Vecchi fuori

Vecchi fuori

In quella che, a mio personale avviso, è una società incapace di creare veramente qualcosa di nuovo, dove per “creare” intendo dire scoprire, inventare, elevare, far progredire in maniera sostanziale il corso dell’evoluzione umana, la parola d’ordine sembra essere diventata “Vintage” e cioè vecchio, passato, non contemporaneo. In poche parole la società moderna si impone come status quella di essere vecchia, vecchia fuori, nello stile, nel pensiero, nella moda e perfino nella tecnologia!

Ieri, prima di assistere ad un magnifico concerto di musica elettronica che ha magistralmente riarrangiato e proposto pezzi di Lou Reed (e lui sì che è Vintage!) sono passato, come mio solito, in uno dei miei piccoli paradisi ovvero da Disclan, IL negozio di dischi nel centro di Salerno, per acquistare un po’ di musica, magari nuova (il mio Vintage musicale personale è molto più che fornito), consigliata dal buon Mario, un vero conoscitore ed appassionato di musica. Spesso penso che il suo fare affabile, che rasenta la malinconia, sia dettato dal dispiacere di lasciar uscire dal suo negozio dischi a cui si è affezionato ma che, per dovere e stacanovismo, non può in nessun ragionevole modo opporsi.

VINILE

Solo vinile, tantissimi vinili di ogni genere (non solo musicale). Oggi l’industria della musica ha deciso che la musica si ascolta IN VINILE! Perfino al concerto, di musica elettronica ripeto, al banchetto del merchandising erano in vendita esclusivamente Vinili e musicassette. Sì: musicassette! Le ricordate? Quelle maledette musicassette che si impigliavano nelle testine del mangianastri o del walkman, che a volte nell’impigliarsi trasformavano i nastri in fisarmoniche a specchio. Musicassette: proprio quelle!

Per fortuna qualche Compact Disc ancora c’era, e di belli anche, e così ne ho approfittato per portarne a casa qualcuno. Abbiamo così aperto il discorso, annoso e labile, tra analogico e digitale e di come noi vecchi (non solo fuori) fossimo venuti su a valvole e potenziometri, non senza accennare un pizzico di spocchiosa memoria storica di attrezzature e “manie modaiole” dei tempi a cui la modernità strizza l’occhio oggi, voltandosi indietro con apparente invidia.

Sta di fatto che oggi, nell’era digitale, le automobili non hanno più il lettore CD ed in macchina la musica si ascolta in streaming via smartphone o dalle “pennette” USB con una qualità che rasenta l’insopportabile rumore di un fornetto a microonde!

A quando, allora, il Vinile da auto? O forse dobbiamo ricominciare ad abituarci agli Audiola da 2 kg da nascondere sotto al sedile, autoreverse e frontalino estraibile nella tasca posteriore dei blue jeans?

Per carità!

Erano gli anni ’80 ed apparve per la prima volta il CD ad uso commerciale, un suono pulitissimo riproducibile in maniera ottimale con un sistema di lettura ottico che rendeva praticamente ETERNO il supporto! Un sogno diventava realtà: niente più graffi sui dischi, nastri a stropicciati a fisarmonica o smagnetizzati e tutto in dimensioni ridottissime. Immediatamente si passava da un brano all’altro con un semplice tasto e sul display appariva il numero della “traccia”. MAGIA PURA!

E poi le incisioni direttamente in digitale con una mole impressionante di profondità dei dati che, sebbene finita, va ben oltre le frequenze della percezione dell’orecchio umano.

Ma la perfezione, come l’Eden, annoia e quindi il rumore della puntina, il fruscio della polvere, l’imperfezione si traveste da ricercatezza e diventa d’un tratto, tra un influencer ed una canale Spotify, emozione. L’analogico, il “Vintage”, si trasformano in calore umano, si fanno carico della testimonianza della caducità della vita che deve terminare, prima o poi, deve consumarsi proprio come un disco di plastica si consuma sotto la puntina d’acciaio me nel consumarsi offre, potenzialmente, un TUTTO che solo lui possiede. Ma è quel tutto che si ricerca o semplicemente basta sapere che esiste proprio lì, tra un fruscio e quelle tre o quattro frequenze riprodotte da scadenti motorini a cinghia, aghi sottili di ferro e diffusori bluetooth? Mi chiedo quindi se i giovani d’oggi, vecchi fuori come la società li vuole, siano davvero in grado, soprattutto economicamente, di poter godere del surplus che indiscutibilmente si cela dietro un segnale analogico o semplicemente gli basta “ripulire la purezza del digitale” con la mediocrità umana del difetto facilmente ottenibile con l’infinità dell’analogico.

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