Lezioni d’Arte – Rispondere alla guerra con la fantasia, così fece Miró

Lezioni d’Arte – Rispondere alla guerra con la fantasia, così fece Miró
Rispondere alla guerra con la fantasia, così fece Miró

La guerra mondiale è lo scenario che c’è fuori, oltre lo studio nel quale Joan Miró (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983) si è rifugiato. La guerra sembrava inseguirlo. Aveva scelto la Normandia, Varengeville sur Mer, per affittare una casa in cui dipingere, ascoltare musica, leggere poesie. Il conflitto lo aveva reso solo, lontano dalla sua patria, immerso nel silenzio. Risponde alla crudeltà e alla bruttura della guerra con la fantasia. È il 1940 quando crea le sue prime dieci Costellazioni.

Un cielo stellato, su carta, memoria di quando da bambino con il padre, dilettante astronomo, osservava il cielo con il telescopio.

Ho lavorato su più tele, sempre di numero dispari perché i pari mi mettono tristezza, e così ho pensato ad una serie.

Ma il nemico – la guerra – e la triste realtà, ancora una volta interrompono i suoi sogni. La Normandia viene bombardata da Hitler e così Miró angosciato ricomincia a fuggire. Approda nell’isola di Palma di Maiorca, dove era nato suo nonno, e cerca di ricrearsi una realtà diversa dipingendo. La fantasia è l’unica cosa che non avrebbe mai perso, nessuno mai avrebbe potuto strappargliela via.

Nulla è banale o stupido, tutto può diventare qualcosa di meraviglioso. La musica, la notte, le stelle, sono elementi vitali per il nostro artista che si lascia ispirare, abbandonandosi completamente. Così continua la serie delle Costellazioni, 23 piccole opere su carta, dai titoli poetici sempre in francese «perché così avevo deciso e perché tutto ciò che mi restava, allora al mondo era la poesia».

Ciphers and Constellations in Love with a Woman
Ciphers and Constellations in Love with a Woman

Il cielo è scuro, terso, maltrattato. Esprime l’insicurezza, una cornice d’angoscia, che avvolge l’artista e la sua famiglia in quel momento. Ma, nonostante la difficoltà, emergono volando liberi i segni della sua fantasia. Nonostante la notte scura, la luna illumina comunque il cielo. La sua scrittura primitiva, onirica, dà vita a forme e pensieri. C’è sempre la donna, la sua fedele compagna, e i cerchi che evocano l’armonia e l’uccello che significa libertà. I colori puri sono il verde, il giallo, il rosso e il nero, i colori della natura senza alterazioni. Miró non nasconde nulla, è sempre pronto a spiegare cosa ha realizzato. L’impulso iniziale è inspiegabile ma poi riesce a ragionare su come finire un quadro. Lavora sempre con le proprie mani, spesso se le vede sporche di tempere e le poggia su un supporto per colorarlo, così spesso è possibile vedere sulla superficie fisicamente la mano di Miró o i segni che graffia sulla tela.

Miró non terminò mai una Costellazione in meno di un mese, andava sempre ad aggiungere una forma, un personaggio quotidianamente in base a quello che sognava, che immaginava, che provava. È un lavoro molto intenso che ci permette di entrare in un angolo molto intimo e privato della vita dell’artista, come se ci avesse aperto la porta del suo cuore in un momento di debolezza. Nonostante le piccole dimensioni delle Costellazioni, Miró gli ha donato un senso di immensità. Si sentiva come un rifugiato, intento a dipingere in gran segreto. Questo sentimento esplode nelle opere di questa serie che diventano per lui una liberazione da tutto il male che lo circondava. Un buon antidoto per non pensare alla tragedia che stava vivendo il mondo intero.

Questi segni raccolgono tutti i sentimenti provati da Miró in un decennio d’angoscia, rabbia e paura. Conservano ricordi infantili, un rifugio dai pensieri del presente e una speranza incerta ma sognata per il futuro.

Miró è un uomo in grado, con la propria arte, di portare alla luce il mondo interiore dei suoi sogni. Può solo volare con la fantasia.

Alejandra Schettino per MIfacciodiCultura

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