Violenza sulle donne e silenzio: da Marina Abramović alla sindrome di Procne

Violenza sulle donne e silenzio: da Marina Abramović alla sindrome di Procne

Due progetti, Rythm 0 di Marina Abramović e L’invisibilità non è un superpotere dell’artista Marzia Bianchi, raccontano la stessa identica storia. Quella tra donne, rottura e (fallace) percezione di controllo.

  • Marina Abramović, Rythm 0: l’indifferenza che precede la crudeltà 

E’ il 1974 quando l’artista serba si spoglia e dichiara che lascerà sul tavolo diversi oggetti: fiori, piume, profumi, coltelli, armi da fuoco cariche. Le persone potranno fare quello che vorranno, di quel materiale e del suo corpo. Lei, assicura, per sei ore non si muoverà.

Marina Abramović, Rythm 0 (1974)
Marina Abramović Tavolo Rythm 0 Galleria Morra, Napoli, 1974
Marina Abramović, “Rythm 0”, Galleria Morra a Napoli (1974)

Inizialmente erano tutti pacifici e timidi ma rapidamente è iniziata un’escalation di violenza. Quello che ho imparato è che se lasci la decisione al gruppo, il gruppo può ucciderti. Mi sono sentita violentata, mi hanno tagliato i vestiti, mi hanno piantato spine di rosa nello stomaco, uno mi ha messo la pistola alla testa, un altro l’ha portata via. Hanno creato un’atmosfera di aggressività. Dopo 6 ore mi sono alzata e ho iniziato a camminare tra il pubblico. La gente se ne andava, non riuscivano a guardarmi in faccia. Scappavano al confronto (Marina Abramović)

Le parole di Marina Abramović rievocano l’esperimento dello psicologo statunitense Stanley Milgram che nel 1961, volendo approfondire se fosse possibile che Adolf Eichmann e i milioni come lui avessero agito semplicemente rispettando gli ordini, dimostrò quanto le persone infrangano i propri codici etici e morali se a chiederglielo è un’autorità. In più, da integrare all’esperimento di Milgram, è la teoria della diffusione delle responsabilità degli psicologi Bibb Latanè e John Darley: più persone sono presenti e meno probabilità ci sono che qualcuno prenda l’iniziativa di aiutare la vittima. Dunque è probabile che Marina Abramović non solo non sia stata aiutata proprio perchè nella stanza c’era diversa gente ma anzi, più si assisteva all’escalation di violenza e meno probabilità aveva che qualcuno la difendesse. Le norme etiche e sociali valgono dunque meno a seconda di quello che la maggioranza fa e considera “normale”? Se la “vittima” rimane in silenzio, qual è il limite prima che qualcuno intervenga? 

  • Marzia Bianchi, “L’invisibilità non è un superpotere”: oltre la sindrome di Procne

Nel 2018-19, l’ospedale San Camillo Forlanini di Roma e l’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano hanno fornito in forma anonima all’artista Marzia Bianchi 10 radiografie e 10 fotografie di donne vittime di violenza. Gambe spezzate, fratture della mano, vertebre accavallate. Tutte conseguenze di uno schema che si ripete, quasi sempre per mano di un compagno, familiare o conoscente.

Parlano i corpi, in mostra al San Carlo le radiografie delle donne vittime di violenza
Radiografia tratta dalla mostra “L’invisibilità non è un superpotere” (2018-19)

Spesso le donne arrivano in pronto soccorso non sapendo ancora nominare ciò che è accaduto loro, non dichiarano nell’immediatezza di aver subito violenza, proprio come Procne, la dea che soffrì per amore e subì pesanti torture. Però i corpi, le lesioni parlano per loro. Raccontano di vertigini di orrore quotidiano. Chi accoglie deve saper decodificare i silenzi, attribuire la giusta dimensione alle lesioni incompatibili con quanto narrato (Mariagrazia Vantadori, chirurga dell’ospedale San Carlo Borromeo)

Immagini tratte dalla mostra “L’invisibilità non è un superpotere” (2018-19)
Immagine tratta dalla mostra “L’invisibilità non è un superpotere” (2018-19)

«Dopo la seconda gravidanza, oltre ad aver perso il lavoro, ho scoperto di essere celiaca e intollerante al lattosio. La spesa di solito la facciamo insieme perchè lui vuole controllare tutto, anche me. Quando non può, mi lascia la lista dei miracoli»

Il progetto di Marina Abramović e quello di Marzia Bianchi non sono di quest’anno. Eppure mai come nel 2020 i dati Istat informano che il numero verde Antiviolenza e Stalking 1522 è stato preso d’assalto. Le chiamate telefoniche sono raddoppiate tra marzo e giugno, passando da 6.956 del 2019 a 15.280, e le richieste di aiuto tramite chat sono addirittura quintuplicate, mentre sono diminuite le chiamate fatte per scherzo o semplicemente per molestare e denigrare la funzione di aiuto e supporto del numero verde. Queste non sono che cifre parziali, perchè al totale mancano le non denunce, che costituiscono una statistica fantasma enorme. Continuiamo a parlare, rappresentare, ascoltare, condividere. Solo così sarà possibile interrompere il ciclo di rotture e controlli, che formano un circolo pericoloso che tutto è fuorchè una forma di amore.

 

In caso di pericolo immediato o di violenza subita:
Rivolgiti alle Forze dell’Ordine, al Pronto Intervento o a un Centro Antiviolenza. Se non riesci a farlo da sola chiedi a qualcuno di chiamarli per te. Se puoi scappare porta con te i tuoi figli/e e aspetta l’arrivo delle Forze dell’Ordine.

Numeri utili in caso di violenza:
Carabinieri – 112

Polizia di Stato – 113

Emergenza sanitaria – 118

Antiviolenza Donna e Stalking – 1522 (attivo h24 ed accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo).

Isabella Garanzini per ArtSpecialDay

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