezioni pubblica e privata di gioielli d’artista della storica direttrice della GNAM di Roma, Palma Bucarelli, che per prima in Italia alla fine degli anni Sessanta si preoccupò di istituire una vetrina destinata a rappresentare gioielli progettati o realizzati dalla sensibilità dei suoi affezionati artisti, installata all’interno del percorso di una delle più rilevanti istituzioni museali del territorio nazionale, ponendo così le premesse per una riconsiderazione del gioiello, considerato ora nella sua valenza di testimonianza storico-artistica. Indirizzandomi verso questo campo, l’incontro con Le Arti Orafe è stato quantomeno doveroso, vista la centralità che la scuola ricopre nel territorio non solo fiorentino ma internazionale. Mi sono presentata alla direttrice Anna Balatti e al fondatore della scuola Giò Carbone con la preghiera di svolgere presso LAO il tirocinio curriculare previsto dal percorso universitario. Visti i tempi difficili per noi giovani entusiasti del settore artistico, ricordo quanto mi impressionò l’interessamento e la disponibilità immediata da parte di entrambi, e il rapporto di fiducia su cui da subito si è fondata la mia esperienza professionale con LAO, per cui svolgo al momento diversi incarichi, in particolare insegnando nel corso di Storia del gioiello contemporaneo, e quest’anno, nello specifico, occupandomi della curatela, organizzazione e promozione dell’intera manifestazione».

Firenze è una città legatissima alla dimensione gioiello. Quali sono le istituzioni che più si stanno impegnando nel valorizzarne il valore artistico?

«Certamente la storia di Firenze è profondamente radicata nella cultura orafa e in questa edizione abbiamo ampliato le sinergie e collaborazioni con le realtà cittadine che hanno accolto con entusiasmo il nostro progetto, dimostrando una grande attenzione a una forma d’arte ancora troppo trascurata in Italia. Anzi ti ringrazio per questa domanda, soprattutto perché mi dà modo di rivolgere, a nome di LAO, la più sincera gratitudine verso quelle istituzioni cittadine che hanno supportato quest’iniziativa, aprendoci le porte di prestigiosi spazi istituzionali e sostenendo la comunicazione di alcuni degli eventi previsti nel ricco programma che ha scandito i cinque giorni della manifestazione.
In particolare, il Consiglio Regionale della Toscana, che ci ha concesso l’utilizzo degli spazi espositivi “Carlo Azeglio Ciampi” all’interno del Palazzo del Pegaso, sede del Consiglio, ospitando la mostra dedicata al prestito proveniente dalla prestigiosa collezione privata dei coniugi Karl e Heidi Bollmann e l’esposizione del celebre colbacco facente parte della collezione del Vello d’Oro ad opera del maestro Giovanni Corvaja, e la Città Metropolitana di Firenze, che ha ospitato a Palazzo Medici Riccardi la mostra principale della FJW, PREZIOSA e nella Limonaia la mostra-concorso “C’è Modo e Moda. Firenze è un gioiello”, sul tema del “Recupero della memoria con uno sguardo al futuro”, come occasione per celebrare le eccellenze orafe del distretto fiorentino, organizzata da CNA Firenze Metropolitana, associazione che supporta i lavoratori autonomi e le imprese artigiane locali e partner del nostro evento. La collaborazione con Firenze Fiera ha reso possibile la partecipazione a MIDA, la Mostra Internazionale dell’Artigianato che si tiene ogni anno presso Fortezza da Basso.

Flourish, oggetto indossabile realizzato da Lauren Kalman

Nel padiglione della Polveriera, LAO ha esposto le proprie collezioni di gioielli e informato il pubblico sull’attività della scuola, coinvolgendo i visitatori con dimostrazioni di oreficeria al banco tenute dagli stessi studenti e docenti. Essenziale è stato il supporto di ARTIGIANATO & PALAZZO, che ha accolto presso le antiche Scuderie di Palazzo Corsini al Prato – sede dell’omonima manifestazione annuale dedicata all’artigianato – la sezione PREZIOSA MAKERS, destinata, per la prima volta all’interno della cornice di FJW, all’esposizione e alla vendita di gioielli da parte di designer del gioiello e orafi selezionati da un concorso bandito per l’occasione. Ancora, siamo riconoscenti al Ministero della Cultura, al Comune di Firenze, alla Fondazione CR di Firenze e alla Camera di Commercio  per il patrocinio all’iniziativa».

La pandemia ha cambiato molte cose nel mondo dell’arte. Cosa è cambiato nelle arti orafe?

«Nel ciclo di conferenze organizzato nei giorni centrali della manifestazione, l’intervento della storica del gioiello Maria Laura La Mantia, insegnante presso LAO, è stato dedicato esattamente a questo tema: cercare di comprendere come il distanziamento sociale e la comunicazione via web abbiano influenzato e condizionato non solo il campo del gioiello, ma anche quello della moda e delle arti visive, determinando la nascita di nuovi trend attraverso i canali di diffusione online. Nella mostra PREZIOSA abbiamo voluto riservare una certa attenzione anche a questi aspetti, attraverso il lavoro di degli artisti rappresentati. Anya Kivarkis, ad esempio, ha posto l’accento sulla questione della ‘rappresentazione’ dell’oggetto (nel cinema in particolare), ovvero sul potere tanto evocativo quanto documentario delle immagini dei gioielli di cui disponiamo e che costruiscono la percezione e la conoscenza stessa che ne possiamo avere. Questo tema diventa ancora più attuale se applicato più in generale al contesto culturale odierno, in cui la comprensione degli oggetti artistici è mediata dalle loro riproduzioni digitali, nuove fonti di riferimento per studiare l’evoluzione degli stili e per delineare lo spirito del nostro tempo.

Una spilla realizzata da Anya Kivarkis per PREZIOSA Makers

L’immagine riprodotta, incoraggiata dalle conseguenze della diffusione della pandemia, ha comportato la perdita dell’aspetto ‘tattile’ del gioiello, che è ‘materia’ prima di tutto. Perciò altra questione di interesse, toccata in particolare dalla collaborazione artistica Conversation Piece (formata da Beatrice Brovia & Nicolas Cheng), è la paradossale ‘materialità’ dei dispositivi elettronici che ci aprono le porte al mondo immateriale del digitale e che nascondono al loro interno metalli preziosi e i cosiddetti ‘minerali di conflitto’, rivelando somiglianze inaspettate con la gioielleria. I nostri cellulari, pc e tablet sono i principali strumenti con cui ci interfacciamo con il mondo e attraverso cui manifestiamo il nostro primordiale bisogno di comunicazione e interazione. Questa qualità relazionale del device – ci dice la coppia – è condivisa dal gioiello, altro oggetto cui più o meno consapevolmente affidiamo il compito di affermare la nostra identità e che similmente esercita un forte potere psicologico su di noi. Sicuramente la pandemia ha posto nuovamente l’attenzione sull’emergenza climatica; va da sé che i gioielli realizzati con vasetti di yogurt esauriti di Sam Tho Duong e così il concetto di riciclo creativo che guida la pratica scultorea di Rein Vollenga rispecchiano ancora una volta le principali linee di interesse che oggi indirizzano la ricerca contemporanea nel campo della decorazione del corpo».

Uno dei pezzi più interessanti che abbiamo avuto il piacere di ammirare durante la FJW è sicuramente il copricapo realizzato da Giovanni Corvaja. Parlaci della sua storia e del significato chiave che assume all’interno di questa manifestazione.

«Pur avendo bisogno di poche presentazioni, abbiamo voluto affidare il compito di raccontare la figura del grande maestro orafo Giovanni Corvaja alla storica dell’arte Paola Stroppiana, che ha immediatamente accolto con entusiasmo il nostro invito e ha saputo restituire a parole l’importanza di colui che oggi è considerato un’icona, un’istituzione del gioiello contemporaneo. Corvaja è da sempre ammirato per l’eccezionale capacità di domare la materia aurea, piegandola ai propri intendimenti, esaltando tanto il fascino prezioso, visivo e tattile, quanto il potere mitico, magico e lirico del più nobile ed eterno tra i metalli.
Il copricapo, che è stato in mostra – per la prima volta in Italia! – presso l’ultima delle stanze espositive di Palazzo del Pegaso, è interamente intessuto di sottilissimi fili aurei, pazientemente ridotti allo spessore di un quinto di capello, per un ammontare complessivo di un chilo e mezzo d’oro e 9 mesi di appassionata e instancabile dedizione.

Il copricapo realizzato da Giovanni Corvaja

La straordinaria forza evocativa di quest’oggetto, che allude al mito del Vello d’Oro, il manto caprino dalle proprietà curative e in grado di donare prosperità e fortuna al suo indossatore, sicuramente ha catalizzato l’attenzione dei nostri visitatori e ha rivestito un ruolo cardine all’interno della manifestazione, dal momento che rappresenta e condensa le due anime complementari del gioiello contemporaneo: l’anelito al dominio del mestiere – di quando il confronto con la materia diventa per l’artista sfida e abnegazione – e l’allusione alla profonda simbologia di cui il gioiello, inutile ripeterlo, è, fin dall’alba dei tempi, custode e portatore».

 

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