Subway In Naples

Subway In Naples

E’ un po’ come avere in mente, in loop, la canzone dei Cure! Essere divorato dalle viscere della Terra, la Mia Terra, quella Napoli da sempre bistrattata, calpestata, umiliata e derisa dalle “metropoli occidentali”. Sì perchè Napoli non è Italia né Occidente. Napoli è il calore dell’Africa, i profumi dell’Asia, i colori dell’Oceania, la libertà del Nord America e la voglia di riscatto del Sud America… il tutto con la moneta Europea! O forse è il contrario esatto: Napoli è l’Europa, con i suoi paradigmi e le sue insane contraddizioni, è la Storia del Mondo ed il ventre dell’Arte e della Cultura. O forse, più semplicemente: Napoli è Napoli.

Ho condiviso e sapevo della bellezza della nuova linea Metropolitana ma non mi ci ero ancora immerso fino a ieri! Un senso di ASSOLUTO ti assale già a Piazza Garibaldi, tra lumache colorate ed un senso di moderno e futuristico che ben si sposa con la spessa storia che ti avvolge mista al profumo di pizza a portafoglio ed a quello dei treni che ti lasci alle spalle.

Lunghe, lunghissime scale mobili si susseguono veloci, si rincorrono senza mai incontrarsi sebbene si incrocino agli occhi in uno spettacolo degno di Escher. Un “infinito” verso il profondo, l’ignoto, il cuore della città! Scendendo sembra che si corra più veloce dei pensieri ed i problemi, le malinconie, il passato, resta su in superficie, abbandonato al tornello dell’ingresso.

Pochi, pochissimi minuti e si va in direzione Piscinola per raggiungere “Università”, dove la mente si rigira come un calzino. Un senso netto di implosione in un cervello sotterraneo, il mio forse, con un fucsia elettrico ed elettricità ovunque. Pareti prismatiche sembrano seguirti come a ricordarti che si il neurone impazzito in quell’eterno caos perfetto che è la città sopra la tua testa. Ma già, la tua testa, quella non c’è! E’ al tornello, ora ci sei esattamente dentro e stai camminando nell’atrio dell’ipotalamo. Le palpebre non battono e la temperatura è mite nonostante sia quasi Natale. Le piastrelle picchiano le cellule con messaggi espliciti e ne stimolano il tremolio. Ed arrivi al nucleo freddo del cervello, immerso in un mare di luci e colori. Troppi per un cranio così piccolo. E’ per quello che abbiamo inventato delle stanze nel cuore: perchè non c’era più spazio nel cervello per accogliere i colori dell’amore.

Proseguiamo in direzione Municipio, in un susseguirsi di geometrie lineari sfondate a tratti da gocce eteree nelle pareti assolutamente bianche come a voler offrire un po’ di ricovero, un’asettica oasi di riconciliazione in quel cervello assuefatto dalle emozioni dei colori. E’ un riprendere fiato dopo aver fatto sesso… sì, la sigaretta post-coito insomma! Labirintite e spazio, lo spazio infinito della mente che si eclissa, implode velocemente fino a scomparire. Rivedi la storia, la tua storia, e ciò che ti ha condotto fin lì e ricarichi le batterie per proseguire nelle vene di Napoli che sopra continua a vivere la tua vita reale.

E in quella vita c’è il mare, la vita stessa. Toledo! Quasi manca l’aria eppure non emetto bolle. Blu e luce. Un blu profondo e tiepido accarezzato dalla luce e da quel pianoforte che dalla superficie si lascia ascoltare solo ad intervalli regolari brevissimi, solo una nota ogni tanto. Luce che dall’alto ti indica la strada squarciando le onde che ti sovrastano. Sembra quasi che non ci sia nessuno, non c’è rumore o forse le frequenze non sono udibili. Uno spettacolo subacqueo, suburbano. Sei nelle vene della città e della sua gente ed a Napoli, nelle vene dei napoletani, scorre il mare.

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