Vincent van Gogh, quando il pennello non basta più

Vincent van Gogh, quando il pennello non basta più
Vincent van Gogh

Il 30 marzo 1853 nasceva a Zundert Vincent van Gogh, uno degli artisti più famosi e controversi del XIX secolo, che ha influenzato l’arte di tutto il Novecento pur essendo stato un uomo tormentato e incompreso, tanto da suicidarsi il 29 luglio 1890.

Vincent van Gogh, I mangiatori di patate, 1885

Una carriera artistica brevissima quella di van Gogh, che finisce all’età di 37 anni, ma che tuttavia conta quasi 900 dipinti e più di mille schizzi che raccontano una vita contrassegnata da povertà, sogni infranti e delusioni d’amore. Oggi i capolavori di Vincent van Gogh sono apprezzati in tutto il mondo, ma in pochi conoscono i motivi intimi che hanno guidato il processo creativo di questo artista nella realizzazione di opere così colorate e all’apparenza serene.
Sembra impensabile che l’artista olandese non abbia ricevuto alcun riconoscimento in vita per la sua attività di pittore, se non quella di essere apparso su un articolo di giornale. Eppure, la sua fama è iniziata dopo la sua morte.

Vincent è l’emblema dell’artista maledetto, che nei pochi anni di vita vissuti tra dolore e sofferenza, ha creato un repertorio sensazionale di lavori.

Vincent van Gogh, Terrazza del caffè la sera, 1888

Durante la fine dell’Ottocento, la maggior parte degli artisti vivono una condizione di emarginazione e inadeguatezza all’interno della società: il pittore Toulouse-Lautrec o il poeta Rimbaud, ad esempio, hanno posto fine alla loro esistenza dopo i trent’anni, corrosi dall’alcol e da una vita dissipata.

Van Gogh è figlio di un pastore protestante che, a causa della scarsità del suo profitto scolastico e della numerosità della famiglia, è costretto a trovargli un impiego dallo zio che lavora nel mercato artistico internazionale. I primi tre anni, fino al 1872, lavora all’Aia, ma poi viene trasferito a Londra dove rimane fino al 1875 per poi andare a Parigi. Vincent trova interessante stare a contatto con l’arte e questo lo avvicina sempre più alla pittura e lo allontana dal mercato delle opere, tanto da abbandonare tutto e ritornare, nel 1876, a casa dai genitori.

A 23 anni la vocazione per la teologia lo induce a diventare predicatore e così l’artista olandese intraprende lo studio della Bibbia, forse anche per lenire le latenti inquietudini e la sua ansia di vivere.

Vincent van Gogh, Autoritratto con orecchio bendato, 1889

Tuttavia le incerte sorti dei minatori lo coinvolgono a partecipare a scioperi e contestazioni, tanto da essere considerato dalle gerarchie ecclesiastiche socialmente pericoloso.

Il suo primo esaurimento nervoso dà il via alla crisi interiore di Van Gogh, che trova pace nella pittura e nei disegni che raccontano i luoghi di questi lavoratori, ritratto della disperazione del suo tempo.

I dieci anni successivi sono segnati da profondi tormenti, da scelte di vita improvvisate e viaggi. Intanto negli stessi anni in cui realizza la tela I mangiatori di patate (1885), si consolida lo stretto legame con il fratello Theo, che lo sostiene, anche economicamente, nella sua attività artistica.

[Con I mangiatori di patate] ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro, di noi esseri civili. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole.

Vincent van Gogh, lettera n. 404 a Théo van Gogh, aprile 1885

L’anno successivo si trasferisce proprio a Parigi dal fratello, dove conosce la grande pittura impressionista, dalla quale viene notevolmente influenzato. Nel 1888 va ad Arles, nel sud della Francia e inizia il famoso sodalizio con Paul Gauguin che, dopo la partenza, lascia un grande vuoto nella vita di Vincent van Gogh, che lo porta a tagliarsi il lobo di un orecchio. L’ultimo periodo della vita dell’artista oscilla come un pendolo tra depressione e brevi momenti di felicità nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy.

Rileggere le opere di Van Gogh dopo aver conosciuto un estratto della sua vita, può davvero trasformarne i contenuti.

Vincent van Gogh, Campo di grano con volo dei corvi, 1890

E allora quell’intensa forza espressiva del colore dei suoi cieli, in cui il contrasto tra il blu notturno e il giallo delle stelle li rende suggestivi e reali, diventa un modo per suscitare emozioni e, quelle pennellate così pastose e decise, che talvolta diventano veri e propri vortici di luce, comunicano tutta la sua inquietudine.

Il pennello non gli basta più e così usa una spatola per stendere il colore a grandi colpi, come dominato da una furia distruttrice: in Campo di grano con volo dei corvi (1890) il cielo è temporalesco, il campo di grano tormentato dal vento e verso il centro convergono dei corvi, che sembrano anticipare una terribile premonizione di sventura e di morte.

Marta Previti per MIfacciodiCultura

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