L’artista Ilaria Gasparroni ha presentato, nella sala al primo piano della galleria torinese Gagliardi & Domke, cinque opere che riflettono sulla mancata salvaguardia della bellezza del mondo da parte dell’umanità e la sua inadeguatezza nel viverla. All’interno di ogni opera si legge una narrazione che inneggia alla vita e alla sua tutela. Il percorso espositivo, a cura di Livia Savorelli, invita il visitatore ad ascoltare, ascoltarsi e a riflettere sul rapporto uomo-natura.
Abbiamo raggiunto l’artista per farci raccontare di più.
Qual è la strada che ti ha portata al Premio Speciale Gagliardi & Domke?
«L’anno scorso ho partecipato alla V edizione dell’Arteam Cup 2019 presso Villa Nobel di Sanremo (IM) ed ero uno degli artisti finalisti alla mostra del premio di arte contemporanea promosso dall’Associazione Culturale Arteam. Ricordo con grande emozione la giornata delle premiazioni e sentire il mio nome tra i vincitori e in particolare accostato al Premio Speciale Gagliardi e Domke è stato per me una gioia indescrivibile e… così è iniziato tutto!».
Ci potresti parlare del percorso della tua ricerca artistica?
«Credo che la scultura sia una splendida lezione di sincerità. Scolpire è per me dare forma alle emozioni, lasciando così una traccia, un frammento di conoscenza in un mondo così complesso. Ho scelto il marmo perché è l’unico materiale che riesce a farmi esprimere al meglio quello che sento. È una materia preziosa, dura e ostile, ma al contempo fragile e delicata un po’ come la natura umana.
Il mio lavoro si articola attraverso un’ampia gamma di linguaggi che traggono ispirazione dalla letteratura, dalla filosofia, dalla geometria e dalla Natura ma soprattutto dall’Uomo. Per me sono tematiche di particolare attenzione dalle quali riesco poi a cogliere quelle sfumature e quei piccoli dettagli del nostro vivere quotidiano che spesso non si riescono a cogliere nella realtà.
E come affermava Auguste Rodin: “Per l’artista tutto è bello, perché in ogni essere e in ogni cosa il suo sguardo penetrante scopre il carattere, ossia la verità interiore che traspare sotto la forma”».
“Unmade”, perché?
«Viviamo in un tempo senza memoria e in un mondo che non comprendiamo perché restiamo legati alla superficialità dell’esistenza per non smarrirci e non riusciamo a capire che i malesseri e le sofferenze non nascono dalle nostre emozioni bensì dalle pigre idee del nostro pensiero che ci rende una società distratta, disinteressata ed incupita. Bisogna tornare ad aprire di nuovo gli occhi, imparare nuovamente ad ascoltare cosa abbiamo intorno e cercare di aggiungere tasselli all’incompletezza della nostra esistenza.
UNMADE (incompleto, disfatto) corrisponde alla visione dell’uomo di oggi che vive in una realtà caotica e senza valori, che non tutela e non cura le risorse di cui egli stesso ha bisogno per la sua sopravvivenza; diventa fondamentale tornare indietro nella memoria fino ai ricordi della nostra infanzia e riscoprire così la nostra purezza, il nostro primo contatto con il mondo».
Ci racconti la genesi della creazione/scelta delle opere in mostra?
«Cinque sculture dialogano nello spazio della galleria che diventa il palcoscenico di una narrazione in cui gli attori sono gli stessi spettatori che visitano la mostra. Spetta a loro, attraverso le opere che si offrono come mezzo per sensibilizzare lo sguardo, immergersi nella visione e abbandonarsi all’immaginazione, attivando la propria memoria e facendo riaffiorare i ricordi vissuti…In poche parole lasciarsi emozionare!
Ogni opera cerca di far riflettere su diversi aspetti: da un lato le attuali tematiche ambientali, dall’altro le nostre tradizioni, che sono sempre date troppo per scontate nel nostro presente e perdono così il loro valore e poi c’è la memoria sia personale che collettiva. Tutto questo si delinea in ogni opera, realizzata appositamente per gli spazi della galleria Gagliardi e Domke, in modo da solleticare lo sguardo dello spettatore e a farlo riflettere su tali aspetti, che sono fondamentali per il nostro presente ma, al contempo, anche per il nostro passato e per il nostro futuro.
Mi fa piacere riportare una frase tratta dal testo critico della mostra a cura di Livia Savorelli: “Chiudiamo gli occhi e proviamo a tornare indietro nella nostra mente a quando, da fanciulli, immaginavamo quale sarebbe stato il nostro futuro, quale straordinario mondo ci avrebbe accolto nell’età adulta. Riapriamo ora gli occhi, con la consapevolezza di quanto la realtà immaginata e sognata sia così lontana da quella che stiamo vivendo”».
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Sto lavorando a una serie di nuove sculture che hanno come tematica la Natura, un pò come nella mostra UNMADE da Gagliardi e Domke e a tal proposito è stata prorogata fino al 29 gennaio 2021. Sempre a gennaio sono in mostra con gli artisti finalisti della VI edizione dell’Arteam Cup 2020 presso la Fondazione Dino Zoli di Forlì, con un’opera dal titolo: “Memoria grafica della forma” che delinea una mia nuova ricerca.
Da pochi giorni ho avuto la bella notizia di essere uno dei finalisti alla mostra della prima edizione del Premio Mellone Art Prize presso Villa Brentano (MI) e attualmente sto lavorando ad una serie di nuovi progetti per il prossimo anno!».
L’articolo L’introspezione e l’inno alla vita in UNMADE: intervista a Ilaria Gasparroni proviene da exibart.com.