Jackson Pollock, i colori dell’inconscio

Jackson Pollock, i colori dell’inconscio

L’inconscio è un elemento molto importante dell’arte moderna e penso che le pulsioni dell’inconscio abbiano grande significato per chi guarda un quadro.

Jackson Pollock

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Con Lee Krasner

Quanto si è scritto su Jackson Pollock e quanto ancora cerchiamo di capire dalle sue opere così profonde e misteriose come abissi… Sono però solo le sue parole a svelarci tutta la verità sulla sua arte e sul perché sia entrata così violentemente nella nostra mente.

Jackson Pollock (Cody, 28 gennaio 1912 – Long Island, 11 agosto 1956) era ubriaco di vita, combattuto dalle emozioni e dalla paura di viverle e fu l’amore con Lee Krasner, conosciuta nel 1942, a dare continua nuova energia al suo talento durante la sua carriera artistica. Tenne la sua prima mostra personale a New York nel 1943, intitolata Art of This Century presso la galleria di Peggy Guggenheim. Lo storico dell’arte James Sweeney colse e sottolineò l’importanza dell’evento  aggiungendo:

Il talento di Pollock è vulcanico. Ha fuoco. Dilaga in una prodigalità minerale non ancora cristallizzata. È lavico, esplosivo, caotico. Ci servono pittori che rischino di sbagliare una tela per fare qualcosa a modo loro. Pollock è uno di questi.

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Peggy Guggenheim e Jackson Pollock

Bisognerà aspettare il 1947 per la svolta vera e propria: abbandonato ogni interesse per il Surrealismo, iniziò quell’anno a far colare il colore sulle grandi tele. Il dripping è in fondo tanto mancanza di autostima e conseguente ricerca di una propria dimensione, quanto espressione dell’inconscio senza alcun filtro. Pollock chiarì:

Non mi interessa l’espressionismo astratto… e comunque non si tratta di un’arte senza oggetto, né di un’arte che non rappresenta. Io a volte ho molta capacità di rappresentare, anche se di solito ne ho poca. Ma se tu dipingi il tuo inconscio, le figure devono per forza emergere.

Afflitto dall’alcool già dai 25 anni aveva seguito terapie psicanalitiche, avvicinandosi allo studio della psicologia e alla sfera dell’irrazionale e abbandonandosi al soggettivo modo di sentire. L’attrazione per le filosofie orientali, la psicologia junghiana, le ricerche musicali di John Cage di certo sono riflesse dalla continua sperimentazione gestuale e cromatica. Tutto questo rese ogni tela unica ma come lui stesso ammise:

Tutti noi siamo influenzati da Freud, mi pare. Io sono stato a lungo junghiano… La pittura è uno stato dell’essere… La pittura è una scoperta del sé. Ogni buon artista dipinge ciò che è.

Proprio sul rapporto pittore-opera chiarì:

Sul pavimento mi  sento più a mio agio, più vicino, più partecipe del quadro; posso camminarci attorno, lavorarci da quattro diversi lati, essere letteralmente dentro al quadro.

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Pali Blu

Pollock utilizzò colori ad olio, smalti sintetici e vernici all’alluminio con batuffoli di cotone, pennelli da imbianchino, bastoni di legno. In Pali Blu tonalità rosse e gialle si intrecciano intorno a otto segmenti neri e non blu. Questo colore è assente nell’opera, è solo evocato nel titolo come una metafora di una presenza mancata di ciò che non riesce ad emergere dal caos.

Nel corso della sua brevissima vita i problemi di dipendenza diventarono un limite invalicabile, tanto che nel 1954 interruppe per lunghi periodi la sua produzione artistica. Un incidente stradale a 44 anni lo strappò alla vita. Non era un uomo felice e tutta l’inquietudine che lui riversò sulla tela col passare degli anni ci rappresenta sempre di più.

Felicia Guida per MIfacciodiCultura

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